Roberto Amadè, cantautore e musicista nato a Vercelli 28 anni fa, si presenta in gara a Sanremo Giovani 2011 con l’intenso brano “Come Pioggia” e con credenziali di tutto rispetto: figlio di un Professore del Teatro Alla Scala di Milano, è laureato in Pittura all´Accademia Albertina Delle Belle Arti di Torino e, soprattutto, ha vinto il Premio Bindi 2010 con il brano “Braccia Aperte” (targa e premio SIAE , Premio “miglior brano” e Targa “miglior arrangiamento”).
Questa sera si giocherà un posto per la finalissima dei Giovani, prevista domani.
Roberto, intanto come stai?
Molto bene, il Festival è un po’ frenetico ma è quello che volevo.
Avevi già tentato la via di Sanremo?
Sì, 3 anni fa, quando ancora c’era SanremoLab. Ci ho riprovato e questa volta è andata! Ho superato tutte le audizioni fino ad arrivare davanti a Gianni Morandi e alla commissione artistica.
Pensi che arrivare direttamente al Festival da Area Sanremo, ed evitando così le forche caudine delle semifinali svoltesi nelle scorse settimane a Domenica In, abbia in qualche modo penalizzato, mediaticamente parlando, te e Gabriella Ferrone?
Forse solo a livello televisivo, perché in radio non c’è stata alcun tipo di penalizzazione, anzi.
Per l’occasione è uscito un repack del tuo album “Tutti gli Incanti della Vita”, pubblicato lo scorso settembre e che ora ha preso il titolo del tuo inedito sanremese.
Sì, e rispetto al disco originale abbiamo tolto la cover acapella de “Il Cielo in una Stanza”, per lasciare totalmente spazio ai miei inediti.
A proposito di inediti, hai vinto il Premio Bindi per “Braccia Aperte”: come ti nasce l’ispirazione per scrivere e comporre un nuovo brano?
Dalla vita, comprensiva di sbagli, errori, anche il dolore, che abita nello stesso posto dell’amore, perché a volte amare molto fa anche star male; nel mio caso, fonte prima d’ispirazione sono l’amore per la mia famiglia e soprattutto per i miei due figli, che mi fanno tenere i piedi ben piantati a terra. Oltre all’amore per la musica, certo.
Cosa ascolta Roberto Amadè?
In primis Jeff Buckley, a cui mi ispiro, oltre a Ben Harper. Mi piace la loro spiritualità, il cercare attraverso la voce un messaggio e un modo di raccontare l’anima in un modo più sacro. Fra gli italiani, stimo molto Tiziano Ferro, sia come interprete che come autore; recentemente ho amato molto “Guarda l’Alba” che ha scritto per Carmen Consoli.
E’ difficile etichettarti in un genere preciso, e pop è sicuramente riduttivo.
Non saprei etichettarmi nemmeno io, sono il frutto di varie influenze musicali, a partire dalla mia formazione nella musica classica. Ora mi sto cimentando nella musica leggera, cercando io stesso di lasciarmi sorprendere dalle strade che via via intraprendo.
Pronto per tornare a fare live?
Non vedo l’ora! E spero di poterne fare il maggior numero possibile.
Cosa pensi dei Talent Show?
Vorrei che continuassero ma che non avessero un tale predominio sulla discografia italiana e sulla ricerca di nuovi artisti e talenti.
A chi dedicheresti un’eventuale vittoria?
Sicuramente alla mia compagna, che da lungo tempo sta illuminando il cammino della mia vita.
Andrea Grandi
(17 febbraio 2011)
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