Dieci anni di carriera, cominciata agli albori del millennio e lanciata in orbita dal singolo tormentone Boyband. Poi un susseguirsi di conferme, di importanti collaborazioni artistiche, le partecipazioni sanremesi, i tour in giro per l’Italia. Il tutto è servito a far capire al grande pubblico che in realtà non erano quel tipo di Boyband ma un gruppo con le palle e una sana vocazione rock.
Oggi i Velvet sono liberi dalle dinamiche – poco condivise – del mondo delle Major, si autoproducono e registrano tutto nel loro studio romano nuovo di zecca. Indipendenti su tutti i passaggi che comportano la nascita di un disco, dalla produzione alla distribuzione, cercano anche di investire su nuove band di qualità.
Pensate questo li abbia distratti dalla loro musica? Vi sbagliate. Pier, Poffy, Gianka e Ale sono attivi più che mai e oltre al nuovo EP “Il Serpente”, il 2010 darà alla luce anche al loro “Best Of”, in uscita in autunno, che li ha visti impegnati a riarrangiare tutti i loro pezzi in chiave elettronica. Incontriamo Pier e Poffy, rispettivamente voce e basso, per andare a fondo sulla loro svolta musicale.
Parlateci dell’ultimo EP “Il Serpente”.
Pier “E’ nato durante il tour in supporto all’ultimo album ´Nella lista delle cattive abitudini´. Avevamo arrangiato un’idea ´on the road´ che ci piaceva e non appena è stato possibile l’abbiamo fissata definitivamente in studio. Il sound fa da ponte tra la virata elettronica che ha caratterizzato l’ultimo disco e il nostro prossimo lavoro, in uscita ad ottobre, che sarà una raccolta di nostre canzoni”.
Una raccolta di canzoni… tempo di bilanci?
Pier “Nel 2010 cade il decennale discografico dei Velvet e quindi abbiamo deciso di far uscire un ´Best Of´, cercando però di essere meno scontati e di reinterpretare i nostri brani col sound che attualmente ci caratterizza. E’ una raccolta di vecchi successi ma di fatto potrebbe suonare come un album di inediti! L’album verrà anticipato da un nuovo singolo dopo l’estate”.
Come mai questa svolta musicale?
Pier “Voglia di sperimentare. Dopo tanti anni avevamo esplorato in maniera sempre crescente l’intervento delle chitarre e con l’album ´10 Motivi´ eravamo arrivati all’apice di un rock molto emotivo. Ad un certo punto abbiamo sentito il bisogno contrario, cioè di spogliare la nostra musica. La definizione rock o non rock ci interessa relativamente. Io stesso faccio fatica a definire il nostro sound. Per me il concetto di rock è più ampio, è da intendere come un approccio”.
Voi siete stati da sempre dichiaratamente ispirati dal brit pop. Da dove viene questa influenza elettronica?
Pier “Si, siamo cresciuti con gruppi come Blur, Oasis, ma anche Beatles. L’elettronica è una tendenza musicale che, negli ultimi anni, ha contagiato un po’ tutti nel mondo. Forse si è stanchi di usare sempre e solo chitarre ed amplificatori, ognuno ha cercato un modo per espandere le proprie attitudini, più che altro perché uno si annoia a fare le stesse cose… Almeno per noi è stato così! Ma è un trend che secondo me fra poco finirà per far spazio a qualcosa di nuovo…”.
Poffy “Un po’ in tutto il mondo c’è stata la riscoperta della new wave fine anni ’70 e inizio anni ’80 che rielaborandola ha portato a queste nuove ibridazioni sonore di cui oggi si sente molto l’influenza. Gruppi come Joy Division o i Temper Trap incarnano perfettamente questo discorso. L’elettronica al giorno d’oggi è la base, è il pane quotidiano e spesso viene contaminata da elementi più rock”.
“Nella lista della cattive abitudini” è stato il primo vostro album autoprodotto e che ha incorporato queste sonorità, come è stato il concepimento di questo disco?
