L’incontro con Nesli si è svolto nel bar davanti all’Università di Perugia (Facoltà di Lettere e Filosofia, per chi fosse interessato) dove l’ampia scelta di cioccolate calde ha mandato Francesco Tarducci completamente in estasi, facendo prendere all’intervista una “piega gustosissima”.
Avendo la “testa a scomparti”, come ha ammesso lui stesso, mentre faceva l’ardua scelta di prendere una crema allo zabaione, abbiamo cominciato a parlare e, per la prima volta, non sono stata io a fare una domanda, ma lui chiedendomi come stessi ed esprimendo il suo apprezzamento per l’ambiente universitario e il centro storico di Perugia, ma ritorniamo ai ruoli base e cominciamo a fare sul serio.
E com’è nato? La composizione dei brani, la scelta che hai operato tra vari brani magari…
“Guarda io le cose le faccio a casa da solo poi lavoro con altri due ragazzi che mi danno una mano a ´confezionare´ il tutto,diciamo, a renderle canzoni! Faccio tutto a casa: scrivo, suonicchio al piano, faccio le basi… Faccio questo tutto il giorno da un casino di tempo, quindi mi viene molto naturale!”.
Partendo dai testi, appunto… Il fatto che tu ti concentri su te stesso, ricordiamo “Ego” a questo proposito che è un viaggio attraverso la tua mente, perché la scelta di questi temi per uno stile che di solito non predilige cose così intimistiche?
“Perché io faccio musica secondo la mia personalità e non la personalità secondo la musica. È normale che poi metta in quello che scrivo, in quello che suono tutte quelle influenze che non sono proprie di quel cliché: è il genere che non dà cliché di base. Il fatto che ci sia una preponderanza di quel modo di farlo non significa che sia quello! Poi purtroppo in Italia è rappresentato solo da quello ma in America ad esempio il genere è rappresentato da tanti modi di farlo: da Jay Z a Kanye West, passando per Eminem sono tre visioni dello stesso genere! Là nessuno chiede a Kanye West perché sia diverso da Eminem: è normale che lo sia! Qua essendoci comunque una visione non così globale si dà per scontato che l’unico genere, all’interno dello stesso genere che debba rappresentarlo sia quello… Ma io sono l’unico esponente all’interno del genere a fare la ´mia´ cosa. Sono uno a cui non gliene frega nulla: se mi giudicano non mi fa altro che piacere. Non mi fa paura, anzi. Sono uno che non nasconde i difetti: sono la prima cosa che presento, così se vuoi continuare a ´stare con me´ è una liberissima scelta che fai tu. Sennò sto con chi mi ama e sono sereno, ecco, non sono un tipo tormentato. Se lo sono lo sono tra me e me, come un tasto che decido di attivare quando mi serve, ma solo per quanto riguarda me”.
Dal 1999 ad oggi è stato decisamente un bel film che lascia tutti senza parole però che parole useresti per definire questo percorso che ti ha portato fin qui?
“Unico. Lo dico spesso: me ne accorgo quando mi guardo indietro! Quanto bizzarro è il mio cammino? Nel senso: è irriproducibile! A tavolino sarebbe impossibile mettersi a riorganizzarlo: è molto naturale, del resto ho sempre fatto quello che volevo fare rispetto alla musica che facevo, in nome di una serenità mia. Quando non ero sereno e felice facevo cose un po’ tormentate, ma anche quello andava bene: non ho mai avuto il problema di non presentare una cosa se non era perfetta, perché mi piace che la gente possa vedere la mia evoluzione, mi piace che sia testimoniata da materiale d’archivio, dai dischi. Mi piace sentire quasi la voce di un bambino, mentre invece c’è gente che dice ‘non lo faccio finché non è perfetto!’. La perfezione non esiste e non mi piace neanche immaginarla, quindi…”.
Infatti, prendendo i testi di La fine e di L’amore è qui sembra quasi che la spinta nichilista che c’era ne La fine sia stata superata…
“Sì, più che il senso di non credere in nulla era qualcos´altro… La fine nasce come fine: quella era la fine di un periodo tormentato ma anche perché da lì in poi doveva accadere qualcosa. Se non fosse accaduto qualcosa io avrei dovuto inventare un’altra vita: avrei continuato a scrivere ma non avrei potuto continuare ‘il sogno’, perché La fine nasce come fine, né più, né meno. La fine era la fine: non volevo essere nichilista! La fine per me era un periodo sfortunato e se non andava bene La fine io tornavo a casa, come si suol dire! Facciamo La fine e che fine sia, almeno che sia in gran stile! Invece poi La fine mi ha insegnato che è l’inizio e da lì ho imparato tante cose in pochissimo tempo. In due mesi credo di aver imparato tutto quello che non avevo imparato in 29 anni di vita! Ho preso consapevolezza e ho fatto questa rivoluzione di coscienza nei miei confronti per arrivare qui più come individuo che come cantante, ecco”.
