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 FIORELLA MANNOIA
FIORELLA MANNOIA SULLA STRADA PER IL "SUD"
SULLA STRADA PER IL "SUD"
“Sud”, il 15° disco di inediti dell’interprete femminile per eccellenza della canzone italiana, nei negozi di dischi fisici e digitali da oggi, martedì 24 gennaio 2012, è un caleidoscopio di colori, note, voci e sapori.
 
Un vero concept album, con oggetto il sud del mondo, con i suoi emarginati, i suoi migranti, i suoi sognatori speranzosi, le sue genti sfruttate. Non a caso, vanta collaborazioni con artisti senegalesi (Natty Fred), palestinesi (Faisal  Thaer), spagnoli (il chitarrista Niño Josele e il percussionista Israel "Piraña" Suarez).
Oltre a firme italiche di tutto rispetto, come Ivano Fossati (Se solo mi guardassi), Luca Barbarossa (Luce), Frankie Hi Nrg (Non è un film), Bungaro (il singolo apripista Io non ho paura, Dal tuo sentire al mio pensare, Se il diluvio scende) e che vanta anche un testo scritto da Titina De Filippo, che ha deciso di farne dono a Fiorella.
 
Dulcis in fundo, la Mannoia, per la prima volta, si cimenta (felicemente) anche come autrice (ha tradotto in italiano anche Vuelvo al Sur di Astor Piazzolla).


 
 
Abbiamo parlato di questo importante disco direttamente con lei.
 
Qual è la genesi di “Sud”?
“Era da qualche tempo che desideravo proporre un disco a tema, un concept album. L’idea è nata dalla lettura del libro di Pino Aprile, “Terroni”, che mi ha molto colpita perché stravolge l’idea che in genere abbiamo della storia dell´Unità d´Italia. Uno shock scoprire quanto la realtà fosse differente dalla storia che leggiamo sui libri. Da lì, il concetto di sud si è esteso fino a comprendere il meridione di tutto il mondo. E tutti i sud, dall’Africa al Centro e sud America, hanno lo stesso comun denominatore, ossia che sono sempre stati depredati e saccheggiati dal cosiddetto occidente”.
 
Non a caso, il disco è dedicato a Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso dal 1984  al 1987.
“Esatto, scoprire lui e le sue idee, ancora oggi attualissime, mi ha letteralmente folgorata. Una figura che mi ha esaltato, non percepivo questo senso di giustizia da tanto. La politica vera, con la P maiscuola, non quella svilita cui siamo abituati noi. Dovrebbe essere un mestiere fatto per vocazione, come l’insegnamento, la musica, la medicina. Dovrebbe essere nobile ed è diventato il più sporco del mondo, con dietro affari e clientelismi. Noi italiani poi siamo stati abituati a spettacoli di cabaret e macchiette televisive di infimo livello, e un governo normale oggi ci appare straordinario”.
 
Youssou N’Dour ha recentemente annunciato la sua candidatura ufficiale per diventare presidente del Senegal alle elezioni che si terranno il 26 febbraio. Tu ci hai mai pensato?
“Yousso non lo conosco personalmente, posso giudicare l’artista, non l’uomo politico, spero sia mosso da un reale desiderio di cambiamento. A me è stato proposto varie volte di scendere in campo, ma non ci ho mai pensato. La politica è una cosa seria ed è un altro mestiere dal mio, occorre essere preparati e dedicarcisi, non ne sono all’altezza. E in questo momento, non ho nessuna intenzione di rinunciare alla musica. Questo però non mi impedisce di dire la mia, quando vedo o sento cose che non mi piacciono”.
 
Il concept dell’album si è esteso anche a livello musicale?
“Sì, ho optato infatti per una sonorità prevalentemente acustica, sarebbe stato bizzarro parlare di Sud inserendo l’elettronica. Non si poteva non pensare subito ai tamburi, e infatti il produttore, Carlo De Francesco, è un percussionista, una scelta apparentemente bizzarra. Durante questo percorso artistico, ho conosciuto anche nuovi strumenti, come la Kora, utilizzata prevalentemente in Africa Occidentale. Quindi un viaggio artistico e umano dal quale ho imparato moltissimo. Ho conosciuto tanti ragazzi africani, del Senegal, del Burkina Faso, musicisti che mi hanno raccontato la loro vita e il loro paese. Così è nato il pezzo Se solo mi guardassi: se noi imparassimo a fare delle domande, ad ascoltare chi ci sta intorno, i nostri fratelli migranti, sarebbe un arricchimento importante per ognuno di noi, una scoperta affascinante”.
 
