Cantautrice raffinata, sensibile e acuta. Questa è Roberta Di Lorenzo, nata nel 1980 a San Marco in Lamis ma che ha vissuto a Termoli fino all’età di 18 anni.
La passione per la musica, per il comporre canzoni, traspare da ogni sua parola.
Scorrendo la tua biografia, con solidi studi in pianoforte, chitarra e canto lirico e le prime esperienze nel gruppo vocale “L´una e cinque”, si deduce che formazione e gavetta siano stati importanti per la tua formazione artistica. È così? Ritieni sia importante, se non fondamentale, per chi si avvicina alla musica questo tipo di approccio?
“Non puoi costruire una piramide se non parti dalle fondamenta. Piccoli passi, di auto conoscenza, successi, tentativi, anche fallimenti, errori da non ripetere, studio… Tutto questo costruisce una personalità artistica. Io credo nella passione, di quelle che non ti fanno dormire la notte. E poi nella ‘fame di imparare’, che permette di metterci in discussione e ci fa superare i momenti di vuoto creativo. Tutto ciò che ho fatto, dalle operette alla musica sacra, dalle jam in birreria dei miei vent’anni, al teatro dell’assurdo viaggia nella valigia che porto con me. Questa società crea il falso mito del tutto e subito. Del talento costruito in una stagione. Non è quello che penso io. Infatti non scendo a compromessi, non mi abbaglia l’ idea del successo a tutti i costi e odio i talent”.
Fra i tuoi riferimenti musicali, c’è il cantautorato italiano (Dalla, De André) e artisti internazionali come Joni Mitchell e Kate Bush.
“Sono cresciuta ascoltando Lizst, Mozart e Chopin; quando ho scoperto Joni Mitchell ho capito che c’era tutto un mondo armonico e un universo di parole e significati da tradurre e ho cominciato a fantasticare sulle canzoni… Potrei parlare per ore della scoperta dei dischi che mio padre conservava… quando ascoltai Freddie Mercury mi misi allo specchio ad imitarlo con asta e microfono, poi capii che quella voce era un miracolo e mi misi a cantare qualcosa di più accessibile (ride, nda). Poi la musica italiana, Dalla, che spesso incrociavo alle Isole Tremiti, perché aveva una casa lì, poco distante da casa mia: quel modo che aveva di usare la voce, quella faccia, i testi… Mi sono letteralmente innamorata”.
Com’è avvenuto l’incontro artistico con Eugenio Finardi, che ha prodotto il tuo primo disco e per cui hai firmato “E tu lo chiami Dio”, brano con cui Eugenio ha partecipato a Sanremo 2012? Tre aggettivi (o anche di più, come preferisci) per descrivere Eugenio.
“L’incontro con Finardi è stato un tassello aggiunto al mio bisogno. Un punto di riferimento per tre anni, un atto di fiducia reciproca. Lui che è passato da mio produttore artistico a interprete di un mio brano, portato a Sanremo, ha accompagnato la mia crescita, fino al punto di lasciarmi proseguire da sola. Carismatico. Destabilizzante. Colto. Questo è Eugenio Finardi”.
L’album d’esordio del 2010, “L’occhio della luna”, ti è valso una nomina al Premio Tenco e ha vinto il Premio Lunezia 2010 per il valore musical letterario. È questo che ti ha spronato a dedicarti definitivamente alla carriera di musicista?
“Non potrei immaginarmi lontana dalla musica. Questi risultati raggiunti non erano l’obbiettivo, ma bellissimi incidenti di percorso. Ho sempre cercato di fare le cose al meglio, e probabilmente questo atteggiamento in qualche modo, prima o poi, viene premiato. La carriera musicale è uno scivolo, una specie di altalena, fatta di alti e bassi, di momenti di dinamismo e altri di attesa e pazienza. È capitato di avere una percezione faticosa di questo lavoro, ma mai pessimista, credo nell’impegno quotidiano e nel lavoro di squadra. I risultati non si raggiungono mai da soli. Ecco perché continuo a scrivere, ad essere curiosa e a credere che la musica possa ancora dire e dare molto. Anche la mia”.