Intanto arrivano le ordinazioni e arriviamo a parlare dell’Università, degli orari, dei problemi ma anche dei risvolti positivi e così si arriva a parlare del rapporto con la scuola. “Io a scuola non ci andavo perché mi sentivo un po’ a disagio: per sopperire quel disagio ero estremamente esuberante e quindi mi bocciavano allora dovevo trovare il compromesso tra l’esuberanza e il sentirmi complessato e… Piuttosto mi facevo bocciare! Ma la vivevo bene, sennò la vivevo malissimo…E la scuola l’ho odiata tantissimo!”.
L’idea del video di 9:49 minuti, con la presentazione dei vari brani attraverso gli spezzoni e le immagini che colpiscono davvero in maniera incredibile com’è nata e com’è stato lavorare con Tommassini?
“Io e Luca ci siamo artisticamente innamorati l’uno dell’altro: non ho mai conosciuto una persona così, così totale! Da quel punto di vista è un sole: un artista che ha fatto un sacco di esperienze con un sacco di persone leggendarie. Anche solo le storie che racconta hanno un peso incredibile e ti lasciano a bocca aperta. La cosa è nata perché ho avuto la fortuna di fargli sentire il disco e quindi la canzone di cui si è innamorato e disse ‘Dove c’è l’amore io non posso mancare’ e il mio disco è pervaso d’amore e la mia storia in genere. Ci siamo iniziati a vedere e abbiamo dato vita a questo progetto, progetto che lui in realtà aveva in testa già da un po’: quello di creare un video che si concentrasse su un unico piano sequenza… Era un’idea che aveva, ma questa idea non aveva la persona a cui applicarsi, né tanto meno la canzone. Con quella canzone e con me ha maturato sempre più quel suo sogno e lo ha reso personale per me. A me quell’idea è piaciuta tantissimo ed è nato tutto. La questione dei 9 minuti e 49 è che noi abbiamo fatto un piano sequenza effettivo di 43 minuti, quindi di materiale ce n’era a bizzeffe: più di 150 ore di sala montaggio, una roba indefinita, una quantità di grafiche improponibile…Un lavoro epico! Noi volevamo che non fosse un videoclip ed onestamente credo che non li farò intesi come video commerciale e patinato per vendere un prodotto: mi sa proprio di pubblicità tra una trasmissione e l’altra. Ci è venuta la folle idea di raccontare la musica proprio com’è, la musica attraverso un disco: i singoli paradossalmente non si vendono nemmeno più, no? Quindi ci siamo detti ‘Ma chi se ne frega?’ anche perché il primo video deve raccontare il mondo quindi dura 9 minuti e 49 perché avevamo tantissimo materiale e non si può raccontare il mondo in 3 minuti, sarebbe riduttivo! Riduttivo anche per il lavoro che abbiamo fatto! Non è un´autocelebrazione di noi, ma del lavoro che abbiamo fatto! Scelta che penso sarà applicabile ad ogni canzone del disco… Vogliamo fare uno short film per ogni canzone. Ho letto sul Facebook di qualche addetto ai lavori che questa è ‘presunzione’, ma non è presunzione: noi abbiamo fatto questo lavoro con tutta l’umiltà del mondo! Avessimo avuto la presunzione avremmo cercato sponsor esagerati ed un budget stellare! I soldi del video e del disco li mettiamo io e il mio manager: la mia etichetta siamo io e il mio manager… Siamo un gruppo di amici che si è dato dei ruoli, è questo il senso! Ad oggi devo anche dire che siamo più efficienti paradossalmente: la cosa divertente è che siamo un po’ come Davide contro Golia! Siamo supportati da Universal perché in parte il reparto publishing Universal crede fortemente in Nesli e comunque con Universal c’è un rapporto di stima reciproca, ma le scelte di tipo artistico non le prende nessuno se non noi! Quindi in quello siamo molto liberi ed è una fortuna: la chiave vincente in questa situazione è stata la libertà, l’indipendenza totale! Con Luca è stato facilissimo: è una delle persone più presenti nella mia vita, io lo considero il mio padrino artistico da un lato perché mi ha dato la possibilità di realizzare con questo video un sogno e non nego che l’idea è quella di fare per ogni pezzo un video in modo che racconti il disco in questo modo!”.
