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 MY CHEMICAL ROMANCE
MY CHEMICAL ROMANCE IN TECHNICOLOR
IN TECHNICOLOR

California, 2019. Il mondo non è più quello che conosciamo, l’apocalisse del 2012 ha portato fuochi e distruzione che solo la Better Living Industries è riuscita a domare, acquisendo così il controllo del pianeta; una forma di controllo capillare che ha cancellato emozioni, colori ed entusiasmo rendendo la Terra un posto sterile nella sua insensata routine. Solo un manipolo di ribelli si oppone all’appiattimento e alla santificazione del monocromatismo combattendo in prima linea per riportare le differenze oltre la soglia minima di sopravvivenza; sono i Killjoys: Party Poison, Jet Star, Fun Ghoul e Kobra Kid - che tutti conoscerete meglio con i nomi di Gerard Way, Ray Toro, Frank Iero e Mikey Way - capitanati da Dr Death Defying, DJ della radio pirata che sostiene la lotta alla BL/ind attraverso l’arte. Se arrivati a questo punto la cosa vi intriga, benvenuti nel nuovo mondo creato dai My Chemical Romance per “Danger Days: The True Lives Of The Fabulous Killjoys”, quarto album della formazione americana che, nel 2006, aveva pubblicato l’acclamato “The Black Parade”, considerato uno dei capolavori del movimento emo.

E “Danger Days” si pone proprio come una volontaria rottura nei confronti sia di “The Black Parade”, considerato dagli stessi My Chemical Romance troppo scuro (“Penso che nessuno della band fosse più lo stesso”, ha raccontato Gerard, “Sembravamo un gruppo di esausti ragazzi in nero”), che dell´etichetta ´emo´, maltollerata e mai veramente accettata da Gerard e dai suoi. “È stato divertente ma estenuante: dovevamo far rivivere ogni sera un album oscuro, ai live. L´album era interpretato così male che mi sembrava che tutto quello che facessi fosse difendermi o scusarmi per qualcosa… Parlare per quei ragazzi che erano vittime di crimini basati sull´odio. Niente di tutto ciò aveva a che fare con la musica”.

Peraltro i 4 membri del gruppo stavano crescendo: arrivati alla soglia dei 30 anni, erano tutti sposati o in procinto di farlo. Aveva ancora senso continuare il percorso tracciato da “The Black Parade”, per quanto apprezzato e con un indiscutibile valore intrinseco? Mikey Way, bassista e fratello di Gerard, durante il Black Parade Tour era arrivato a sviluppare problemi di ansia: “Avevamo tutti bisogno di normalizzarci e tornare ad essere esseri umani; abbiamo tutti imparato che è giusto godere delle cose. Si può sorridere, ci si può divertire e non essere così disfattisti”.

La trasformazione – o meglio, la riappropriazione della propria identità – passa anche per la crisi creativa; continua Mikey: “Continuavamo a ripeterci che ci saremmo divertiti, ma non avevamo capito che non c´era proprio niente di divertente”. L´idea di rientrare in studio di registrazione con il paletto di comporre un album che fosse diametralmente opposto a “The Black Parade” era una forzatura limitante, che imbrigliava l´estro dei My Chemical Romance facendoli avvitare su se stessi. “Facevamo finta, in realtà”, spiega il chitarrista Ray Toro. Le cose si sbloccano nel corso di una vacanza di Gerard nel deserto dietro Los Angeles; la vista di una natura così sterile e primigenia che aggrediva silenziosa la metropoli che pullula di vita gli ha fatto venire in mente scenari apocalittici, e gli ha fatto tornare la scintilla. “Ho formato la band dopo l´11 Settembre e in quel momento odiavo l´arte. ´The Black Parade´ parlava di nascondersi e di punizioni. Non riuscivo a dire la verità e per questo parlavo di cancro. Dovevo mettermi una maschera per mostrare alla gente chi ero veramente. Ma era giunto il momento di prendere posizione, di essere quello che ero prima di formare i MCR. E avevo una canzone in tasca… faceva Na Na Na”.

Le cose sono state chiare fin da subito anche agli ascoltatori meno attenti: il primo singolo Na Na Na aveva un sound completamente nuovo, inaspettato, esuberante; “Questa canzone ha rappresentato per noi una specie di bomba a chiodi”, continua Gerard, “Un´esplosione di tutto quello che il gruppo ha trattenuto dentro per anni”. Ambientato nel deserto della California, Na Na Na prende ispirazione dai B-movie sci-fi, Tarantino, Mad Max e da una saturazione di colori post-futuristica; tra personaggi improbabili in calzamaglia e pattini, maschere e pistole laser, inseguimenti adrenalinici e sparatorie dagli esiti imprevisti, al centro di tutto c´è un bambino – l´innocenza da salvare contro l´omologazione della BL/ind.

