Immaginati di aver servito sulla tua tavola un menù tutto speciale, dove ci sono poche spezie ma vengono esaltati i sapori genuini della nostra terra. Immaginati che queste pietanze ti vengano servite direttamente da cuochi esperti, che sono prima ancora che cuochi, grandi amanti della cucina. Immaginati che questo sia un po’ il sapore che percepisci dal nuovo disco dei Nomadi, “Racconti Raccolti”. È stato anticipato in radio dal singolo Hey Man, la celebre canzone portata al successo da Zucchero e reinterpretata dai Nomadi (per l’occasione Zucchero duetta nel ritornello), in un percorso di racconti di altri cantautori che in questa occasione hanno voglia di presentare loro, con un nuovo abito che non cerca di strappare l’originale, ma dargli spolveri nuovi, diversi.
In più di 40 anni di carriera e in 40 dischi è la prima volta che i Nomadi si cimentano in canzoni e artisti così diversi tra loro.
Parlo con Beppe Carletti, elemento storico della band che da quarant’anni macina chilometri portando la propria musica, le proprie emozioni. È appena tornato da un viaggio nel Madagascar dove con pacatezza e simpatia dice: “Faccio piccole cose. Ho iniziato a viaggiare tardi e ho scoperto il viaggio, la bellezza di toccare con la mano le persone. È sempre un’esperienza molto forte quella che porto a casa. Nei villaggi in cui vago sono i sorrisi dei bambini a commuovermi. Non hanno nulla e hanno un sorriso tanto vero e sincero che faccio fatica a trovare nelle società cosiddette industrializzate. E poi se vado dall’altra parte del mondo e sento intonare Io Vvagabondo, come faccio a non rimanere senza parole?”.
A chi fa musica da così tanti anni mi viene spontaneo chiedere. Perché oggi arrivate con un disco di cover?
“Parte da un concetto molto semplice. Abbiamo meravigliosi canzoni fatte da altrettanto meravigliosi cantautori: un vero patrimonio invidiabile. In questo lungo elenco che abbiamo raccolto, le canzoni di questo album sono state scelte in base agli artisti, al legame di amicizia che c’è tra loro e noi. Il passaggio ulteriore è stato pensare a quali canzoni di quel cantautore avremmo voluto interpretare. Siamo andati sulle canzoni che fanno parte di noi o comunque abbiamo cercato quanto c’era di noi in quelle canzoni. In fondo siamo dei sentimentaloni. E comunque per quanto riguarda il repertorio, si sono privilegiate canzoni che sono state raramente oggetto di cover e dove era possibile e opportuno c´è stato un arricchimento musicale e un’esaltazione della melodia senza nessun cambiamento radicale”.
Cantare le canzoni di altri, canzoni già note, cosa vi ha dato?
“È stata una novità pazzesca che abbiamo affrontato con curiosità. Ti confronti con chi scrive in maniera diversa da te, e noi abbiamo voluto rispettare in toto l’architettura e lo stile delle canzoni”.
Cosa ne è venuto fuori?
“Un collage importante che raccoglie dieci cantautori. Ognuno di loro immagino sia contento di esserci”.
Che risposte avete ricevuto?
“Mi piace leggerti questo pensiero di Luciano Ligabue. ´I Nomadi sono i miei vicini di casa. I vicini di casa che c’erano, se parliamo di musica, quasi trent’anni prima che cominciassi io. Quasi cinquant’anni di questo mestiere a me fanno venire in mente il concetto di eroismo. Specialmente, poi, se parliamo di chi l’ha fatto in maniera diretta come pochi hanno saputo fare: poca vetrina e tanta sostanza, da loro al loro pubblico. I Nomadi hanno sempre dimostrato un’attenzione speciale per chi li ha seguiti e li segue, raggiungendoli tutti, con centinaia di concerti all’anno, suonando ovunque. Ma non c’era mai mestiere, né maniera. C’era appunto la festa fra loro e il loro pubblico. Mi fa davvero piacere che nella loro gloriosa storia ci sia spazio anche per una delle mie canzoni a cui tengo di più. Specialmente se diventasse un po’ parte della loro festa continua´”.
E live come pensi che reagiranno i vostri fan?
“Beh, ovviamente non potremmo cantare solo canzoni degli altri ai nostri concerti perché chi viene a vederci vuole sentire le nostre canzoni. Ma faremo a rotazione sicuramente”.
Riascoltarvi sotto la chiave di interpreti com’è?
“Non voglio fare il ruffiano. Ma stamattina ho ascoltato il disco in macchina per venire qui a Milano e ti dico che mi sono riascoltato con piacere. Un giudizio sicuramente positivo. Sono convinto che è vario ma uniforme”.
In questo disco c’è anche una canzone vostra, 2 re senza corona. Un pizzico di Nomadi c’è.
“… Beh, anche noi siamo cantautori! (ride) Ci tenevamo a mettere questa canzone che ancora non era stata pubblicata in un nostro disco”.
Chi rimane fuori come cantautori da questo progetto?
“Purtroppo rimangono fuori in moltissimi. Come ti dicevo abbiamo un panorama invidiabile di cantautori. Rimangono fuori per esempio grandissimi artisti come Finardi, che purtroppo a malincuore non abbiamo messo, Ciampi, Tenco, Battiato, Fossati, De Andrè”.
Se ricordo bene non hai un ottimo rapporto col mondo della Rete…
“Con Internet? Ricordi benissimo. Come siamo tutti allenatori, siamo tutti critici nel bene e nel male. Mi tocca Internet perché il mondo della musica e il modo di usufruire della musica passa anche da lì ormai. A me non piace la critica fine a se stessa. Se devi criticare e basta puoi anzi devi stare zitto. Invece amo le critiche che siano costruttive. Internet ha un potere dell’anonimato che mi dà fastidio ed eleva l’inutile. È un approccio vigliacco che non condivido. È una maschera per molti. Io sono abituato a ragionare con il cuore in mano e in quel mondo lì fai fatica a distinguere perché c’è una libertà usata e non osata”.
web: www.nomadi.it
Elena Ferraro
(31 gennaio 2011) |