Difficilmente si potrebbe immaginare un posto migliore del Rock ´n´ Roll di Milano per incontrare i Gaslight Anthem: le pareti ricoperte di cimeli rock, le centinaia di immagini ritagliate dalle riviste che ricoprono la superficie dei tavoli. “Ah, Chris Cornell non sembra molto in forma al giorno d´oggi... Lo preferivo quando aveva i capelli lunghi”: così inizia la nostra conversazione con Brian Fallon, voce e penna di quella che da molti è considerata la band dell´anno, e il chitarrista Alex Rosamilia. Acqua naturale per il primo e una pinta di birra per il secondo, iniziamo a parlare dell´ultimo straordinario “American Slang” sotto lo sguardo di Bruce Sprinsteen, diventato ormai per tutti il ´padrino´ della band del New Jersey, che ci scruta da una fotografia appesa alla parete.
Ovviamente siamo qui per parlare del vostro ultimo album, “American Slang”. Mi piacerebbe sapere, anche se molto è già stato detto e scritto, qualcosa sul processo di scrittura: come avete ottenuto un risultato così compatto e a fuoco?
Brian “Penso che sia dovuto al fatto che questo disco lo abbiamo scritto tutto in una volta. Per i nostri lavori precedenti di solito iniziavo a scrivere le canzoni da registrare l´anno successivo durante la pausa natalizia: quando abbiamo fatto ´The 59 Sound´ avevamo alcune canzoni, per esempio Great Expectations e The 59 Sound e poche altre, e poi tanti altri frammenti di canzoni su cui lavorare e da mettere assieme; per ´American Slang´ invece siamo entrati in studio con le canzoni praticamente pronte, dovevamo solo suonarle finché non suonassero come una canzone finita. Le abbiamo scritte tutte tra novembre dell´anno scorso e gennaio di quest´anno, direi, e credo sia per questo che suona così coeso e lineare come album”.
Questo disco è stato presentato come un grande passo avanti per voi, e ho letto da qualche parte che questo è l´album che secondo voi rappresenta di più il vostro suono: come credete di aver raggiunto questo livello di consapevolezza della vostra musica?
Brian “Credo che per questo sia bastato essere nella band ogni giorno, per cinque anni. E´ come quando sei ragazzino e inizi a provare cose diverse, anche a scuola, e magari un giorno diventi metallaro, e poi provi ad essere un po´ più punk e ti fai i capelli con la cresta, ma ad un certo punto provi a capire cosa sei veramente: con la band abbiamo provato tante cose diverse negli anni, e alla fine forse siamo riusciti a trovare un suono che ci rappresenti. E´ un processo che evolve in ogni disco, di volta in volta scopri qualcosa di più di quello che sei e di cosa sei capace, forse nel prossimo disco il nostro suono sarà ancora più definito. Un esempio perfetto di questo percorso sono i Rolling Stones: quando hanno iniziato erano praticamente come tutte altre band che ammiravano e col tempo hanno formato un proprio sound, finché ora quando senti una loro canzone ti accorgi subito che è dei Rolling Stones!”.
Visto che hai tirato in ballo gli Stones, mi piacerebbe sapere che cos´è stato ad ispirarvi per trovare il vostro suono, e quali sono state le influenze maggiori per “American Slang”?
Alex “Io personalmente mi sono immerso in maniera pesante nelle prime cose degli Stones, i Fleetwood Mac quando c´era ancora Peter Green, cose del genere... Le ho ascoltate veramente tanto, troppe volte! E poi le prime cose di Clapton e anche i Beach House, che sono cose completamente diverse, anche se credo che nel disco si senta l´influenza di entrambe, soprattutto lo stile di Peter Green. Ho ascoltato tantissimo blues rock, molto più di prima: erano cose che suonavo quando ho iniziato a prendere in mano la chitarra le prime volte e poi me ne ero completamente dimenticato, almeno fino ad un paio di anni fa”.
Brian “Beh, io volevo cercare di creare un misto fra i Rolling Stones e i Clash...! Comunque è una cosa che è successa a livello di band, ci siamo proprio detti ´ok, proviamo a staccarci da quello che facevamo prima e proviamo qualcosa di nuovo´: forse in questo c´è un po´ di spirito di ribellione, il non voler suonare come tante band che vengono dal New Jersey, dalla musica con cui siamo cresciuti; poi però ad un certo punto realizzi che quello è ciò che sei, anche se vuoi ancora cercare di scapparne. Sai, mi ricordo di quando i Nirvana sono diventati veramente famosi e si rifiutavano si suonare Smells Like Teen Spirit, e la gente si chiedeva il perché... Credo si tratti dello stesso desiderio di non voler rimanere legati a quello per cui la gente ti riconosce, ma ad un certo punto realizzi che quella cosa è speciale perché l´hai fatta tu e nessun altro riuscirebbe a farla uguale. E´ strano: adesso mi sento molto più sicuro di quello che sono, e non mi importa più tanto di qual´è il nostro sound o di quello che dicono le persone; per noi fare ´American Slang´ è stato difficile perché con questo disco volevamo affermarci come band, eravamo consci del fatto che molte persone che non ci conoscevano l´avrebbero sentito, perché nessun nostro album ha mai avuto tanta promozione e tanta visibilità, e doveva essere per forza una cosa fantastica. Ora mi sento so che dobbiamo fare quello che ci piace veramente e non preoccuparci troppo di quello che dicono gli altri”.
