Gli Arcade Fire mi piacciono, cerchiamo di essere oneste fin da subito. Londra è una città che mi ha sempre affascinata ma allo stesso tempo spaventata. Andare ad un concerto a Londra, vuol dire lasciarsi andare. Buttare le restrizioni mentali sul fondo di una pinta ed ingurgitarle insieme al luppolo.
Earl’s Court è mastodontico, non puoi rimanere indifferente. Ti metti in fila, cercando di non fare la tipica italiana che tra uno slaloom e l’altro passa avanti. Tutto scorre in modo molto veloce e frenetico, tanto che ti chiedi come sia possibile che in Italia ci si mettano ancora ore spesso prima di entrare ad un concerto. Donne attempate e mariti stanchi, ragazzi e ragazze vestiti da sera, uomini in tutina, travestiti da animali, un’esplosione di colori e di voci. A nessuno interessa niente, Free to be me il motto comune.
Gli Arcade Fire spaccano il secondo e arrivano on stage, senza orpelli o fuochi artificiali. I Canadesi sanno cosa stanno facendo e il valore della loro musica. Earl’s Court canta e balla, tanto che la platea sembra un unico braccio, un colpo d’occhio incredibile. Io che solitamente sono grata per un San Siro mezzo pieno, ciò a cui ho assistito supera nettamente le mie aspettative. We exit , Rebellion, Flashbulb, Eyes, Empty Room. Gli Arcade Fire sono inarrestabili e fatichi a prendere abbastanza fiato per passare alla prossima canzone o a trovare il tempo per sbattere le palpebre e non perderti neanche un secondo di un’esibizione senza precedenti. Cambi di formazione continui, passaggi veloci tra i vari album, eppure i canadesi sembrano in sala di registrazione tanta è la perfezione di suono ed esecuzione (Italiani impariamo va, ndr). Il tempo stringe e gli inglesi sono svizzeri più degli svizzeri in questo.
Due canzoni, vi prego quelle due canzoni, continuo a ripetermi nella testa e finalmente arrivano: Afterlife e Here Come The Night Out. Sembro una diciottenne la prima volta in discoteca guidando la propria macchina. Cerchi di goderti quell’attimo a pieno e ti senti agitata come il primo giorno di scuola, come se quei brani non li avessi mai sentiti. Sei lì che salti e l’Earl’s Court e Londra ti spaventano un pochino di meno, un pesce tra i pesci. Un mare di persone accorse per questi canadesi su cui da subito ci avresti puntato il conto in banca sapendo di non perdere neanche un penny.
Il Day After? Mia sorella che ancora dorme di fianco, io che digito in fretta mentre Londra si risveglia e tu tra la tua testa stai ancora canticchiando Reflektor, appunto.
Elena Rebecca Odelli
7 giugno 2014 |