Un viaggio iniziato non certo ieri: penso a “Onda Tropicale” (2006), a “Oh che sarà” (1989), fino al 1986 e a Sorvolando Eilat.
“Il mio occhio verso il Sud c’è sempre stato, io amo il Brasile, è come una seconda patria. Ne sono sempre stata attratta, soprattutto di Salvador de Bahia, la città con maggiori influenze africane e dove si mantengono tradizioni che gli stessi africani stanno perdendo. Un mio amico africano mi ha confidato che il testo di Se solo mi guardassi avrebbe potuto scriverlo sua nonna, una cosa che mi ha inorgoglito molto. Non so se ci sono riuscita, ma ho cercato di dare una sfaccettatura il più completa possibile del Sud: l’allegria, i colori, la malinconia, la disperazione; e l’immigrazione, tema centrato in pieno da Frankie Hi Nrg nel brano che mi ha scritto su mia richiesta, Non è un film”.
 
Trovi che ci sia più speranza per questi paesi, considerando movimenti come la primavera araba o la fioritura del Brasile di questi anni?
“Certo, qualcosa si sta muovendo. Credo sia inevitabile che le persone rivendichino il loro diritto alla libertà e alla dignità. Un discorso che riguarda specialmente le donne: come diceva appunto Sankara già negli anni ’80, il mondo non può essere moderno e progredito senza l’emancipazione femminile, non solo africana. Pensieri moderni, come la sua battaglia contro un debito che non gli apparteneva e che, purtroppo, gli è poi costata la vita. Non a caso, il disco inizia proprio con la sua voce. Il mio disco non cambierà certo le cose, però, nel mio piccolo, credo di aver dato un tributo alla casa”.
 
Se il tuo disco venisse definito “politico” ti infastidirebbe o lo troveresti limitante?
“Tutto è politica, è parte della nostra vita. Così come le tue domande e le mie risposte. Come il rapporto fra un datore di lavoro e i suoi dipendenti. Come decidi di crescere i tuoi figli. Non quella dei partiti, ma il nostro modo di affrontare la vita. Ecco, è un disco politico, eventualmente, ma non certo partitico. Dovessi inquadrarlo, però, direi che è sicuramente un disco di fratellanza; un disco che fa leva sulla compassione. Basterebbe soffermarsi sulla prima frase di Luce, scritto da Luca Barbarossa: Non c’è figlio che non sia mio figlio. Basterebbe questo per evitare episodi squallidi come mense che rifiutano cibo a bambini extracomunitari o che non pagano la retta. E senza nascondere tutti i problemi legati all’immigrazione, che ci sono”.
 
In questo disco ti scopri cantautrice, ti cimenti nel rap con Frankie Hi Nrg… Insomma, una Mannoia nuova, giovanile, con rinnovata e inedita energia. È un’onda che covava dentro di te da tempo?
“Io cerco sempre nuova linfa; arrivata alla mia età, non posso fare sempre la stessa cosa e ripetere me stessa all’infinito; non fa parte di me. Cerco stimoli nuovi, a volte i dischi riescono, altri no, ma l’intenzione è sempre proiettata verso qualcosa di diverso e di nuovo. A questo disco tengo molto perché lo sento particolarmente mio, e non solo perché ho apposto la mia firma d’autrice in alcuni brani, di cui due interamente miei, come In viaggio, dove ho immaginato le parole che io stessa avrei detto ad una figlia (se ne avessi avuta una) in partenza verso il viaggio della vita, e l’altro Se solo mi guardassi, con musica di Ivano Fossati. Non mi ero cimentato prima come autrice forse per pudore, timore di non essere all’altezza dei pezzi che ho cantato finora, grazie ad artisti come Fossati, De Gregori. Questa volta mi è venuto naturale, come se questo desiderio che avessi dentro di me si fosse “stappato”. Penso che nel futuro continuerò a scrivere, vedremo”.
 
Come mai il brano In viaggio è dedicato a un’ipotetica figlia femmina?
“Io sono una donna e mi immaginavo a quello che una madre può dire a una figlia che intraprende un viaggio, le parole giuste da trovare per incoraggiarla nel far fronte alle difficoltà”.
 
Il 14 gennaio eri presente, con Gianna Nannini all’inaugurazione di una struttura – dal terremoto la prima stabile e non provvisoria – destinata al polo scientifico dell´Università dell´Aquila.
“Sì, sono stata insignita della carica di amministratore della società Madraxa fondata da noi cinque madrine di Amiche per l’Abruzzo. Credevo fosse più facile donare, invece non hai idea di quanta burocrazia occorre affrontare! Io e le mie colleghe abbiamo deciso di investire tutto sull’università, che è sempre stato il motore de L’Aquila, per non perdere il suo grande indotto. La struttura comunque è bellissima, un edificio moderno e funzionale di 3.200 metri quadri, iniziato nel 2008. Tutto fortunatamente è andato a buon fine. Quando si fa della solidarietà, anche con tutte le buone intenzioni, rischi che si perda nel nulla. Per questo mi sono tanto spesa in prima persona”.
 