A proposito di quello che dicono gli altri del confronto con altre band, non posso non farvi una domanda scomoda. Da quando siete usciti tutti vi accostano di continuo a Bruce Springsteen, nel modo di scrivere e nel tuo modo di cantare, la sua ombra si staglia di continuo sulla vostra musica. Vi pesa questa cosa?
Alex “Beh, è una buona ombra sotto cui stare!”.
Brian “E´ stato molto difficile per me, devo dirtelo: io non voglio essere Bruce Springsteen, voglio essere me stesso, voglio essere Brian Fallon. Ma ora vedo la cosa in modo diverso, non mi interessa più di tanto, ora: sai cosa? Quando Bruce Springsteen andrà in pensione, io sarò Bruce Springsteen! Come suona così? Per un periodo è stata una cosa da cui volevo fuggire, dicevo ´ancora la cosa di Springsteen? Basta! Ascoltiamo cose diverse, ascoltiamo i Clash e tante altre cose´, e mi arrabbiavo, soprattutto con la stampa. Ho smesso persino di ascoltare Bruce per almeno un anno, perché ero così confuso e mi chiedevo perché le persone continuassero ad associarci a lui... Voglio dire: noi non abbiamo un sassofono, non abbiamo quel sound; non riuscivo a capire, veramente. Poi però ho iniziato a pensare che sinceramente quello è ciò che amo, e se ci pensi le cose stanno così: (rivolto ad Alex) dimmi una cosa, sinceramente... Quando sei sul palco, o quando scrivi una canzone, non c´è forse una piccola parte di te che in qualche modo cerca di fare finta che tu sia nei Cure?”.
Alex “Tutto il tempo!”.
Brian “Ecco, perché quella è la sua band preferita! E il mio artista preferito è Bruce! Combiniamo queste due cose e il risultato deve essere differente, per forza. Vedi, lì c´è una foto di Bruce, e quando la guardo capisco molte cose, perché è quello da cui vengo: assomiglia a mio padre, assomiglia a me o al mio migliore amico, assomiglia alla mia casa, è ciò che siamo e da dove veniamo, e mi va benissimo; non siamo come Mick e Keith, non beviamo e non ci droghiamo, siamo più come lui. Alla fine quello che conta è essere il migliore in quello che sai fare, e il fatto che a lui piaccia la nostra band è straordinario. La gente dice che assomigliamo a Bruce Springsteen? D´accordo, allora dobbiamo cercare di essere bravi almeno quanto lui. Quando andrà in pensione, noi saremo lì al suo posto. Nella storia dei grandi cantautori rock americani ci sono stati Elvis Presley, poi Johnny Cash, poi Bob Dylan e poi Bruce: non c´è stato nessuno dopo di lui a prendere in mano quello scettro, e quindi se nessuno se lo prenderà me lo prenderò io. Meglio per me! Credo sia una cosa buona. Veramente, questa cosa mi ha ferito nei sentimenti, come artista, come se non fossi nulla se non in confronto a lui, e credo di non essere riuscito a farci pace fino ad una notte di un paio di mesi fa, quando mi trovavo su un autobus e alla radio passavano dei vecchi dischi di Springsteen e ho pensato ´ok, questa è la cosa che mi ispira di più´... Se chiedi a Slash a chi si ispira probabilmente ti dirà che per tutta la vita ha cercato essere come qualcuno; o per esempio Bob Dylan ha persino detto in un libro che avrebbe voluto essere Woody Guthrie; anche Bruce ha detto che voleva essere Van Morrison o Elvis, ha persino scritto una canzone intitolata I Think I´m Turning Into Elvis, e se guardi quella foto lui ha una spilletta con scritto “Fan Club di Elvis n°1”, e l´ha messa in quella foto di proposito per fare sapere a tutti di essere un fan di Elvis! Credo che ogni artista sia prima di tutto un fan. Io non so chi sia Brian Fallon dei Gaslight Anthem, non mi importa: io sono il Brian Fallon che sta in New Jersey e va al pub con gli amici, non sono una rockstar e nemmeno se lo fossi riuscirei ad esserlo nella mia testa... Sono un fan di Bruce, è vero, quindi preferisco essere come lui, che non è la persona famosa che dice ´guarda come sono famoso´, è un tipo a posto. Sinceramente, crescendo credo di aver puntato ad essere un po´ come Bruce Springsteen e Joe Strummer mischiati assieme”.