Nel 2012 è uscito il tuo secondo album, “Su questo piano che si chiama terra”, prodotto dai fratelli Nicolosi, meglio noti come i Novecento, band italiana e produttori affermati in tutti il mondo che hanno collaborato (e prodotto) artisti come Billy Cobham, Chaka Khan, Briau Auger, Al Jarreu. Inoltre, ritengo personalmente la cantante Dora Carofiglio, fra le migliori voci in circolazione, e non solo italiane. Com’è avvenuto l’incontro con loro?
“Mi trovi d’accordo sulla bravura di Dora… e aggiungo a questa, la grande esperienza dei fratelli Nicolosi, in studio e nel live, li ho sempre definiti ‘macchine da guerra e di precisione’, instancabili lavoratori e di talento decennale. Ci siamo conosciuti durante il 2012, avevo affidato loro il sound di ‘A Causa di Psyche’ uscito lo stesso anno; felice del lavoro fatto insieme abbiamo unito le forze per cucire addosso alle mie canzoni arrangiamenti che ci trovassero d accordo. Avevo in mano 11 brani acustici semi arrangiati, ho apprezzato il rispetto che hanno avuto nel non snaturare le mie canzoni e il mio mondo, attenti anzi a valorizzarlo”.
Hai firmato anche 3 brani per i Sonohra, dimostrando di saper spaziare in diversi mondi musicali e con realtà artistiche solo apparentemente diverse dalla tua. È questo il tuo punto di vista nell’approcciarti alle collaborazioni musicali?
“Io penso che nel momento in cui si accetta una collaborazione di qualunque tipo, l‘atteggiamento da avere debba essere di disponibilità e attenzione , senza perdere il proprio stile personale, ma appunto metterlo al servizio di un lavoro fatto insieme. Cosi nascono i progetti e i risultati soddisfano sempre. Non faccio mai niente che non mi piaccia o che non mi convinca. Lavorare con Luca e Diego è stato naturale, spontaneo, un’esperienza che non ha visto tensioni di nessun tipo”.
Sarai voce cantante e pianoforte del reading musicale “Moderato cantabile” dedicato a Margherite Duras e prodotto dal Teatro Stabile, accanto alla voce recitante di Milena Vukotic. Ami le interpolazioni artistiche? Apprezzi altre forme d’arte, oltre alla musica?
“Il reading è previsto a Maggio 2014. La prima sarà l’8 al Teatro Gobetti di Torino. Sarà una bella prova per me, poter confrontarmi con una grande attrice come Milena, e accompagnare la sua voce ,con le mia musica e le mie canzoni, scritte ad hoc per l’occasione. Scrivere per il teatro conduce ad un’altra dimensione, vera, intima e diretta. Con la consapevolezza di avere di fronte un pubblico attento , il pubblico degli ascoltatori, o almeno si spera… Certo che amo altre forme d’arte: il teatro appunto, la scultura, in particolare Dalì, amo i cavalli, l’arte equestre e la cucina…”
Nei tuoi testi hai spesso affrontato tematiche sociali, come “Polsi” contro il femminicidio, e argomenti importanti, come appunto la religione nel brano sanremese. Come ti nasce un brano, cosa ti stimola? Componi prima la musica a cui poi aggiungi un testo o viceversa?
“Guarda, mi è capitato di tutto con le canzoni; una volta ero in tram, non avevo foglio e penna, non avevo il cell per gli appunti , sono scesa alla prima fermata per entrare in un bar qualunque e chiedere da scrivere. Avevo in mente il riff di Faccia, un pezzo contenuto nel mio primo album e non potevo farmelo scappare… Scrivere canzoni è anche questo, scendere di corsa dal tram! Certo, ci sono canzoni che devono uscire come il sole all’alba. Non c’è alternativa, non puoi aspettare il giorno dopo… Quando affronti temi delicati, come l’esistenza di Dio, la violenza, l’eutanasia o l’ amore della tua vita ti assale un’urgenza, sei di fronte a un bivio: spogliarti di tutto o contenerti. La strada per arrivare agli altri è quella di spogliarsi e lasciare che la gente entri nel tuo mondo e tu nel loro, delicatamente o con uno schiaffo. La canzone è un trauma, un parto, un dono che fai a te e agli altri. È per questo che non seguo un ordine compositivo. Parole e musica si mettono d’accordo tra loro. C’è una tensione fisica, quasi erotica nello scrivere canzoni, devi farlo, è un bisogno atavico dato dalla necessità di appagarci e di comunicare la nostra esistenza”.
