“Non è un album fighetto”. Una dichiarazione chiara e precisa arriva direttamente da Francesco Silvestri aka Kekko, il frontman dei Modà. Intenti decisi sin da subito, così come sin da subito, precisa che i “Modà sono quelli lì”, niente stravolgimenti all’orizzonte per la band milanese.
Due premesse dovute nell’approcciarsi all’ascolto di Passione Maledetta, l’album di inediti in uscita il 27 novembre per Ultrasuoni. Dovute, per non incappare nella ricerca di velleità artistiche e conseguenti capi di imputazione. Un marchio di fabbrica segnato dalla quotidianità nella scrittura di Silvestre “ Non sono un cantautore impegnato”. Sembra logico che amore, relazioni amicali, viaggi, figli, per dirla breve – la vita di chiunque- tenga banco anche in queste dieci tracce. Non parlerò di numeri e elementi celebrativi mi limiterò a raccontare il viaggio di Passione Maledetta. Un viaggio che inevitabilmente è
concatenato ai ricordi. 2004 e i Modà non li conosceva praticamente nessuno. Un viaggio in truck durato dieci anni e parliamoci chiaro, di polvere i ragazzi della provincia di Milano, ne hanno mangiata e non poca. Un percorso come loro hanno sottolineato spesso, fatto di porte in faccia e di Sali scendi continui, dove per ogni “questa volta ce la faccio”, vi erano cadute vertiginose sino all’incontro con il loro manager Suraci.
Da allora, la strada dei Modà è in continua ascesa, inutile negarlo. Se in primis si fece un
errore di fondo, rea la critica giornalistica, nel paragonarli ai Negramaro che con loro condivisero il palco del Festival di Sanremo millenni or sono, ora tale errore di fondo non è più ammissibile in primis e soprattutto per il rispetto che si dovrebbe porre a entrambe le band.
Chiariamo subito il punto pertanto, i Negramaro sono una cosa e i Modà ne sono un’altra. Due attitudini differenti al suono, due albe natie e due percorsi differenti, per tanto non paragonabili.
Chiusa questa veloce parentesi, mi soffermo su Passione Maledetta. Bisogna essere onesti
intellettualmente per scrivere realmente il proprio parere, tanto più che con i Modà inizia proprio il mio peregrinaggio nella musica, durante quel periodo della polvere, dei No radiofonici e del contrappasso in crescendo dei live. Per tanto suona nella mia testa il seguente quesito: il miglior disco dei Modà?
Sicuramente. Forse in primis perché è interamente suonato e i watt si alzano sulle chitarre nettamente più possenti oltre che sicuramente maggiormente presenti. Merito del cambio nello staff di produzione.
Archi suonati e pesati, con credito di nota firma Davide Rossi colui che suona con i Coldplay noto ai più, che solo per questo per me è venerazione. Eppure, eppure i Modà rimangono fedeli a sé stessi ed è questa coerenza che disarma. Ed è questa coerenza di stile e intellettuale che fa comprendere le parole di Francesco ad inizio conferenza, quel “Noi siamo questi” tra le righe. Eppure il disco fila senza sosta, eppure in Francesco riconosci quel valore per cui il rispetto verso gli altri risiede al primo posto di ogni lista personale che si rispetti, quella voglia di ritrovarsi in California ma anche le fine di amori a cui si tende ad aggrapparsi Che tu ci sia sempre, “la migliore canzone d’amore che abbia mai scritto” dice
Kekko su Stella cadente, l’amicizia di Ti passerà., la consapevolezza di E’ solo colpa mia.
Passione Maledetta, in uscita il 27 novembre, parla di vita, inutile negarlo, di quei piccoli tratti e i lunghi contorni che disegnano le polaroid di ricordi.
Testo di Elena Rebecca Odelli
23 Novembre 2015 |