Non so voi ma io un concerto iniziato con un inchino non lo avevo ancora visto. Come non avevo mai visto così da vicino un omone di un metro e novantasei e non avevo mai sentito, dal vivo, una voce dal timbro così caldo e profondo. Lo avrete già capito, ieri ho assistito al mio primo live di Mario Biondi. Una composizione scenica direi perfetta: la band tutta raccolta al centro del palco illuminato per lo più con magnifiche luci monocromatiche, l′artista davanti ai musicisti e, alla sua, sinistra due coriste che si sono anche rivelate eccellenti ballerine e coreografe. Perché in concerti come quelli che il crooner italiano sta portando in giro per la penisola prima e per il mondo poi, la band diventa una parte essenziale del tutto. E a conferma di questo, vi è la possibilità data dal cantante di lasciar suonare ai suoi musicisti assoli da brividi. Non perdo tempo e vi faccio subito i loro nomi: Alessandro Lugli alla batteria, Federico Malaman al basso, Massimo Greco alle tastiere, David Florio alle chitarre, Marco Scipione al sax, Fabio Buonarota alla tromba e Romina e Miriam Lunari per i cori, le danze e le coreografie.
Quel che mi ha colpito, ieri, di Mario Biondi è stata, su tutto, l′eleganza. E non intendo l′eleganza nel vestire, anche se merita anche quella. Mi riferisco all′eleganza nell′annunciare un brano, l′eleganza delle sue battute, l′eleganza dei balletti improvvisati a ogni attacco di canzone. E poi i bassi irraggiungibili della sua voce. Così sorprendenti e così eleganti. Anche quelli.
Il coinvolgimento del pubblico del Teatro Europauditorium di Bologna era palese. Atmosfere da club jazz che si alternavano a melodie un po′ blues e un po′ soul con cenni al brit-pop e all′elettronica. I presenti, ahimè, si dividevano però in due tipologie. Quelli che odio di più e quelli che amo da morire. I primi sono quegli spettatori che pagano il biglietto ma che nemmeno al concerto di Ray Charles si staccherebbero dal proprio smartphone. Davanti a me un tipo sulla cinquantina controllava ogni due per tre il risultato di Napoli - Cesena, accanto a me una distinta signora non faceva altro che guardare le foto delle nipoti, come se tra una canzone e l′altra di Mario Biondi alle bimbe fosse cresciuto un dente nuovo. Fortunatamente, però, c′era anche quella bella fetta di pubblico che si lasciava andare in spontanei battiti di mani per tenere il tempo dei pezzi che Mario Biondi ha scelto di cantare in ordine cronologico, partendo da Handful of Soul (2006) e I Love You More (2007), passando per If (2009) e Due (2011) e concludendo con i suoi due ultimi successi: Sun (2013) e Beyond (2015). Proprio con Beyond e come successe due anni fa con Sun, il frontman catanese è entrato direttamente al 1° posto della classifica "Top of the Music FIMI/GFK" dei dischi più venduti della settimana.
Tra tutte le esibizioni meritano sicuramente citazione My Girl dove Romina e Miriam (le coriste ballerine) hanno iniziato a muoversi così sinuosamente e a ritmo di musica che neanche nei migliori musical e Never stop con tanto di bastone della pioggia al seguito. E poi ancora Shine on, I can′t read your mind e La voglia la pazzia l′idea, pezzo outsider in italiano di Sun del 2013.
Immancabile, naturalmente, Love is a Temple: “L’amore è un tempio, non darlo per scontato”, canta Biondi con voce più calda e sensuale che mai nel primo singolo estratto da Beyond, che si caratterizza per l’ipnotico riff di pianoforte e per l′inedita cassa elettronica.
Come ogni live che si rispetti, dopo due ore, anche Biondi si concede una piccola pausa ma torna sul palco pochi minuti dopo con una camicia diversa e con una voglia di ricominciare da fare invidia all′ultimo amico di Maria De Filippi. Nemmeno ve lo dico cosa è successo in teatro appena ha intonato This is what you are. Ve lo lascio immaginare.
Sha la la la la la la sha la la la la ia.
Matteo D´Amico
19 Maggio 2015
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