L’allievo che ha studiato in una scuola importante quella di Lucio Dalla. Il maestro, Lucio, che gli ha lasciato un porta fortuna importante, per certi versi ingombrante.
Paolo Simoni si racconta prima di sapere che calcherà il palco di Sanremo. Immagini vivide, ironiche che raccontano la sua generazione, le situazioni che lo circondano. Istantanee che il 27 emiliano riesce a scattare con un pizzico di ironia,per riderci un po’ su.
Come mai la scelta di evitare un talent?
“Il talent prevede delle condizioni a cui il cantautore non può accedere. La prima è che devi essere un buon interprete di canzoni di altri, o di melodie molto ampie che ti precludono il fatto di raccontare poco o meno. La seconda è che il cantautore ha qualcosa da dire e lo deve dire con le sue parole. Un cantautore ha bisogno della musica che appoggi il suo testo. E’ un altro tipo di lavoro. All’aspetto tecnico si somma quello personale, per cui non mi sono mai iscritto, seppur in passato mi è stato proposto, perché non è il mio posto. E’come se mi venisse chiesto di andare a ballare il sabato. Io ho la necessità di studiare quotidianamente la musica, di capire, di ascoltare”.
Come concepisci la tua generazione?
“Vedo la mia generazione divisa in due parti. C’è il plotone A: quello arrabbiato con il sistema che non sa come risolvere i problemi. Il plotone B: è totalmente indifferente, sono ragazzi a cui non interessa nulla proprio perché non hanno il concetto di sociale, perché figli di questa Generazione 80 di cui parlo nella canzone. Non voglio fare di tutta l’erba un fascio. Generazione 80 parla di quelli nati in quegli anni,come me, per cui saremmo anche dovuti essere dei piccoli geni per capire quello che stava succedendo a livello sociale. Parla della nostra ingenuità di come siamo cresciuti con i cartoni giapponesi, dei fatti storici che a scuola ci venivano riproposti ad esempio Chernobil, l’attentato al papa. C’erano delle immagini ancora vivissime che ho voluto raccontare. Quindi l’aspetto della generazione 80, è questa ingenuità di fondo che ha una risonanza positiva. Alla fine siamo dei buoni e si vede appunto. Il problema è che in quegli anni sono successe parecchie cose. Credo che quello che accade nel mondo, negli anni in cui uno è nato, incide sulla persona . Adesso che ne ho 27, mi rendo conto che quegli anni hanno influito sulla mia vita adesso”.
“Mala tempora” (il primo disco) e “Ci voglio ridere su”, qual è l’elemento di congiunzione?
“Mala tempora currunt può anche essere visto in forma ironica, anche questo nuovo album “Ci voglio ridere su” è un incipit . “Mala tempora” era un disco più introverso, racconta i miei 22 anni di vita in pratica e risulta un po’ più pesante. “Mala tempora” era un titolo che mi rappresentava al momento. Un po’ premonitore, se sei guardano i tempi in cui viviamo. “Ci voglio ridere su” è la risposta al mala tempora. E’ una risposta non razionale, come le canzonei,anche i titoli che do alle cose vengono da un sentire, da una parte istintiva. Sono titoli che dicono e non dicono, e io amo giocare un po’ con queste cose”.
Quindi se ti dicessi “Io sono e tu sei tu”?
“ “E ognuno ha i suoi tempi”dice il ritornello. E’ un gioco sull’identità. E’ un inciso che ho pensato e scritto apposta per farlo con Lucio Dalla perchè considerando un po’la mia radice musicale bolognese, il mio modo di cantare o di scrivere, era un giochino sull’identità che potevo condividere solo con quello che era il mio maestro. Con il primo album si era identificato che Paolo Simoni per i critici buoni era il nuovo Lucio Dalla per i critici cattivi Paolo Simoni era quello che scopiazza, imitava Dalla. Tra le due posizioni ci sono delle mezze verità, perché, le cose estreme ho imparato che non dicono in realtà mai nulla. Se io vado a scuola da un pittore impressionista e faccio 5 anni di lavoro, può darsi che inizi a fare del cubismo, ma credo più plausibile l’ipotesi che dopo 5 anni l’impressionismo sarà assolutamente presente nel modo di lavorare. Ciò accade in tutto. Imitare lo fanno i comici, prendere spunto e scrivere in un certo modo una canzone, comporre al piano in un certo modo, non è imitare. Se ti nasce una canzone che poi ha anche un interesse ecco,che si deve poi parlare di una propria identità .Da qui nasce il ritornello: un allievo umile che dice al suo maestro, guarda io sono io, tu sei tu, e ognuno ha i suoi tempi, cioè è il mio tempo che sto cercando di ricavarmi che mi servirà per poter crescere e diventare un buon musicista”.
Cosa ti ha lasciato Dalla? Perchè è inevitabile chiedertelo
“Lucio mi ha lasciato questa collaborazione che è il regalo dell’anno. Purtoppo dovevamo vederci al ritorno del suo tour e mi ha lasciato con questo brano, ma soprattutto con questo finale in cui mi augura buona fortuna. Il brano l’ho scritto io, lui all’ultimo minuto davanti al microfono ha cambiato le parole per dire “io torno dalla luna per dirti buona fortuna”. Mi ha lasciato delle bellissime giornate e telefonate tra di noi. Mi ha lasciato delle parole che oggi hanno un grande valore. Ha fatto un enorme regalo a un giovane studente di musica e di canzoni”.
Perché “La crisi”?
“Venendo da un paesino di mare in cui ho vissuto la mia adolescenza, vedevo che da maggio la spiaggia veniva invasa dai turisti e poi vivevo il settembre dello svuotamento, per arrivare all’autunno in cui c’era una pace assoluta in cui il mare si svuota completamente. Mi ricordo di questo impresario di Milano che venne al mare ed era stressantissimo, è la storia dell’italiano medio che si accorge che causa tempi di crisi era meglio che stesse in ufficio”.
Testo Elena Rebecca Odelli |