Mai come quest’anno le reunion sono andate di moda, ritrovi e reincontri che hanno fatto seguito a lunghi addii mossi dalle più diverse motivazioni oggettive: chi per nostalgia, chi per mancanza di alternative, chi per mero calcolo economico. Dal momento che loro sono sempre stati attenti alla moda e dominatori delle tendenze, non potevano certo sottrarsi all’imperativo del ricongiungimento artistico, e così ecco che Brett Anderson e Bernard Butler – che tutti conosciamo come il nucleo storico degli Suede – si sono ritrovati in studio insieme ad ascoltare vecchie registrazioni per selezionare i pezzi da inserire nel loro primo Best Of, intitolato senza troppa fantasia “The Best Of Suede”.
“Abbiamo fatto un sacco di rimasterizzazione insieme, io e Bernard, per la compilation”, racconta Anderson. “Non stavo in studio con Bernard ad ascoltare canzoni dei Suede da quasi 20 anni. È stato un po´ nostalgico quando ci siamo ritrovati insieme per ascoltare The Drowners del 1992, ho pensato: ´L´ultima volta che abbiamo fatto una cosa simile sarà stato nel 1991 o 1992”.
L’occasione fa l’uomo ladro, dice un proverbio, e l’occasione qui è stata la partecipazione di Anderson ad un concerto benefico, il Teenage Cancer Trust, che si è svolto il 24 marzo scorso alla Royal Albert Hall di Londra, preceduto da due concerti warm-up; da qui l’idea di un Best Of che rinfocolasse gli entusiasmi dei nostalgici del Brit Pop e l’annuncio di una serie di date live che hanno visto sul palco di nuovo insieme Anderson e Butler. Immaginare una reunion diventa un lecito pensiero stupendo, e ne parliamo con Brett Anderson.
L´era dei Suede è terminata nel 2003, e questo Beat Of arriva a 7 anni di distanza da allora. Come mai avete aspettato tanto per pubblicarlo?
“In realtà appena ci siamo divisi abbiamo anche pubblicato una raccolta dei nostri singoli. Però questo disco è diverso”.
In che cosa?
“´Singles´ era una collezione dei nostri singoli, quindi la tracklist è stata una scelta obbligata; in questo caso, invece, ho curato io in prima persona la selezione dei brani da pubblicare”.
Che cosa rappresentano per voi le canzoni scelte?
“Sono quelle a cui teniamo di più, con cui abbiamo un particolare legame o che ci divertiamo di più a riascoltare. Secondo me rappresentano davvero il meglio che la band ha saputo dare negli anni”.
Quale di queste porta un bagaglio emotivo più importante rispetto alle altre?
“The Wild Ones (dall´album Dog Man Star del 1994, nda)”.
Come è tornare a suonare con Bernard Butler?
“Non c´è stata ancora occasione di suonare insieme”.
Però vi siete ritrovati in studio a scegliere le canzoni …
“Mi sono occupato io della selezione della tracklist per il Best Of, però con Bernard abbiamo condiviso un momento piacevole in studio a riascoltare le nostre vecchie registrazioni. È stato emozionante”.
Le canzoni con gli anni si ascoltano con un orecchio differente, soprattutto dopo le rimasterizzazioni, quando lo avete fatto le avete trovate arricchite oggi?
“Sì, suonano molto meglio oggi. La tecnologia ha coperto quello che un tempo non era possibile fare”.
La domanda è d´obbligo: siete al lavoro su nuovo materiale?
“No”.
No senza possibilità di appello?
“Non so, per ora è no”.
Non c´è mai stato un momento, in questi anni, in cui si è pentito di aver sciolto gli Suede?
“No, mai”.
Quindi non è mai stato tentato dal tornare sui propri passi?
“No. Se lo abbiamo fatto è solo perché ce lo hanno chiesto”.
Negli anni ´90 la scena britannica ci ha dato il Brit Pop; oggi nota per caso un movimento analogo?
“No. Ci sono solo degli individui, non dei movimenti di un certo spessore esportabili oltre Manica”.
Pensa sia una conseguenza dei tempi o c´è un discorso di aridità creativa più profondo?
“Dagli anni ´90 ad oggi sono cambiate molte cose, sia a livello di gusto musicale che di possibilità e tecnologie. È un contesto completamente diverso. E poi c´è questa fretta di arrivare, questa necessità di avere uno spazio in pagina prima di tutti; forse è controproducente, se l´idea è quella di una carriera prolungata”.
Per voi non è stato così, negli anni ´90.
“No, per niente. Abbiamo fatto una gavetta lunghissima, per noi già arrivare ad avere un contratto discografico era un sogno, venendo da piccoli concerti nei locali. Tutto il resto è stato un di più. Oggi invece se non c´è questo extra è come se non si fosse ancora arrivati abbastanza, e reggere questi ritmi con una base creativa valida è davvero duro”.
In bocca al lupo alle nuove generazioni, insomma. Sinceramente vostro, Brett Anderson – uno che con la storia degli Suede non ha davvero niente da dover dimostrare a nessuno.
web: www.suede.co.uk
Elisa Bellintani
(23 gennaio 2011) |