Il 23 novembre è uscito “Boogie Boogie Man” (Sony music), il 30° disco di Pino Daniele; il singolo omonimo (ispirato al “boogie” dei primi anni ’70), già ben accolto dalle radio, è uno dei due inediti del CD che racchiude anche dieci grandi successi del bluesman partenopeo risuonati e riarrangiati; alcuni di essi sono impreziositi da grandi duetti con Mina, Franco Battiato, Mario Biondi e J Ax, rispettivamente in Napule è, Chi tene o’ mare, Je so’ pazzo e Siente fa accussì (nuova versione di Yes I know my way, con l’aggiunta del rap).
Ho chiesto direttamente a lui la genesi di questo lavoro, le prospettive future e i nuovi stimoli ricevuti dalle recenti esperienze live d’oltreoceano.
Come descriveresti in poche parole il tuo nuovo disco, “Boogie Boogie Man”?
“Per le persone che hanno vissuto quel periodo, questo disco ricorderà molto gli anni ’70, per il modo di concepire la musica: andare in studio e suonare con la mia band.. Oggi coi dischi si fanno come dei prodotti, io me ne sono fregato del mercato, delle radio, della domanda e dell’offerta, per non entrare in un meccanismo che non mi appartiene, onestamente. Io sono un musicista e, avendo voglia di fare semplicemente musica, ho scelto dei pezzi che mi davano maggiormente la possibilità, appunto, di suonare. Al meglio. I miei pezzi sono stati rivisti e corretti con un’anima blues istintiva e immediata. Così è nato questo disco”.
Quindi è stato questo il criterio nella scelta dei brani?
“Sì, un criterio dettato dall’esigenza di essere in primis un chitarrista e musicista blues, che mantiene le sue origini e il suo essere un artista mediterraneo, con canzoni come Napule è o Chi Tene o Mare, senza però rinunciare all’idea di divertirsi, come fare, ad esempio, un boogie woogie, e suonarlo con musicisti internazionali come Mel Collins (ascoltate il suo sax in Uè Man), Omar Hakim (batteria), Matthew Garrison (basso) e Rachel Z (piano)”.
Come sono nati i duetti presenti nel disco?
“Questa è una cosa che vorrei chiarire bene, perché oggi va di moda fare il duetto, pensato quasi esclusivamente per il mercato; in questo senso, i miei non sono dei duetti: nascono semplicemente dal desiderio di accostare la mia voce a un’altra che, parlando dal punto di vista di produttore, a me piace, per arrivare a un suono unico. Cantare Napule è con Mina, voce straordinaria che tutti conoscono, accompagnandola con la chitarra, è stata una vera emozione. Sono accostamenti artistici sinceri, non duetti in senso stretto. Oggi si usa dire che far prevalere l’aspetto artistico non ´tira´, ma questo non è vero: io credo che le persone abbiano voglia di cose diverse, dove c’è impegno e sincerità; quello che io provo a dare qualcosa alla gente che, in tutti questi anni, mi ha seguito nei concerti. Insieme al messaggio, bisogna prestare sempre molta cura anche al lavoro, alla storia, al background musicale, al percorso artistico”.
E tecnicamente, come sono stati assegnati i duetti?
“Io li ho proposti e a loro sono piaciuti; un Maestro come Battiato, se un pezzo non gli piace, non lo fa. Lo stesso vale per gli altri. J-Ax è il mio fratello minore, mi piaceva già prima quando stava con gli Articolo 31: è un artista poliedrico, intelligente, straordinario, è un poeta metropolitano del suo tempo. Questo a testimonianza che le cose le faccio perché mi piacciono, non a tavolino”.
Fra l’altro il pezzo con J-Ax, Siente Fa Accussi, nuova versione di Yes I Know My Way in cui si uniscono rock, blues e rap, risulta uno dei più forti del disco.
“Sì, è una figata! Anche lo scratch che fatto Dj Jad..!”.
C’è un pezzo del disco che, a lavoro concluso, ti soddisfa particolarmente?
“Forse Chi Tene o Mare, con questo nuovo arrangiamento; e poi il mio sogno era fare qualcosa con Battiato, qualcosa di magico. Non c’era niente di meglio della magia di questo brano, che io tanto amo. Anche Je So’ Pazzo con Mario (Biondi, ndr) è stato molto divertente; Napule è con Mina... Il sax di Mel Collins in Ue’ Man... Aver rivisto Mel dopo 20 anni è stata un’emozione straordinaria! Difficile stilare una classifica... Sono molto contento di questo lavoro, spero che alla gente piaccia”.
