Viaggio tra immaginazione e reltà. Un artista poliedrico ecco chi è Valerio: l’Unconventional per definizione.
Ammetto che quando mi è capitato tra le mani questo progetto, il sorrisetto cinico mi ha tinto il volto. Leggi, osservi, ascolti e capisci. Valerio è semplicemente così capace di andare oltre al pragmatismo di ciò che lo circonda, dare voce in maniera inusuale a quei lati scomodi che molti di noi possiedono, a romanzare il paradosso.
Partiamo da qui, “I miei migliori amici immaginari” ….vedo dei nomi e delle garanzie all’interno di questo disco
V: “Nascono perché il disco l’abbiamo registrato io e Massimo Martellotta con Tommaso colliva. Tutto ciò che è suonato nel disco a parte la pianola, è Massimo. La cosa che mi piace è che è anche legata al concetto di “miei amici immaginari” è che non ci sono tutti gli strumenti, se manca qualcosa lo devi inserire tu con l’immaginazione. Ferdinando è arrivato dopo, nel senso che abbiamo iniziato a fare date e a registrare il disco. Ferdinando Arnò ha sentito il master e gli è piaciuto e con lui abbiamo fatto delle registrazioni extra.”
Ma “I miei migliori amici immaginari” da dove nasce?
V: “Sono tutti ritratti di personaggi surreali, che non potrebbero esistere nella realtà. Quest’uomo striscia pedonale che per vivere una vita al sicuro si circonda di strisce pedonali non solo per strada ma anche appena si sveglia a casa, sul palquet ci sono le strisce pedonali che lo portano con sicurezza al lavoro. Ci sono degli atteggiamenti portati all’estremo e fanno diventare i personaggi dei supereroi che però non hanno niente di super e sono semplicemente surreali. Per il titolo mi piaceva quest’idea perché tutti questi personaggi mi facevano proprio compagnia mentre scrivevo i pezzi. Sono tutte canzoni nate su una pianola giocattolo.”

Scusa ma eri tu il lottatore mascherato?
V: “Si sono io. Lo sono ancora.”
Lo sei ancora?!. E invece l’ex rapper?
V: “C’è stato un mio periodo rapper. Con un demo hip hop. Mi sono quindi immaginato questo ex rapper anziano con la pancia che gli cade, i tatuaggi e i vestiti oversize da rapper.”
Per caso qualcuno te l’ha detto “lo sapevo che ce l’avresti fatta”?
V: “In realtà quella è stata una frase che mi è stata detta quando è uscito il primo libro “Il manuale per diventare Valerio Millefoglie”perché mi sono accorto che quando fai qualcosa che viene pubblicato, c’è una certa tipologia di persone che si aspetta che tu gli regali questa cosa. Non pensa che dietro ci sia un lavoro, una cosa che ti ha occupato quotidianamente prendendoti anche energie fisiche, economiche.”
Scrittore musicista, quante facce?
V: “In realtà sempre una. E’ stato un po’ un caso. Fai conto che ‘Il lottatore mascherato con gli occhiali’ è nata proprio durate una data di presentazione del libro. Facevo queste presentazioni con dei musicisti e mi avevano regalato una maschera da wrestler, c’era questa musica messicana e mi sono improvvisato lottatore. Da lì, poi, è nata la canzone e, successivamente, ho anche scritto dei racconti con il lottatore come protagonista. Nn c’è quindi una parte che preferisco, mi piacciono le idee e provarle in vari contesti.”
Qual è l’elemento di congiunzione tra tutti i brani?
V: “La mirade di personaggi. L’unico amico immaginario reale, o meglio che è esistito
realmente, è il conduttore elettrico della virginia .Un boscaiolo colpito da sette fulmini.”

Sullivan?
V: “Si lui”
Invece la dimensione del live?
V: “Adesso sto promuovendo il disco e lo sto facendo anche qui con una band immaginaria utilizzando un campionatore.”
Infatti vedendo che nel disco suona tutto Massimo, tranne la pianola,mi chiedevo come facessi a riprodurre l’atmosfera?
V: “In questi anni ho portato in giro questa forma di djset che si chiama dj a parole. L’unico dj che non mette musica. Con questo campionatore ho messo a tempo frasi e parole prese da film, programmi radio, rete. Per i live sto unendo gli stacchi del dj a parole con le parti delle basi del disco. Un live molto schizzofrenico. Contemporaneamente sto costruendo il live con i musicisti.”
Un’ultima curiosità: ma tu davvero parli con i torsoli di mela?
V: “È vero è vero. Una delle prime date che ho fatto da rapper, l’ho fatta in puglia. Alle due del pomeriggio con la gente che voleva riposare a bordo piscina, l’organizzatore mi ha detto che dovevo assolutamente suonare e quindi ho iniziato ad avere l’idea di dialogare con il torsolo di mela. Una sorta di mediatore tra il pubblico e me. In alcuni live che ho fatto questo torsolo lo lancio poi io al pubblico, o meglio a una comparsa che si finge mio nemico.”
Se tu potessi dedicare “I miei migliori amici immaginari” a uno dei tuoi personaggi, a chi lo dedicheresti?
V: “Al lottatore mascherato con gli occhiali perché è quello che più mi rappresenta. Uno quando si immagina gli amici immaginari, parte di solito da lati della sua personalità. Il concetto di questo lottatore che non ha muscoli, non a forza, mi piace perché annuncia e accetta questa debolezza auto-accettandola.”
Testo di Elena Rebecca Odelli
|