Vent´anni di carriera, due decadi passate ai livelli più alti della scena musicale italiana, i Marlene Kuntz rappresentano un raro caso di percorso musicale solido e ben radicato, che nonostante i cambiamenti di mercato e di gusto popolare è riuscito a sopravvivere mantenendo intatta la propria identità. Abbiamo parlato con Cristiano Godano, storico cantante e leader della band, dell´ottavo album di inediti “Ricoveri virtuali e sexy solitudini”.
Questo nuovo lavoro arriva a tre anni dal precedente “Uno”: come mai un´attesa così lunga?
“In realtà il disco era già finito nel dicembre del 2009, però abbiamo preferito aspettare a pubblicarlo. Il fatto è che volevamo suonare ancora un po´, in questi anni abbiamo fatto molti tipi di concerti diversi, in acustico e in elettrico, nei teatri, nelle piazze, nei palazzetti. Dopo essere stati tanto presenti abbiamo anche ritenuto che fosse opportuno togliersi un po´ di mezzo, lasciare che si creasse un po´ di attesa e di voglia nel nostro pubblico. Come si dice, il troppo stroppia”.
Che differenza c´è, secondo te, fra “Ricoveri virtuali” e gli altri dischi che avete fatto?
“Beh, di sicuro ha un approccio diverso. Con ´Uno´ abbiamo cercato di andare all´essenza della musica, volevamo fottercene di diversi parametri e di quello ci si può aspettare o meno da noi, realizzare consapevolmente un disco più vicino ai nostri ascolti. ´Ricoveri virtuali” è invece volutamente rock per un po´ di motivi: l´ultima serie di concerti che abbiamo fatto è stata improntata in maniera molto rock ed eravamo molto contenti di come suonavamo e sentivamo la nostra musica, volevamo insomma fotografare quel momento; il nostro desiderio era poi di smentire alcune cattiverie e una serie di voci sgradevoli che girano su di noi”.
Che cosa intendi?
“Mi riferisco a quelli che dicono che siamo bolliti e vecchi, alle persone che prendono ancora ´Catartica´ come unico punto di riferimento. Per carità, è un ottimo disco e non rinneghiamo certo il nostro passato, ma abbiamo fatto altri 6 album di cui siamo felicissimi e quando sento certe cose mi sento francamente un po´ preso per il culo. A questo punto non so se la realtà sia anche che alimentiamo una certa invidia o che molta gente non voglia stare a capire il nostro percorso artistico, la ricerca e la passione che mettiamo nella nostra musica: credo che nei testi si respiri questa disillusione, volevo sfogarmi e se possibile accendere un po´ di fuochi”.
Direi che sia un´atmosfera che si delinei già dalla traccia di apertura, Ricovero virtuale.
“In quel caso, mentre scrivevo, ero mosso soprattutto da un moto di fastidio per quello che sta accadendo alla musica. Ci tengo a chiarire però che non sono contro il progresso, perché la spinta a progredire fa parte della natura umana, e credo che Internet sia una cosa bellissima anche se genera diversi problemi. A parte il gesto di scaricare e il fatto che non si vendono più dischi, il fatto è che la musica viene troppo spesso liquidata con leggerezza dopo nemmeno un ascolto e le persone nei forum lanciano accuse e cattiverie con una grandissima insensibilità. Bisognerebbe fermarsi di più a pensare che dietro un disco non c´è solo del lavoro ma anche della passione, ci stiamo disaffezionando ad ogni cosa, siamo bombardati da talmente tante cose che ci stiamo inaridendo”.
Questo è un tema che, anche se in modo diverso, viene affrontato anche nel primo singolo estratto dall´album, Paolo anima salva.
“Sostanzialmente sì: è la situazione virtuale che diventa anche reale, perché questo modo di vedere ha finito per infettare anche il contesto sociale. Anche al di fuori della musica il senso della verticalità è sempre meno presente, la nostra attenzione è rivolta al tutto e nulla viene approfondito, nemmeno i rapporti personali”.
A questo punto però c´è una cosa che non ho capito: “Ricoveri virtuali...” è un concept album?
“No, non lo è, anche se affronta alcune tematiche molto chiare. Non lo è anche perché, a rigor di logica, per come vanno le cose di questi tempi l´impiego di energie mentali e di tempo per realizzare una cosa complessa come un concept album non conviene più: perché, come artista, dovrei spendere 7 o 8 mesi della mia vita per fare una cosa che finisce poi per essere scaricata gratis, o di cui nel caso migliore viene acquistato solamente il singolo o alcune canzoni? Una volta acquistare un album voleva anche dire gustarsi le immagini, maneggiare l´oggetto, con il digitale non c´è nemmeno più la possibilità di ampliare la musica con discorso estetico e culturale legato al libretto”.
Visto che hai tirato in ballo il libretto... Perché avete scelto l´Islanda per realizzare il servizio fotografico per l´album?
“Tutto è nato dalla nostra amicizia con i Masbedo, due artisti milanesi con cui abbiamo intrapreso un percorso di collaborazione: abbiamo creato qualche pezzo appositamente per le loro produzioni, e ora abbiamo scelto di fargli realizzare un cortometraggio che verrà presentato al Torino Film Festival, un percorso concettuale che si snoda su 4 brani dell´album ma che sarà poi anche divisibile perché ogni sua parte possa essere fruita come un video musicale a sé stante. L´idea dell´Islanda è nata dal fatto che loro hanno lavorato molto là, e conoscono molto bene sia i luoghi sia – molto banalmente – la buracrazia locale, quindi sanno come muoversi per ottene permessi e altro”.
Un´ultima cosa: nei crediti ho notato che citate anche Samuele Bersani. Che ruolo ha avuto?
“Samuele è un amico ed un´ottima persona, era doveroso ringraziarlo. E´ amico dei Masbedo, e si trovava in vacanza in Islanda mentre eravamo là anche noi, così è passato sul set e ha dato anche una mano nelle riprese. Era doveroso ringraziarlo”.
web: www.marlenekuntz.com
Alberto Lepri
(04 gennaio 2011) |