Sono un gruppo rock formatosi a Los Angeles nel 1996. La band è composto da Chester Bennington (voce), Mike Shinoda (voce, tastiera e chitarra), Dave Farrell (basso), Brad Delson (chitarra), Rob Bourdon (batteria) e Joe Hahn (disc jockey). Hanno segnato in maniera indelebile un´epoca importante delle scena rock, quella nu metal, vendendo nel mondo oltre 60 milioni di dischi. Un processo creativo che ha iniziato a subire delle svolte stiliste con il precedente lavoro “Minutes To Midnight” (2007).
Cosa contraddistingue la band? Varietà e unicità sono le caratteristiche principali, in quanto il gruppo è riuscito a fondere, in modo dinamico, metal e hip hop, con incursioni di suoni elettronici. Il tutto è miscelato con spontaneità e immediatezza. Le loro radici stanno sì nel rap e nel metal, ma non solo, in loro vi è una grande contaminazione di generi diversi (anche pop e melodico) che li rende unici. Per chi fosse ancora scettico il consiglio è di ascoltare il primo CD, resterà stupito... I minuti di musica non sono tantissimi (nemmeno 40), ma molto intensi!
Altra cosa che differenzia i Linkin Park da molti altri gruppi nu-metal è la scelta di non utilizzare "explicit lyrics". Questo perché, come spiega Mike: "Volevamo qualcosa di più efficace, è stato una specie di esperimento: cercare di essere più ´puliti´ possibile ci ha costretto a spiegare in modo diverso le emozioni che stavamo provando. Con questo però, non vogliamo dire di essere contro chi usa termini forti per esprimere le proprie opinioni".
Il loro album di debutto "Hybrid Theory" (2000), prodotto da Don Gilmore, ha cambiato ogni cosa, lanciando la band verso una dimensione internazionale: complessivamente il set ha venduto 30 milioni di copie. A detta del gruppo questa teoria ibrida è legata alla loro passione per l´orticoltura, ma amano scherzare! In ogni caso questa definizione rende bene la loro tendenza alla contaminazione e molteplicità, non solo per quanto riguarda le sonorità, ma anche per quanto attiene alle emozioni che "hybrid theory" trasmette. Si fondono infatti sentimenti più aggressivi, accompagnati dall´immagine di un´America indifferente e da storie di violenza e sopraffazione verso la quale si rivolge la loro rabbia; nonché sensazioni più rilassanti e melodiche. Ciò che fa amare i LP, oltre a questi sentimenti di vicinanza con quanto raccontato nei loro brani, è lo stretto rapporto che intrattengono con i fan, in particolare attraverso Internet.
La struttura portante del gruppo è stata eretta e collaudata, giunti a questo punto era necessario mostrare la loro grande vena creativa, la capacità e il coraggio di osare, uscire dai tradizionali stereotipi, non ripetersi ma andare oltre, rischiando in prima persona, con la consapevolezza che alcuni sostenitori di lunga data si potrebbero sentire traditi, ma in eguale proporzione, spalancare la porta per accogliere nuovi fan.
Parlando del nuovo album, ecco cosa ha dichiarato la band: “Non abbiamo lavorato ad un album. Per mesi abbiamo distrutto e ricomposto la nostra band. Gli esperimenti che ne sono scaturiti hanno riempito l´hard disk dello studio di suoni astratti e diversi. Eco amorfe, sample cacofonici, staccati fatti a mano si sono mescolati ad una melodia incerta ed inafferrabile. Più che canzoni, erano allucinazioni. Non sapevamo se quelle idee, ben poco ortodosse, potessero essere incorporate in un album tradizionale, ma sapevamo per certo che non volevamo che il nuovo album fosse prevedibile. Ci siamo ritrovati nello stesso studio in cui abbiamo inciso il nostro primo album e tutti e 6 abbiamo espresso lo stesso desiderio di prenderci dei rischi, di fare qualcosa di veramente audace. Ci siamo chiesti se, molto onestamente, ora più che mai volessimo abbandonare le regole commerciali per ricercare quella che pensiamo sia arte, nel senso più puro del termine. I due anni che ci sono voluti per ´A Thousand Suns´ hanno reso il nostro viaggio verso l´ignoto creativo stimolante, surreale e spesso impegnativo. Il disco affronta un ciclo personale di orgoglio, distruzione e pentimento. Nella vita, come nei sogni, questa sequenza non sempre è lineare. A volte, il rimorso sincero si insinua nel ciclo di devastazione. La speranza, ovviamente, scaturisce dal concetto che la possibilità di cambiamento nasce dai nostri momenti più strazianti”.
“A Thousand Suns” è un viaggio nel sogno, con la doppia valenza che può assumere questa dimensione: pericolosa e delicata. A livello sonoro è un turbinio di fragile elettronica che prende svariate forme, si infuria con violenti riff per poi tornare verso livelli regoli. Liricamente, i due cantanti Chester Bennington e Mike Shinoda, sviluppano temi legati al passato, presente e futuro.