È previsto un nuovo tour, a seguito del disco?
“Sì, a marzo inizierà una tournée, al momento è confermata la data agli Arcimboldi di Milano, il 16 marzo 2011; prima però andrò in America: partiremo da New York e toccheremo 4 città degli States”.
Ormai in America ti hanno quasi adottato: hai partecipato il 26 giugno 2010 al festival benefico Crossroads 2010, di Eric Clapton, al Toyota Park di Chicago (fra l’altro unico musicista italiano presente nel corso delle 3 edizioni); hai tenuto un concerto il 1° ottobre 2009 all’Apollo Theatre, tempio newyorkese della black music…
“Sì, si è aperto un nuovo mondo, per me. Esperienze che mi hanno regalato una grande voglia di fare, un nuovo entusiasmo, una carica incredibile, quasi da debuttante! Conoscere Clapton, esibirmi con Robert Randolph e Joe Bonamassa... Io non ho chiesto nulla, mi sono adattato alle esigenze degli organizzatori, ho suonato quanto richiesto, senza prove. Me la sono cavata, spero mi rinnovino l’invito”.
Spesso le raccolte (anche se questa non lo è completamente) chiudono e sigillano un ciclo musicale; questa sarà uno spartiacque stilistico, in prospettiva dei lavori futuri?
“Secondo me si chiude un cerchio, anche se in realtà in ogni mio disco ho cercato di unire l’esperienza a novità. Sicuramente questo sarà un inizio, per me, sono pronto ad accogliere tutti gli stimoli che sto ricevendo in questo periodo”.
Qual è l’attuale situazione musicale partenopea? C’è ancora un “Neapolitan Power”?
“Forse in questo momento non sono la persona giusta per indicare creatività partenopee; Napoli è sempre stata, e credo lo sia ancora, una fucina per nuovi artisti, un vivaio; la musica nasce infatti anche dal disagio. È l’intera Italia che si sta dirigendo verso sonorità e linguaggi internazionali; penso a un Tiziano Ferro, ad esempio, che è un grande artista e sta dimostrando tutto il suo valore. Nel panorama discografico italiano ci sono sempre più giovani che vogliono cantare in inglese; conservando la struttura tipica della nostra canzone, certo, perché non saremo mai americani, però abbiamo lentamente assimilato elementi della loro cultura, del loro modo di vivere, adattandolo però alle nostre esigenze e alla nostra identità”.
E questo vale anche per il tuo percorso artistico?
“Sono sempre stato attento a nuovi stimoli, a maggior ragione oggi, che comincio a muovermi in un circuito internazionale che mi sta dando la possibilità di nuove espressioni e a tirar fuori quello che in realtà avevo già negli anni ’80: sono stato fra i primi a inserire la lingua inglese nelle canzoni italiane, vedi Yes I Know My Way”.
Nel corso del prossimo Festival della Canzone Italiana verranno celebrati i 150 anni dall’unità d’Italia, anche a livello musicale: tu che sei uno dei simboli in assoluto del Sud, parteciperai come ospite?
“Se mi inviteranno ci andrò volentieri!”.
Ti sei fatto un’idea sull’emergenza rifiuti di Napoli? Ti senti di dire qualcosa sulla grave situazione in cui versano paesi come Terzigno, Giugliano e sulla mobilitazione dei cittadini?
“È una situazione imbarazzante... I versi ´Napule è ´na carta sporca e nisciuno se ne importa e ognuno aspetta a´ ciorta´, a distanza di 37 anni da quando li ho scritti, sono purtroppo ancora attualissimi. E questa è la cosa più triste di tutte, che non è cambiato niente…”.
55 anni, 30 album pubblicati, oltre 30 anni di carriera, grande successo, concerti in tutto il mondo: ma chi è Pino Daniele oggi, lontano dai palchi e dai riflettori?
“Sono molto..papà! Amo i miei 5 figli, sono legatissimo a loro. Al di fuori della musica, io vivo attraverso di loro. Sono 5 meraviglie che mi danno la forza di affrontare e vivere eventuali disagi e situazioni difficili. Io cerco sempre di essere un padre amico... Sono sempre uno che ha vissuto e fa rock n’roll, ma sono sempre stati i miei figli che mi hanno aiutato a vivere, anche nella musica”.
web: www.pinodaniele.com
Andrea Grandi
(27 gennaio 2011) |