La tua presenza al concerto di Marco Mengoni ha colpito particolarmente; ho fatto qualche domanda in giro a qualche tua fan e la curiosità circa la tua presenza a sorpresa è davvero tanta. Com’è nata l’idea della tua presenza al suo concerto e, soprattutto, questo interesse reciproco potrebbe anticipare una possibile collaborazione in futuro?
“Magari! La presenza al concerto di Mengoni è stata una cosa storica, epica, memorabile: una di quelle robe che ti accompagneranno per tutta la vita, è stata emotivamente fighissima! Lui è una persona d’oro: mi piaceva come cantante anche prima di conoscerlo, mi piaceva come carisma e non a caso è la sua arma vincente. La possibilità ovviamente l’ho avuta grazie a Luca perché l’idea è balenata a lui però l’assist gliel’ha dato Marco perché Marco è un fan de La fine: gli piaceva molto. Quella sera a cena poi eravamo con tutta la troupe, c’era anche la cugina (a quanto ho capito è molto legato a sua cugina) e mi ha detto che sono dei fan sfegatati de La fine. Luca sapendo di questa passione ed essendo l’ultima data del tour al Palasharp a Milano, una data che prevedeva sorprese, abbiamo pensato bene alle cinque del mattino del giorno prima di dire ‘Ma perché domani non vieni?’. Marco naturalmente non ne sapeva nulla: lo sapevamo Luca, io, il collaboratore di Marco, il collaboratore di Nesli… Io non ho nemmeno potuto provare perché Marco non doveva sapere che ero lì! Sono rimasto dietro la porta principale un’ora prima del concerto e al quarto pezzo salgono sul palco per fargli questa sorpresa e questa sorpresa è stata accompagnata da Nesli che canta La fine e quindi è stato fighissimo! Lui poi si è messo a piangere come un pupo, io mi sono emozionato da morire ed è stato bellissimo, ti giuro. Bellissimo poi vedere che alcuni fans di Marco erano anche miei fans: ho trovato una contaminazione che non mi aspettavo! Vedo un sacco di ragazzi che adesso mi dicono ‘Ero al concerto di Marco, hai fatto una roba fighissima!’ e dico ‘Cazzo, ma davvero?’ Immagino che per qualcuno che era al momento lì sia stato qualcosa di veramente atomico! Mi auguro fortemente che ci sia la possibilità di collaborare: io gliel’ho detto subito! Ma anche lui mi ha detto che sarebbe pronto: a lui piace cantare, a me piace scrivere... Si può fare!”.
“Raccontarlo è una gran fatica” ma cosa ti senti di consigliare a chi sta iniziando adesso il cammino nel mondo della musica?
“Ne parlo ogni tanto con i ragazzi con cui lavoro, io sono uno che lo fa da un sacco di tempo perché sono vecchio, ma io che lo faccio già da un po’ uso Internet da morire, più di qualunque altro mezzo! Quello secondo me è il futuro: se sai usare bene la Rete diventa totalitaria, non ci sono limiti, puoi arrivare dappertutto! Puoi far parlare di te, puoi vendere dischi, puoi far sentire la tua musica… Internet può farti fare di tutto! Dall’aspetto più sfigato delle ragazzine con la webcam che si spogliano e che paradossalmente quello mi fa sorridere: non lo chiamo ´sfigato´ perché lo critico, mi fa tenerezza… E´ per farti capire che anche quell’idea, un po’ strana diciamo, puoi arrivare a realizzarla grazie a Internet, quindi figurati se non puoi rendere realtà un progetto più serio! Se hai un minimo di cognizione, fai musica, hai la testa sulle spalle, studi due o tre cose e come utilizzare bene quel mezzo hai un amplificatore sul mondo!Io userei la Rete, io uso la Rete!”.
Se fosse oggi il domani per sconvolgere tutti i tuoi piani quali sono i progetti e i sogni nel cassetto che vorresti realizzare?
“Quelli che sto realmente mettendo in atto: da quando ho fatto quella canzone paradossalmente il domani è diventato oggi. Il futuro è qui, in questo momento. Tutto quello che cercavo di raggiungere non dico di averlo raggiunto perché non mi piace l’idea di raggiungimento perché una volta che arrivi in alto puoi solo cominciare a scendere: a me piace l’idea di salire, salire sempre e spostare il più possibile la vetta. Non perché non voglio raggiungerla ma perché voglio arrivare sempre oltre, voglio spostare gli obiettivi perché è la cosa che mi dà più soddisfazione e mi rende appagato. Sono convinto che il futuro sia adesso e i sogni che avevo prima siano qui e che quelli che sogno ora siano da raggiungere”.
web: iosononesli.it
Chiara Colasanti
(13 ottobre 2010)