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RAZORLIGHT |
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UNO SQUARCIO NETTO NELLE VENE DEL ROCK UK |
Sono coccolati ed adulati dalla stampa inglese. Sono un po’ i nuovi Strokes, o se preferite la costola staccatasi dal cuore pulsante dei Libertines. Hmm, sarà. Noi aspetteremmo ancora un po’ a gridare al capolavoro e alla pietra miliare della new-wave rock britannica …
Anche perché qui si pecca di presunzione. Presunzione, sì, perché non c’è altro modo di definire chi starnazza ai quattro venti “scrivo meglio di Bob Dylan”. Comunque del buono c’è in “Up All Night”, l’album di esordio dei Razorlight. Un embrione di pura energia vitale che però è ancora chiuso nel bozzolo dell’immaturità, ma che lascia comunque presagire frutti futuri non indifferenti. Anche perché le idee sono accattivanti, e il carisma c’è.
I Razorlight sono un gruppo che pavoneggia la sua particolarità già dal nome. Potete anche stare lì a scervellarvi sul significato dello strano abbinamento delle parole “rasoio” e “luce”, tanto non ne verreste mai a capo. Perché Razorlight è solo la trasposizione in lettere dell’alfabeto a noi profani note di un non meglio identificato mugugno uscito dalla bocca di Johnny Borrell, il frontman del gruppo. E così un improbabile Rerrrrrrrrlite è diventato un Razorlight di maggiore impatto. E già da qui si coglie l’eccentricità dei quattro … Che, per inciso, sono un gustoso pastiche etnografico di inglese e svedese, sapientemente dosati ed amalgamati in parti uguali: gli anglosassoni Johnny Borrell e Christian Smith-Pancorvo, e i nordici Bjorn Agren e Carl Dalemo.
Johnny e Bjorn danno inizio all’avventura nell’estate del 2002, e l’alchimia tra voce e chitarre attira subito l’attenzione di basso-Carl e batteria-Christian. Eccovi serviti i Razorlight.
Entrati trionfalmente ai Toerag Studios, quelli dove hanno registrato anche i White Stripes, i Razorlight si dedicano anima e corpo ad una 3 giorni intensa di prove e registrazioni; e ne escono a mani piene, con “Rock n’Roll Lies”, “Rip It Up” e la febbricitante “In The City”.
John Kennedy di XFM sente il demo dei Razorlight e ci perde la testa; lo manda in onda come se fosse l’inno nazionale ed è delirio collettivo. E nel delirio la spunta la Mercury Records, che mette sotto contratto i Razorlight e si bea della convinzione di aver trovato la sua gallina dalle uova d’oro.
Dicevamo delirio. E non può esserci parola più appropriata, dato che sulla semplice fama, reputazione e per sentito dire i Razorlight vengono invitati al Summer Sonic 2003 in Giappone; prima ancora di aver pubblicato un demo. E sempre di delirio si tratta, se per il semplice fatto di fare da supporter i biglietti del tour degli Hiss vanno a ruba. E definiremmo pura follia il fatto che gli inviti per presenziare al party di presentazione del singolo di debutto “Rock n’Roll Lies” sono spariti nel nulla, per poi ricomparire su E-Bay ed essere venduti a prezzi allucinanti.
Baciati sicuramente da un fascio di luce divina, questi Razorlight. Spuntati dal nulla ed improvvisamente fenomeno underground di massa.
Ed eccoci ad oggi. I Razorlight sono emersi dal magma di note gridate e strappate della Londra sotterranea, e, ricoprendosi di una patina dal sapore vagamente glam e di un’aura fintamente maledetta, hanno conquistato il pubblico di Oltremanica. Taglienti come una lametta. Ma non abbastanza illuminati per fare proseliti anche qui da noi. Comunque tentar non nuoce, in fondo c’è del poetico e del sublime anche in un disco di debutto, soprattutto se fatto con testa e cuore.
Cresceranno, e cresceranno bene, ci scommettiamo.
Elisa Bellintani
8 settembre 2004 |
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