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 ÓLAFUR ARNALDS
ÓLAFUR ARNALDS A MANO LIBERA
A MANO LIBERA

Parlami un po´ di “... And They Have Escaped The Weight Of Darkness”. Cosa ti ha ispirato nel comporre la tua musica, e quando hai realizzato l´album?
“I brani che compongono la scaletta li ho scritti in un lungo periodo di tempo, quando ero in tour nel 2008/2009, sono quasi tutte cose nate provando il pianoforte durante i soundcheck. L´album è una collezione di canzoni scritte in momenti differenti, ma quando ho cercato di metterle assieme in modo che avessero un senso mi sono reso che inconsciamente c´era un concetto che univa tutto, una commistione di canzoni tristi ed altre speranzose che mi ha fatto pensare a un viaggio dalla luce all´oscurità... E al fatto che attraverso l´oscurità si torna sempre in un qualche modo alla luce”.

Questo è il tuo secondo disco dopo tre anni, anche se hai pubblicato altre cose. Che differenza c´è nel modo in cui componi disco e un EP? Ha a che fare con il concept alla base?
“La differenza maggiore è nell´attitudine con cui mi approccio alla cosa. Quando inizio a fare un album so che è una cosa sarà legata a me per un paio di anni, sarà quello di cui si occuperà la promozione e quello che porterò in tour, per quei due anni sarà l´idea che la gente avrà di me, perciò cerco di fare qualcosa di cui essere felice per un po´ di tempo, ci metto più impegno e cura. Invece se faccio un EP o qualcosa in free download lo spirito è più del tipo ´ho delle canzoni sparse qua e là, tanto vale pubblicarle´. Non che siano brani peggiori, ma semplicemente non sono brani che abbiano un concept così chiaro da formare un album”.

Cos´è secondo te che distanzia maggiormente questo disco dai tuoi lavori i precedenti?
“Credo che ´… And They Have Escaped The Weight Of Darkness´ sia la naturale evoluzione del mio lavoro precedente, perché spesso ho lavorato su concetti simili, sul concetto di circolarità. Poi è un´evoluzione anche musicale, e ho iniziato a pensare di più alla produzione: ho realizzato che un suono è importante come una nota, perché le note nella loro forma basilare solo semplicemente suono, e anche il modo in cui una nota suona gli conferisce un significato. Quindi ho lavorato molto sul suono per riuscire ad esprimere meglio quello che volevo dire col disco”.

Ho letto in giro che hai iniziato come batterista in band hardcore e metal... Come sei arrivato a fare questa tua musica, che ha un approccio totalmente diverso?
“Ho
sempre fatto entrambe le cose, non è che prima suonassi solo metal o hardcore e poi abbia iniziato un´altra cosa. Semplicemente la mia musica ha iniziato ad avere un pubblico e riceve attenzione, quindi ho preferito concentrarmi su questo progetto per fare in modo che funzionasse e perché ho sentito che fosse un´occasione da non perdere”.

Si può dire che la tua musica sia una commistione di classica, elettronica e pop. Quali sono gli artisti, sui vari fronti, che ami o che ti hanno influenzato particolarmente?
“Beh, sul lato classico ho sempre amato Chopin, Bach, Schubert e Sostakovic... Della musica elettronica invece quello che mi interessa è più l´aspetto produttivo, quindi le influenze vengono anche da cose molto diverse da quello che faccio io. Ad esempio mi piacciono molto gli LCD Soundsystem, anche se non hanno nulla a che fare con il mio genere, perché amo il modo in cui suonano, le loro produzioni, il modo in cui usano i sintetizzatori: mi stimola molto il fatto di utilizzare lo stesso strumento e ottenere magari un risultato completamente diverso. Per il resto poi ascolto normali band indie, come i The National o anche gli Arcade Fire”.

Nell´equilibrio di generi che costituisce il tuo stile qual´è secondo te quello che prevale?
“Questa è una domanda difficile a cui rispondere, perché non è quello il modo in cui io vedo le cose: per me, quando scrivo, non si tratta di mischiare dei generi, non mi approccio alla musica in questo modo. Non penso a prendere cose da altri generi e metterli nella classica, oppure il contrario, perché se per un attimo ti togli dalla testa l´idea dei generi alla fine la musica è solo musica, e non ha limiti. Non credo quindi di avere una risposta, perché semplicemente non penso in quel modo”.

Non ti capita mai però, trovandoti in un territorio ibrido che è solo tuo, di non è essere capito da nessuna delle due parti, classica o pop? Non ti fa paura questo?
“E´ vero, il più delle volte è così. Però non è una cosa che capita con le persone, con i fan... Succede piuttosto con le radio e le tv, che sono definite dai generi: le radio di musica classica non mi trasmettono perché sono troppo pop, mentre le stazioni pop non passano la mia musica perché è troppo classica. Comunque è una situazione che non mi spaventa, al massimo come una cosa di cui essere felice, su cui poter lavorare. E poi è sempre figo essere quello che non rientra in nessuna categoria!”.

Ho letto sulla tua pagina Web che al momento stai lavorando ad una colonna sonora (per “Another Happy Day” di Sam Levinson, presentato di recente al Sundance Film Festival - nda). Come ti trovi, è diverso da come ti aspettavi?
“Non lo è troppo in realtà, è un´esperienza divertente. Non è molto diverso da lavorare alla mia musica perché lavoro sempre con dei concetti, cercando il modo di comporre brani che funzioni assieme, e spesso lavoro a diverse versioni della stessa cosa. La vera difficoltà sta nell´equilibrio tra fare musica per se stessa o per l´immagine, perché se ti sposti troppo da una parte rischi di fare una cosa senz´anima, solo un accompagnamento; se invece crei una musica autonoma rischi che non sia capita, se è inserita nel contesto sbagliato. E´ complicato e spesso ti porta a discutere con il regista che vorrebbe solo qualcosa che vada bene per il film, e non si cura troppo se tu sia contento o no della musica. Ma è una sfida stimolante, cercare di far funzionare le cose”.

Una curiosità... Se potessi scegliere di rifare la colonna sonora di un film, quale sarebbe?
“Ce ne sono tanti, ma direi che in cima alla mia lista ci sarebbe ´Il Labirinto del Fauno´. Amo la colonna sonora attuale, ma penso che sia un film a cui mi potrei associare facilmente e su cui potrei fare un buon lavoro”.

Di recente sei stato in tour in Cina. Come è stato trovarsi in una Paese con una cultura così diversa da quella europea, in un mercato emergente anche dal punto di vista culturale?
“E´ stato molto molto bello, e sono felice di esserci andato così presto. Si sono aperti da poco all´estero, e andare a suonare là è stato come avere una pagina bianca su cui scrivere: posso dire di essere stato il primo ad aver mai suonato una musica del genere in quel Paese, ed è strano perché non hanno nessun altro con cui confrontarti e giudicano la musica solo per quello che è, senza preconcetti. Poi trovo che la Cina abbia una storia e una cultura molto interessanti, e al di là delle cose negative hanno anche molti lati positivi, soprattutto il modo che hanno di vedere la vita”.

web: olafurarnalds.com

Alberto Lepri
(06 febbraio 2011)

 TUTTO SU ÓLAFUR ARNALDS

2010
... And They Have Escaped The Weight Of Darkness

2007
Eulogy for Evolution
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