Ieri c’è stata la serata dedicata a Ivano Fossati, che ha recentemente deciso di ritirarsi dalle scene e a cui tu hai partecipato.
“È stata una grandissima emozione. Avevo accettato con dispiacere ma con rispetto la sua decisione, vedendolo così sereno. Ieri, però, mi ha preso un po’ di nostalgia, di groppo alla gola… Ringrazio Fabio Fazio che è uno dei pochi che ridà dignità in tv al nostro mestiere tanto bistrattato. Quasi un miracolo, vedere in tv un po’ di cultura e di felicità. Una vera boccata di ossigeno, soprattutto per una tv di stato per cui paghiamo il canone”.
 
Sanremo?
“Mi hanno proposto di partecipare ma non ho accettato. Ci sono stata quattro volte, ho ricevuto tanto da questa manifestazione, ma non sono arrivata a 57 anni ad aspettare che mi televotino da casa. Largo ai giovani, che devono fare la loro strada”.
 
Tiferai per Noemi?
“Non ho ancora sentito la canzone, se è bello perché no? Ci sono anche altri amici, come Samuele Bersani e Lucio Dalla, con Pierdavide Carone”.
 
A proposito di Noemi, cosa pensi dei talent?
“Il lavoro duro comincia quando i riflettori televisivi si spengono. Da una parte chi vi partecipa è avvantaggiato dal punto di vista mediatico, ma dall’altra molto svantaggiato perché non hai il tempo per fare esperienze e rischi di bruciarti al primo insuccesso. La costruzione di carriera è lunga, lenta e tortuosa. Fatta di credibilità. La gente deve fidarsi di te. Altrimenti azzecchi un singolo estivo e poi il pubblico, che oggi è volubile, il giorno dopo ti ha già sostituito con un altro”.
 
Il tour che partirà il 21 marzo da Napoli (e che toccherà prima 8 palasport e poi i teatri) è un proseguimento anche logico e tematico del disco, visto che sarà coinvolta l’associazione Axè e alcuni giovani ballerini brasiliani.
“Sì, io sono testimonial italiana di questa associazione, fondata da Cesare de Florio La Rocca, un italiano di una certa età che meriterebbe un riconoscimento dal suo paese. Sono 40 anni che vive in Brasile e ha dedicato la sua vita per dare dignità a bambini che non ne hanno. Arrivare prima delal criminalità, del narcotraffico, del crack. La sua associazione ha inventato la pedagogia del desiderio: attraverso l’arte, la musica, la capoera, riesce ad attrarre i ragazzini dalla strada grazie ai sogni. Questo metodo è pressoché infallibile, con quasi il 90% di risultati positivi. Non a caso ora questo metodo verrà esportato in tutto il mondo. Oltre ai ballerini, arriveranno anche pedagogisti e si incontreranno con associazioni italiane. A Napoli, ad esempio, collaboreranno con i ragazzi di Don Luigi Merola, famoso prete anticamorra. Il mio tour sarà energico e intimista al contempo, una vera festa”.
 
Hai un rapporto col cinema abbastanza stretto: dagli esordi da stuntman, alla partecipazione a “Prima dammi un bacio” del 2003, al videoclip di “Io che amo solo te”, che era appunto un omaggio a questa arte. In futuro pensi che ti ci potrai dedicare?
“Nessuno mi ha mai proposto nulla. Occorre avere una preparazione per fare l’attrice, a parte qualche piccolo cammeo. Certo, amo il cinema, potrebbe essere un’esperienza che farei volentieri, anche se in realtà non l’ho mai cercata”.
 
Canti Io non ho paura: Fiorella Mannoia davvero non ha paure?
“No, no, ne ho tante! Quello è un grido di speranza e di coraggio. Il futuro ci fa paura, così come il destino del nostro paese e del pianeta in generale. Ma dobbiamo affrontare i nostri timori e scacciarli, saper reagire anche quando tutto sembra remarti contro. E soprattutto non bisogna avere paura delle diversità, che non tolgono niente ma sono un arricchimento”.
 
Ultima domanda: La luna, l’inedito che ti aveva proposto Vasco?
“La recupererò nel prossimo disco. Se nel frattempo non si è arrabbiato!”
 
 
Fiorella sarà impegnata in un tour diviso nella prima tranche nei palasport e nella seconda nei teatri.
 
21 marzo – Napoli – Pala Partenope
23 marzo – Bologna – Pala Dozza
24 marzo - Roma – Palottomatica
28 marzo – Pordenone – PalaForum
30 marzo – Firenze – Nelson Mandela Forum
31 marzo – Milano – Mediolanum Forum
3 aprile – Padova – Gran Teatro Geox
4 aprile – Torino _ PalaOlimpico
 
 
Andrea Grandi
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