Veniamo al nuovo singolo, “Esaurimento da web”: sembra avere un sound diverso, più ritmato e più “pop”; segna un nuovo passaggio nel tuo percorso artistico? L’ironia e il divertissement possono essere una nuova chiave di volta nell’affrontare ancora tematiche attuali e sociali?
“Sì, ho sempre considerato l’ironia e l’autoironia soprattutto, una forma di intelligenza. Porta a rilassarsi e a far pensare senza pretese. Esaurimento da Web rappresenta soprattutto una svolta musicale, in fondo continuo a raccontare le mie impressioni sul sociale, con un tappeto sonoro che a quanto pare, fa muovere le gambe e fa ballare (sorride, nda)”.
Ritieni il web e, in particolare, i social network spersonalizzanti (“non siete neanche più voi”) e dove sembra dominare il voler apparire, il risultare perfetti agli occhi altrui (“siete tutti poeti, saggi, saggisti, filosofi, musici”)? La vita virtuale rischia davvero di subentrare a quella reale (“non escludo l’esaurimento da web”, “non esco da 6 mesi”)?
“Allora, studio e osservo quotidianamente il fenomeno di facebook... Va da sé che anch’io ne faccio uso. Lo trovo piuttosto utile per comunicare con chi è dall’altra parte del globo, promuovere iniziative e condividere buona musica. È curioso assistere a una miriade di caratteri e personalità bizzarre, alcuni furiosi, altri polemici, altri ancora moderatori delle discussioni animate, poi ci sono i fanatici della fotografia, i signori di 50 anni che cambiano quotidianamente il loro profilo per adescare signorine un po’ più giovani - e viceversa… donne maliziose, smaliziate, quelle serie, madri di famiglia e figli che si sfogano su chat senza fine…. Insomma è un teatro, tra il realismo di Verga e uno scenario Pirandelliano, è come trovarsi nella piazza del paese e osservare le dinamiche relazionali. In Esaurimento da Web ironizzo su questa epoca, e sui suoi nuovi canali e metodi di comunicazione..siamo tutti coinvolti, inutile creare un’insurrezione o sollevare una guerra nei confronti di chi usufruisce dei mezzi mediatici: il segreto è la misura. Sapere perché usiamo questi mezzi, in che modo, se per lavoro, per svago o per scoprire l’ ultimo scandalo politico…e poi nota importante, mantenere la propria identità e dignità. Essere padroni del mezzo e non schiavi, dipendenti, esauriti appunto (sorride, nda)”.
Stai lavorando a un nuovo album? Cosa dobbiamo aspettarci?
“Per adesso, attendo l’uscita del singolo e poi lavorerò ad un secondo brano previsto per la primavera di questo anno…. se ci sarà un disco, se ne sentirà parlare”.
Domanda (pare) d’obbligo: seguirai il prossimo Festival di Sanremo? C’è qualche artista per cui già fai il tifo?
“Ho sentito della partecipazione di Antonella Ruggiero. Accenderò la tv’ per sentire la sua canzone e la sua voce, che a mio parere resta unica e inarrivabile nel panorama italiano. E nelle nuove proposte tiferò per Zibba, sono felice per questa occasione che gli è stata data, della possibilità di farsi ascoltare dal grande pubblico. Zibba che è un amico, nonché musicista di talento, ha una scrittura intensa. Merita attenzione”.
Andrea Grandi
17 gennaio 2014
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