Cara Noemi ti scrivo così mi distraggo un po’.
Chiariamo subito il punto, io ho un problema serio con te, cara Veronica, e ora cerco di esplicartelo. Primo live tuo a cui assisto e il motivo molto semplice e da non sottovalutare è solo uno, il cortocircuito emozionale che certi tuoi brani mi causano.
Arrivo al teatro Dal Verme, acida come sempre e in stand by umorale quasi convinta che nulla possa scalfirmi. Lungo sospiro e giù seduta sulla mia poltroncina pronta ad annotare tutto, sbavature, dettagli e aneddoti. Arrivi tu con Acciaio ed eccolo il primo pugno sordo allo stomaco, forse perché ne avevamo parlato di quella forza tutta insita nelle trentenni bistrattate e al loro essere fiori d’acciaio. Platea e palco si trasformano in un electro rave e mi trovo a cantare, a ballare incurante dei vicini – divertiti, lo ammetto. La tua forza è la tua essenza, quella che è lì visibile a tutti sia che ti trovi su un palco o per strada. Sorrisi sinceri e mai avara nel dispensarli. È incredibile vedere la donna che sei diventata e, lo ammetto, su Vuoto a perdere la lacrima tendeva a scendere conscia dei chilometri macinati con mia sorella e come soundtrack dei viaggi, tu e quel brano che arriva sempre come uno schiaffo in faccia. Vedo la gente accorsa, la tua gente, tra impiegati in divisa da lavoro, famiglie e ragazzi, tutti lì come su un’arca in attesa di essere trasportati in un altro mondo. Hai portato Londra a Milano o, meglio, hai fatto vivere Londra anche a noi, catapultandoci tra scenografie e suoni in quell’ambient che ti ha accolto, fatta crescere e diventare la donna che è salita ieri su quel palco.
La tua voce ha catturato da subito anche chi- forse asettica come me sul discorso talent - non dava due centesimi alla carriera del post e se con Sono solo parole eri già stata incoronata principessa, come atto dovuto, è con questo “Made in London” che hai preso scettro, corona e laurea sul campo. Tu che da un campo sei dovuta migrare in un altro per ritrovarti e per ritrovarci ieri ad ascoltarti. “Made in London” è questo, è la tua crescita ma anche del tuo pubblico, pronto ad accogliere i riarrangiamenti delle vecchie glorie e lasciarle incastonare sulla corona dei nuovi brani. Quello a cui ho assistito ieri sì, lo ammetto, è stato un cortocircuito emozionale miscelato tra vibrazioni, suoni e storie, le tue quanto le nostre, le mie. Perché se per qualche polaroid di vissuto posso ricondurre facilmente una delle tue canzoni a colonna sonora, mi accorgo di quanto quello che fai, quello che scrivi, quello che canti arrivi. Magia tua della tua essenza, magia di scelte autorali mirate, magia della tua voglia costante di mettersi in gioco.
Elena Rebecca Odelli
18 aprile 2014 |