Art is the weapon”, l´arte è l´arma da usare contro il Dio denaro e le corporazioni, è il messaggio che i MCR vogliono passare. E “Danger Days” è difatti pieno di riferimenti artistici e di influenze tanto da creare quasi una cosmogonia completa; “È stato come essere tornati dalla guerra. È diventato tutto un progetto d´arte ed eravamo tutti coinvolti”, ricorda Frank Iero. “La cosa che continuavamo a ripeterci era: dobbiamo riprenderci i colori”. Il video del secondo singolo Sing è il prosieguo della narrazione iniziata da Na Na Na, con altrettante impennate di emozioni e di rimandi, ed il finale aperto lascia spazio ad una continuazione di quello che, a tutti gli effetti, potrebbe benissimo essere un film (e di gran lunga migliore di certe produzioni cinematografiche), con Gerard che si è cimentato nella regia dei clip. ”Dal punto di vista sonoro cercavamo di fare roba da futuro”, dice Mikey. “Ci siamo immaginati la California in un post-apocalittico 2019, e tutte le canzoni dell´album trovano spazio in quella cornice. I Killjoys sono i ragazzi, gli artisti, tutti possono esserlo. Questo è un grande progetto di arte pop”.

Un grande progetto come “Danger Days” merita una chiacchierata con uno dei suoi propulsori. Lo facciamo proprio con Mikey Way.

Sono passati 4 anni dalla pubblicazione di “The Black Parade”. Come avete vissuto voi questo passaggio verso “Danger Days”?
“La sensazione che avevamo tutti e quattro addosso era quella di aver lavorato troppo. Abbiamo inscenato uno spettacolo che è piaciuto alla gente e che, almeno inizialmente, piaceva anche a noi, però avevamo smesso di vivere; dovevamo tornare a farlo. 7 anni passati tra tour bus, backstage, studi di registrazione e facce e posti sempre nuovi danno alla testa; ci sentivamo scollati dalle persone che frequentavamo quando ancora non eravamo famosi, e anche da noi stessi. Se ci ripenso mi sembra una follia”.

Non eravate preparati a gestire un tale carico di stress?
“Non lo so, ma quando arrivi al punto che l´unico contatto che riesci a mantenere con la tua realtà te lo dà il telefono, allora c´è qualcosa che non funziona. Se il telefono continua a suonare e tu a rispondere e non hai un attimo di tempo per dire: mi siedo e prendo una birra, allora non c´è training che tenga. Ti senti fuori posto e fuori controllo per forza di cose”.

Il fatto che “The Black Parade” fosse stato tanto ´mitizzato´ non vi ha reso le cose facili, suppongo.
“In un certo senso è così. Intendo, siamo noi i primi ad essere rimasti stupiti dal successo riscosso da quel disco, non ce lo aspettavamo; siamo orgogliosi dell´album, dei video, di come è stato recepito, è incredibile quanta gente abbia trovato una connessione con la nostra musica e con quelle canzoni. Però inevitabilmente qualche tempo fa ci siamo guardati negli occhi e ci siamo detti: ´e adesso?´”.

E adesso c´è “Danger Days”, che evidentemente sovverte le carte in tavola per i MCR. Lo avete sempre percepito come un album di rottura?
“Non da subito, o meglio, è composto da materiale nuovo e da materiale che avevamo già suonato ma che abbiamo deciso di rimaneggiare perché non ci soddisfaceva. Eravamo già entrati in studio con Brendan O´Brien ma quello che avevamo composto era normale, banale. Non eravamo soddisfatti di noi. Poi c´è stata l´illuminazione di Na Na Na e da lì tutto è venuto in maniera naturale. Siamo tornati a lavorare con Rob Cavallo. Canzoni come Party Poison o Bulletproof Heart le abbiamo riprese in mano e sovvertite, e improvvisamente prendevano un nuovo senso. Non ci siamo nemmeno resi conto di stare rivoluzionando l´essenza dei MCR. È successo e basta, e solo a disco finito ci siamo accorti che questa roba scottava”.

Un vero e proprio statement di ribellione, quindi?
“Ribellione contro noi stessi, principalmente, e contro l´essere tristi e chiusi. Sentivamo il bisogno urgente di fare qualcosa di divertente ed energetico, di cool. In questo senso è ormai chiaro: ´Danger Days´ è soprattutto una ribellione al mondo di ´The Black Parade´”.

