Giovedi´ 27 marzo alle ore 21.00 su Mtv Italia Da Johnny Cash della Folsom Prison a John Lennon di Attic State, da Elvis Presley di Jailhouse Rock a Bob Dylan di Hurricane fino all’indimenticabile jam session messa in piedi dietro le sbarre dai Blues Brothers: sono solo alcuni dei più famosi esempi di rock carcerario, ai quali se ne potrebbero aggiungere molti altri fino ad arrivare a tempi recentissimi, passando anche attraverso le attività socio-culturali e musicali di artisti, anche italiani, che hanno scelto di svolgerle all’interno delle prigioni in modo più discreto, senza dargli eco pubblicitario o commerciale.
Sarà che I’anima sovversiva, libertaria e ribelle del rock, il suo essere dalla parte dei “perdenti” e sensibile alle cause sociali, lo porta in maniera quasi naturale ad essere in sintonia con lo stato d’animo di chi si trova costretto a vivere in un penitenziario. Certo è che il binomio rock e carceri funziona talmente bene che la musica sta diventando sempre di più, nelle carceri italiane, uno strumento “educativo” oltre che ricreativo, con la conseguente nascita di band interne dai nomi evocativi e ironici come “Presi per caso”, “Terapia d’urto”, “Evasioni in musica”. E’ proprio partendo da queste premesse e pensando alla grande forza coesiva e, al contempo, liberatoria della musica, che Mtv Italia ha pensato di coinvolgere i detenuti del grande carcere romano di Rebibbia in una inedita avventura musical-televisiva: una serie di incontri-workshop musicali di un gruppo di detenuti con maestri di musica e artisti italiani per la messa a punto di una “scaletta” di cover da realizzare dal vivo in un grande concerto finale nel cortile del carcere, alla presenza degli interni ma anche di pubblico esterno.
Rock In Rebibbia, questo il titolo dello show in onda su Mtv Italia tutti i giovedì alle 21.00 a partire dal 27 marzo, è dunque il racconto della nascita e dell’evoluzione del neogruppo rock di Rebibbia per i tre mesi durante i quali ogni giorno, tra entusiasmo, paura ed emozione, i giovani musicisti detenuti seguono le “lezioni” quotidiane di due maestri di musica, scelgono e provano pezzi - uno nuovo ogni settimana - e si “allenano” localmente, musicalmente e psicologicamente anche agli incontri con gli artisti italiani (Alex Britti, Negramaro, Fabri Fibra, Max Gazzè, Meg, Roy Paci...) che vanno settimanalmente ad incontrarli.
Il tutto avviene all’interno di una sala di registrazione, piccola ma tecnicamente attrezzata, allestita appositamente all’interno di uno dei bracci di Rebibbia, il G1. La sala rimarrà a disposizione della prigione, insieme agli strumenti musicali, alle attrezzature e alle good vibes assorbite nei tre mesi di prove, anche a programma televisivo terminato. La musica, infatti, non è tutto in Rock In Rebibbia, così come la creazione di una band interna non è solo una attività ricreativa, come altre praticate nei penitenziari, ma un vero e proprio progetto finalizzato a un obiettivo preciso. Rock In Rebibbia è il racconto di un’avventura umana e artistica di gruppo, di squadra, in cui i singoli devono mettere la propria personalità, la propria storia e il proprio eventuale talento al servizio di una strategia comune.
Giorno dopo giorno, lezione dopo lezione, la band, grazie al lavoro degli insegnanti, prende coscienza di sé e si costruisce a partire dai caratteri, dalla volontà e dalle ambizioni di ciascuno.
I racconti in prima persona dei singoli e delle loro esperienze, dal perché si trovano in carcere alle aspirazioni che hanno, dalle paure ai sogni alla vita che ciascuno di loro vive in reclusione, si intrecciano con i momenti vissuti insieme, con e nella musica. Alla fine, fatiche e soddisfazioni verranno condivise e la libertà e la speranza rianimeranno le mura del carcere grazie alla lingua universale della musica, grazie al grande concerto finale. Nel programma sono coinvolti detenuti giovani adulti, tra i 18 e i 30 anni: una scelta che introduce nello show alcuni elementi dei quali non si poteva non tenere conto.
La giovane età dei componenti della band ha influito, infatti, sulla scelta della musica, facendogli privilegiare brani vicini alla loro sensibilità, pezzi e generi fortemente connessi con l’oggi e con il “mondo di fuori”, con le proposte delle radio, con le mode e le ultime tendenze.
Gli insegnanti hanno dovuto sondare e far emergere le preferenze musicali dei ragazzi per coinvolgerli maggiormente nel progetto.
C’è poi da considerare un dato: nelle carceri minorili italiane oltre il 60% dei detenuti è formato da stranieri. Una percentuale importante che ha condizionato la natura del repertorio della band, oltre che quella del programma stesso. (red) (13/03/08) |