La perfetta porta d´ingresso per capire questa visione viscerale è il primo singolo estratto dal set The Catalyst.
“Realizzare questo disco è stata esperienza immersiva” ha affermato Phoenix (Dave "Phoenix" Farrell – bassista), che ha rivelato altri interessanti punti di vista sull´ultimo sigillo rilasciato dalla band californiana.
Come si percepisce l´evoluzione della band su “A Thousand Suns”?
“Questo è un grande punto interrogativo. Personalmente ritengo che il processo del nostro suono e l´idea di cambiarlo può venire solo da noi. L´obiettivo finale era di non ripetere noi stessi, cadere in questo vortice virtuoso. Personalmente posso dire che abbiamo centrato il bersaglio”.
Può essere interpretato come la naturale evoluzione da “Minutes to Midnight”?
“´Minutes to Midnight´ è stata una grande opportunità per noi, ci ha permesso di tirare fuori ciò che pensavamo suonasse come Linkin Park. Non ci siamo limitati, si è aperto un mondo dove non esistevano regole precise. Abbiamo realizzato quello che ci piaceva”.
Siete una formazione che racchiude personalità e stili unici, ma alla fine tutti convergono in un´unica visione coerente.
“Dal nostro esordio con ´Hybrid Theory´, l´obiettivo era di fondere questi suoni differenti in modi originali. Ora, il processo è proseguito, ma le influenze musicali e i riferimenti che stiamo disegnando prendono spunto da un bacino più ampio. Hai sei ragazzi che ascoltano un sacco di musica diversa e sono influenzati da luoghi diversi. Il nostro tentativo è di capire come possono stare tutti insieme, trovare la formula per il dosaggio perfetto. Lo spirito con cui affrontiamo questa sfida è lo stesso di dieci anni fa”.
The Catalyst è diverso da tutto quello che si sente là fuori?
“Questa affermazione mi rende felice. Per me l´ideale sarebbe evitare di essere etichettati con un genere di musica. Non ho questa mentalità, sono più rivolto verso un´apertura. In questo momento stiamo vivendo un fare veramente interessante, dove non siamo più imprigionati dentro uno stile, ma si parla di musica dei Linkin Park, perchè noi , io in particolare, non amiamo essere classificati”.
C´è una mentalità sconfinata in “A Thousand Suns”, ma c´è anche un filo. Ci puoi raccontare questa scelta?
“E´ un concetto che può essere applicato principalmente nella nostra epoca. Oggi i lavori sono molto condizionati dalle singole tracce, quindi i confini tra un brano e l´altro dell´album non sono delimitati. Oggi giorno ti guardi intorno, c´è molta curiosità, quindi ogni traccia ha un suo forte appeal. Alcune canzoni sono molto diverse. Ogni canzone tira l´album in una direzione diversa. Ma allo stesso tempo ci siamo sforzati per creare un disco che si possa ascoltare per intero e condividere questa esperienza tessendo un sottile filo che unisce le singole creazioni musicali. Ci rendiamo conto che è un grande sforzo "chiedere" questo ai nostri giorni”. L´album è attento a ciò che intenzionalmente un album doveva essere negli anni ´70 o ´80. L´intenzione era di creare 45 minuti di un mondo 3-D intenso. Non è un concept come ´Tommy´ dei The Who, ma ci sono concetti che hanno una linea comune”.
Varietà anche nella parte cantata. Come si è sviluppato questo processo?
“Chester e Mike hanno lavorato più da vicino per scrivere i testi e le melodie del disco, molto di più rispetto al passato. A un certo punto si ascoltano molte stratificazione nella voce sul disco, ci sono momenti in cui non si riconosce chi canta quella parte. Hanno fatto un grande sforzo per l´integrazione di melodie e liriche”.
Parlami di The Catalyst, è sereno e viscerale al tempo stesso.
“Una scelta diversa condivisa dalla band per il primo singolo estratto di un nuovo album. Non volevamo sederci su quelle cose che sappiamo fare. Quando abbiamo deciso il singolo di lancio, lo abbiamo fatto con nozione di causa, volevamo scegliere qualcosa che rappresentasse l´esperienza di viaggio del disco. The Catalyst è dove sta andando l´album”.
Qual è la storia dietro a The Messenger?
“E ´un brano dal profilo acustico. Chester ha fatto un´ottima performance vocale, una delle mie preferite che abbia mai fatto. La sua prestazione è piuttosto potente e commovente. Per l´intero album, si ottiene questa raffica di suoni e di informazione. E ´quasi analogo alla tecnologia e al mondo in cui viviamo. Questa sua dimensione spoglia a livello musicale, rende il brano più personale e profondo”.
web: www.linkinpark.com
Carlo Cassani
(12 novembre 2010) |