Certo alcuni fan, soprattutto quelli più legati a “The Black Parade”, potrebbero non ritrovarcisi…
“Può essere. Ma se riuscissero a cogliere lo sforzo e la grandezza della sfida sono convinto che non potranno che amarlo”.

E quelli che inevitabilmente vi associano al movimento ´emo´?
“Non ci è mai piaciuto il concetto di etichetta, mai. Noi stessi cerchiamo di rifuggire continuamente alle facili definizioni. Che un gruppo di persone ben delineato anche dal punto di vista estetico si sia ritrovato nella nostra musica va bene, ma che pretenda l´esclusiva o che qualcuno pensi che noi siamo solo questo non ci è mai stato bene”.

La sfida è stata anche riuscire a creare un sistema di senso compiuto in appena 15 tracce, no?
“Sì, ma Gerard è una persona molto creativa e la sua testa gira veloce, per cui non è stato tanto complicato una volta avuto l´input giusto. Abbiamo scritto più di 30 canzoni e alla fine abbiamo dovuto sceglierne la metà da registrare. Come nel sistema evolutivo, solo le più adatte alla sopravvivenza sono resistite”.

E quelle soppresse?
“Non avevano ragion d´essere in questo contesto. Non so cosa ne faremo. Cercavamo canzoni dirette, forti come un pugno e ambiziose; non capita spesso arrivare alla fine di un disco e rendersi conto che ogni traccia rispetta questa tua aspettativa”.

Quello che le accomuna è il fatto di essere molto aggressive ma allo stesso tempo ´facili´, con degli hook di immediata presa. È stato difficile riuscire a far coesistere questi due aspetti?
“Volevamo che il disco fosse assolutamente equilibrato, in questo senso. Le canzoni dovevano essere veloci e allo stesso tempo piene di significato, che le parole e la musica si muovessero insieme, e servivano dei ritornelli pratici e facili. Essendo un disco che consideriamo pieno di vitalità e di emozione non doveva rimanere stagnante ma muoversi rapido e non lasciare respiro”.

Il titolo dell´album è composto di due parti: come si legano Danger Days e i Killjoys?
“I Killjoys sono i mitici protagonisti della Resistenza, e Danger Days sono i giorni che vive la California nel 2019, quando tutto sembra essere perduto”.

I Killjoys chi sono? Siete voi?
“Siamo noi ma potrebbe benissimo essere uno qualunque di voi. Killjoy è chiunque faccia parte di una banda di amici sovversivi che sceglie di lottare contro una corporazione, che nel nostro caso è il music business; non vogliamo distruggerlo, la nostra intenzione non è il suo annichilimento, ma ricordare che ci si può divertire e prendere le cose meno seriamente”.

Il video di Na Na Na e quello di Sing sono molto cinematografici, ed essi stessi pieni di citazioni e riferimenti. La parte visual è un supporto alla musica o ne fa indissolubilmente parte?
“In quanto musicisti ci sentiamo influenzati dal mondo del cinema, nello studio abbiamo uno schermo gigante che proietta continuamente film e cose ed è inevitabile che questi input arrivano a formare uno stimolo per la musica che suoniamo. Non si capisce più qual è il contesto e quale il pretesto. Nei video cerchiamo di riprodurre questa connessione e ci auguriamo che qualcuno ci guardi e provi lo stesso senso di ispirazione che abbiamo avuto noi con altri”.

Qual è la canzone di cui andate più orgogliosi?
“Non solo di questo album ma di tutta la nostra carriera: The Kids From Yesterday. È nostalgica e sobria, è come Teenagers ma più adulta; in pratica dice che crescer vuol dire diventare più saggi, ed è una delle cose più belle che abbiamo potuto imparare”.

Ascoltando “Danger Days” ho avuto come l´impressione che tutti i tasselli cadessero al proprio posto. Avete avuto questa sensazione anche voi?
“Riascoltandolo, sì. Finalmente tutto sembra funzionare, e noi siamo i migliori MCR che sono mai esistiti. ´Danger Days´ è davvero il nostro disco definitivo”.

web: www.mychemicalromance.com

Elisa Bellintani
(13 gennaio 2010)

 TUTTO SU MY CHEMICAL ROMANCE

2010
Danger Days: The True Lives of the Fabulous Killjoys

2006
The Black Parade

2004
Three Cheers for Sweet Revenge

2002
I Brought You My Bullets, You Brought Me Your Love
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