Pier “Ci siamo rivolti ad Ale Bavo e Gianni Condina di Casasonica, proprio per cercare un sound più pulito ed elettronico. Avevamo prodotto canzoni che ci convincevano ma il vestito che le stavamo dando ci sembrava stucchevole, abbiamo avuto il dubbio che cominciassimo a ripeterci. Diciamo che il disco aveva preso forma come gli altri dischi dei Velvet: tante chitarre e pochissima elettronica. Stavamo notando quello che non ci piaceva nelle altre band di cui siamo fan, ovvero il ripetersi musicalmente. L’approccio con Casasonica è stato molto libero e divertente. Ale ha messo le mani sulle nostre tracce e sul missaggio, quando gran parte del lavoro era già stato fatto. Il risultato è stato fantastico!”.
A Torino la scena elettronica è molto forte. Qualche collaborazione particolare che è nata in quel contesto?
Poffy “Abbiamo lavorato con Gatto Ciliegia Contro il Grande Freddo, band strumentale e grande realtà torinese. Hanno mandato una canzone a Pierluigi Stella che non ricorda niente, chiedendogli di cantarla. Era un progetto molto sperimentale, loro sono un gruppo che crea della grande musica, per quel disco avevano poesie scritte da uno scrittore che hanno fatto cantare a tutti gli artisti coinvolti nell’album. Quella canzone è contenuta anche nel nostro EP “Confusion Is Best” ed è stata missata in Casasonica. E’ in quell’occasione che abbiamo conosciuto Ale Bavo e si è sviluppato tutto il resto”.
Voi siete usciti prima del boom del web 2.0 caratterizzato da blogger influenti e social network. Quanto è importante Internet nella vostra carriera già avviata?
Poffy “Guarda pochi giorni fa, casualmente, stavo rileggendo un’intervista rilasciata nel 2003 dove ci chiedevano proprio del nostro approccio con Internet, le nuove tecnologie e i download. Allora la nostra risposta è stata abbastanza vaga, dicevamo che finché aiutava a farsi conoscere e a dare nuovo spazio alla musica era un bene, purché si limitasse a questa funzione. Invece oggi pensiamo che tutto il digitale, il download stesso, sia la matrice primaria del nostro lavoro. Il multimediale è dove si fa tutto, è fondamentale. Oggi è sempre più spesso il punto di partenza di nuove band”.
Pier “Una volta Internet era talmente marginale che quando qualcuno proponeva un’operazione con qualcosa di digitale veniva subito bollato come ´una perdita di tempo´, sembrava si stesse parlando del diavolo. Il grande errore delle case discografiche è stato quello di accorgersene tardi, quando già erano state sovrastate dalla rivoluzione digitale, adesso stanno cercando di fare carte false per recuperare la pelle ma non ci riescono…”.
Cosa pensate del sistema discografico italiano? Mara Maionchi e Rudy Zerbi sembrano sostenere il fatto che i reality siano il futuro della musica, pare l’unico modo per i giovani di emergere…
Poffy “Si forse è vero per loro. Oramai le case discografiche puntano sui reality show, oramai si sono attaccate a questi ragazzi e a questi meccanismi...”.
Pier “Per noi internet è un forte bacino d’utenza, Myspace continua ad essere essenziale per far conoscere nuova musica. Adesso noi abbiamo il nostro studio di registrazione che per noi è una cosa fantastica perché vengono un sacco di band a proporci collaborazioni e a registrare il disco. Già stiamo lavorando per produrre altre realtà”.
E com’è fare tutto da soli?
Pier “E’ complicato però è molto intenso. Prima c’era solo l’impegno di scrivere, registrare e fare concerti. Adesso bisogna parlare di distribuzione, di copie, reti di vendita. Ci fa bene conoscere questi retroscena, anche perché in futuro potremo far tesoro di questa esperienza applicandola a livello manageriale, verso altri artisti. E’ un investimento impegnativo, i conti devono tornare. Da una parte potrebbe sembrare avvilente ma in realtà la musica è ora più che mai al centro delle nostre attività. Stiamo lavorando con molte band giovani e di conseguenza siamo esposti a molta più musica e ciò ci influenza parecchio. La nostra sfida futura è cercare di trasferire la nostra esperienza ai più giovani”.
Quali sono secondo voi gli errori che le case discografiche compiono nei confronti degli artisti?
Pier “Più che le case discografiche, direi che chiunque lavori all’interno dell’industria non dovrebbe mai trascurare l’aspetto umano. Tutti dovrebbero avere più sensibilità artistica: dal manager, al discografico, al tecnico del suono”.
web: www.velvetband.it
Jean Marc Mangiameli
foto_Chiara Mirelli
(09 luglio 2010)
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