Alex “Nemmeno io riuscirei a vederla da quel punto di vista. Dopo i concerti arrivano dei ragazzi che si fanno foto con me o vogliono l´autografo, e io sono lì tipo ´calmatevi ragazzi, non sono così figo´, sono una persona normale. Ma credo comunque che se incontrassi Robert Smith mi tremerebbe la mano!”.
Brian “Io sono nato a quattro isolati di distanza dalla via che ha dato il nome alla sua band. Ogni cosa che loro hanno visto io l´ho vista trent´anni dopo: è normale, se prendessi due ragazzi cresciuti nella stessa città in Italia anche loro si assomiglierebbero; e se fossero entrambi musicisti e si fossero formati ascoltando le stesse cose suonerebbero anche simili. Fa parte di quello che sei, e non è una cosa che puoi controllare. E per fortuna che almeno gli piaccio! Sarebbe stato anche peggio se avesse detto ´mi stai imitando, smettila´, invece ha persino detto che sentirci gli è stato di ispirazione nel fare la sua musica”.
Tornando a parlare del disco e di come “American Slang” abbia segnato una svolta nel vostro sound, questo cambiamento è stato dovuto anche al passaggio da chitarre Fender a Gibson e dall´utilizzo di amplificatori testata e cassa anziché combo. Perché questa scelta?
Brian “Non saprei, credo solo che andasse bene per il disco, giusto?”.
Alex “Giusto. Le cose che ascoltavamo quando stavamo registrando ´The 59 Sound´ coinvolgevano molto chitarre Telecaster, bassi Jazzmaster e amplificatori combo, ma quello che ascoltavamo nel fare ´American Slang´ aveva questo suono massiccio che, senza offendere Fender, lo puoi ottenere solo con degli amplificatori testata e cassa e con delle chitarre Gibson. Poi ho comprato una Les Paul a Tokyo, e credo sia iniziato tutto così...”.
Brian “La cosa divertente è che mentre lui usa tre amplificatori dal vivo io ne uso ancora solo uno, che è la cosa più piccola che abbia mai visto, con un cono solo!”.
Alex “No, dal vivo ne uso solo due, dai...”
Brian “Sii onesto, a casa ne hai almeno tre!”.
Alex “Beh... 4, direi”.
Brian “Più che Gibson comunque nell´ultimo periodo ho iniziato a usare molte chitarre Nash, una marca americana che riproduce quello che faceva Fender negli anni ´50, con lo stile tipico di quel periodo, e il nostro suono è un po´ quello unito a quello Gibson. Credo di essere tornato un po´ indietro verso le origini...”.
Alex “Che è poi quello che ho fatto anche io: all´inizio usavo una Gibson SG”.
Ora che l´album è fuori da qualche mese e ha avuto tanta risonanza, come lo vedete, guardandolo in prospettiva? Siete soddisfatti, o avete qualche rimpianto?
Brian “Sono felice del disco, ovviamente, ma ora la mia mentre è concentrata su cosa faremo la prossima volta. L´ho riascoltato dall´inizio alla fine appena una settimana fa, era un po´ che non lo facevo, e ho pensato che fosse fantastico, ero quasi sorpreso da quanto fosse buono... Non pensavo fosse così buono, da come me lo ricordavo!”.
Alex “Sono molto orgoglioso di com´è venuto. Tutti volevamo fare qualcosa che fosse veramente cool e che rappresentasse il meglio di quello che possiamo fare ora, e sono praticamente certo che ci siamo riusciti. Ovviamente ci sono sempre cose che avresti voluto fare diversamente, ma non credo cambierei nulla. Personalmente è il mio disco preferito, tra quelli che abbiamo fatto”.
Hai citato il prossimo album: avete già delle idee, c´è già qualcosa da sapere? Sarà ancora così personale, come “American Slang”? Sarò prodotto nuovamente da Ted Hutt?
Brian “Beh, se dovessi dirlo ora mi piacerebbe lavorare ancora con Ted, mi piace molto. Il prossimo album credo sarà strano perché con questo disco ho scoperto molte cose di me e del mio modo di scrivere, e credo che il prossimo sarà altrettanto personale, anche se la musica sarà forse meno diretta e più dinamica, un po´ come in ´The 59 Sound´, ma più a fuoco. Credo che siamo dei compositori migliori ora e... Beh, molte nostre canzoni sono parole, parole, parole, senza degli intermezzi musicali: mi piacerebbe lasciare più spazio a lui e avere più parti musicali in cui esca di più questa sua vena blues. Non lo so, vedremo come funzionerà, ma credo sarà molto personale: ho imparato che bisogna parlare veramente col cuore, non puoi cercare di parlare di grandi storie, devi solo parlare”.
web: gaslightanthem.com
Alberto Lepri
(07 dicembre 2010) |