Com’è Fabrizio adesso?
“E’ lo stesso Fabrizio di sempre. In questi tre anni che è l’arco di tempo dalla pubblicazione dall’ultimo album, c’è stato un processo che mi porta a dire ora che Fabrizio è una persona migliore e di conseguenza un cantautore migliore. Secondo il mio punto di vista soggettivo, perché c’è stata una grande parentesi in cui non riuscivo a trovare gli stimoli adatti e ho cercato il mio nuovo punto di partenza. Non riuscivo più a interfacciarmi o anche solo ascoltare musica. Un giorno, per magia è arrivata la prima parte de L’Inizio e da lì il mio nuovo punto di partenza come artista”.
In “Sono come sono” c’ è il rimando a una grossa consapevolezza di sé stessi, il risultato di questo esamino di coscienza?
“Riesco ad usare la diplomazia e un certo di equilibrio interiore che prima non avevo. Quando riesci ad essere lucido e a trovare una sorta di equilibrio. Riesci a domare anche le tue paure. Sono come sono, non è un dato di arrivo ma un cercare di esorcizzare la paura accettando anche i miei limiti”.
Qual è stata la fine?
“La fine dal punto di vista musicale è stato l’addio, anche brusco, con una parte del mio vecchio staff. A livello artistico, la fine forse è stata la voglia di non esporsi più in determinati contesti politici. In questo disco non ci sono canzoni politiche, solo una Io so tutto, che comunque rispecchia il mio punto di vista sulla vita di Giulio Andreotti. Forse addirittura Io so tutto rappresenta più un mio desiderio di conoscerlo, perché se dovessi rappresentarlo graficamente sarebbe un occhio gigante che sa che ha visto, e che potrebbe svelarmi quei segreti che la storia e il giornalismo non hanno mai spiegato. Questo è un disco prettamente esistenziale, perché sono stati anni di mote e rinascita interiore. Ho cercato di esprimere al massimo ad esempio anche il concetto di paternità, per come lo sto vivendo io. E’ un evento che torna spesso nelle canzoni”.
Infatti quanto è cambiato il tuo modo di scrivere dopo la nascita e crescita di tuo figlio?
“La nascita di un figlio non influisce subito. Mi viene in mente il film Limitless, parla di uno scrittore un po’ disadattato che non riesce a realizzarsi, tramite un conoscente viene a conoscenza della pillola dell’intelligenza e diventa un vincente. Cambia la percezione di tutto quello che hai intorno a te e ciò succede quando nasce tuo figlio. E’ come se avessi un velo che cade lentamente. Adesso che ha quattro anni e l’interazione è totale con lui, anche il mio punto di vista è totalmente cambiato”.
Quindi “Babbo Natale esiste”?
“Quel brano è arrivato dopo i fuochi artificiali delle prime otto tracce. Sono tornato Fabrizio Moro il cantautore al pianoforte, nella sua stanza. Ho scritto quel brano il giorno di Natale, stavo cercando di scrivere un brano per mio figlio cercando di non essere banale e retorico, quindi non ci sono riuscito per diverso tempo. Proprio quel giorno, attraverso i suoi dettagli ed espressioni capivo che io stavo imparando da lui e non viceversa, quell’insicurezza che lui mostra e non ha paura di mostrarmi, io non la devo abbandonare. Anche se a volte sembro strafottente nei confronti di me stesso e degli altri. Ho capito che quelle insicurezze e quelle paure io non dovevo perderle. Perchè attraverso quelle paure e insicurezze posso continuare a scrivere. Perché chi non ha più paura non ha più nulla da raccontare”.
Moro e Cortese?
“Pier è stato fondamentale perché mi ha aiutato a capire quanto è importante avere un produttore musicale che segua il progetto. Pier è un maniaco del suono, mi ha fatto capire l’importanza di scegliere attentamente il suono di un rullante o una parola all’interno di un brano, la chitarra giusta abbinata all’amplificatore giusto e alla testata giusta. Dettagli a cui non avevo mai dato peso”.
Testo di Elena Rebecca Odelli |