Cinque anni ci separano da “Nome e cognome” e venti esatti ne son passati dall’inizio della sua carriera. Se mettiamo dentro anche che quest’anno ha festeggiato i suoi cinquant’anni, facciamo l’amplein di numeri ma - soprattutto - di importanti anniversari che non possono non essere celebrati. È nato “Arrivederci, Mostro!” un disco molto rock, potente e veloce. Carico d’energia e invitante. L’uscita del disco è stata anticipata ad aprile con un evento particolare, ribattezzato Liga Day. Oltre 100 sale cinematografiche in tutta Italia hanno trasmesso il concerto live di Ligabue tenuto allo Stadio Olimpico di Roma nel 2008. La visione è stata anticipata anche da una diretta via satellite a schermi unificati, nella quale Luciano si è raccontato ai suoi fan e ha permesso loro di ascoltare in anteprima il singolo, Un colpo all´anima, apripista ad “Arrivederci, Mostro!”. E sul ‘mostro’ ci gioca sin dalla copertina, cercando di dargli una dimensione, cercando di esorcizzarlo per arginarlo o semplicemente prendendolo di muso. E proprio sulla copertina il mostro prende una forma evidentemente esasperata che fa baruffa col bizzarro restituendo un quadro surreale che fa abbozzare anche ad un sorriso. Dai… mica si può avere paura di un sarago, no? A dimostrarci forse che i mostri magari esistono ma se ce li misuriamo addosso a nostro gusto o dettati dalla nostra paura possono assumere dimensioni ‘ab…qualcosa’. E pensata così anche un sarago può arrivare a far paura. “Ho trovato il titolo del disco alla fine della sua realizzazione, perché non c’era canzone che potesse essere esaustiva. Sono un po’ più libero dalle ossessioni che mi hanno perseguitato da tempo. E mi son permesso di salutarle con un ‘Arrivederci’ e non un pretenzioso addio. E per calcare l’effetto caricatura, c’è anche un bel punto esclamativo finale… che non è proprio cosa da titolo per un disco. La grafica stile famiglia Addams mi aiuta a sdrammatizzare”.
Luciano Ligabue per raccontarci delle sue nuove canzoni ci ha invitato nella sua Correggio, così che ci sia per noi la possibilità di annusarne l’aria, assaporarne i sapori. Lontani dalla frenesia ‘milanese’, lontani dal grigiore, lontani dai palazzi alti e dalle gru che continuano a costruire sul cemento. Ed il respiro è ancora più profondo, incontrando un uomo dalla semplicità disarmante, che della discrezione ma anche della generosità di parole ha fatto un suo tratto distintivo. Una timidezza investita di grande carisma.
L’immagine della copertina ferma un quadro molto forte.
"È la rielaborazione di un’idea forte ripresa dal lavoro Fishy Island di Erik Johansson. L’ha trovata il mio manager Maioli. L’immagine sulla copertina del disco ritrae un pesce, più esattamente un sarago. È un’immagine che si presta all’interpretazione personale ed è questo che mi è piaciuto fin da subito. Poi l’immagine è stata completamente ricostruita al computer e quello che pesca è veramente Maioli e quello che fa kait è veramente Corrado Rustici. Tutta la copertina è ricchissima di dettagli e ogni dettaglio è un richiamo ad un elemento della canzone… ci sono anche io alla finestra ma non mi si vede. Il fantomatico mostro è una caricatura, ha occhio e bocca imbranati ma regge sul suo dorso il peso di una città. È un mostro che ci fa simpatia in fondo. Ogni elemento del disco ha un senso e si ritrova nell’album”.
Cosa comporta chiamare per nome i mostri?
“Comporta affrontarli nella canzone e quindi esorcizzarli oppure renderli meno potenti perché liberati dalla loro presenza stessa”.
È la prima volta che non curi completamente la produzione di un tuo lavoro.
“La produzione di Rustici è una scelta di cui sono molto convinto e soddisfatto. Mi piace molto la veste che lui ha creato per le mie canzoni, è molto in linea con quello che volevo dire”.
Raccontaci di questo “Arrivederci, Mostro!”.
“È una raccolta di dodici canzoni tra una miriade di brani. È un disco molto vario ed è stata una sofferenza pubblicarne solo dodici. Sono canzone aperte, che ti metto al centro della propria vita, dall’incazzatura contro l’ipocrisia, all’ironia, per passare alla drammaticità e alla canzone d’amore più tenera fino all’ottimismo dell’ultima canzone. Sono tanti episodi, tanta energia ed intensità al di là di quello che sarà”.
Hai delle canzoni tue preferite?
“Assolutamente no, non riesco a pensarle preferite. Diciamo che sono fan delle mie canzoni ‘utili’, quelle che fanno ballare, che fanno fare una riflessione o che sanno emozionare. Mi piace quando le canzoni creano questo tipo di emozioni, quando riescono ad indurre speranza, commozione”.
Che aria c’è intorno a te in questo momento?
“C’è un’aria bellissima e sono stracontento. Ho addosso delle belle sensazioni. L’album ha bisogno del suo tempo, ha bisogno di arrivare. Con tante novità anche dal punto di vista sonoro. Mi auguro che il disco abbia la chance di farsi ascoltare col tempo. Dobbiamo fare i conti con la realtà di oggi, il momento per assaporare le cose non è in linea coi tempi che corrono. Una cosa, una canzone, un’emozione devi avere il tempo di assaporarla. C’è una velocità nel consumo e nella necessità dell’informazione forte che non è in linea con le nostre necessità. E non lasciamo alla notizia il tempo di essere vissuta e di farti maturare”.
Partendo proprio da una notizia di cronaca nera, parte anche la canzone più struggente di questo disco, Quando mi vieni a prendere.
“La canzone si riferisce ai fatti accaduti a Dendermonde in Belgio il 24 gennaio del 2009.Un caso a cui era difficile restare indifferente: un ragazzo di 20 anni è riuscito a entrare in un asilo, truccato da joker e con una lama di 30 cm in mano. In un’aula ha ucciso una donna, due bambini e ne ha feriti 12. Per tutti i sopravvissuti che hanno assistito a questa scena implica che la loro vita parta da questo presupposto. Sono rimasto scolvolto e non mi capacitavo del fatto di come la notizia era stata liquidata velocemente, forse neanche riportata il giorno successivo sui quotidiani, se non in un trafiletto. Io ho sentito il bisogno di confrontarmi con quanto è successo e ho fatto una cosa che normalmente non faccio: ho provato a vestire i panni di un altro e in particolare di un bambino ed ho provato a pensare a quello che avrebbe potuto pensare lui. È indubbiamente una canzone che disturba. È dolorosa, non c’è pacificazione dietro. E i suoni accompagnano all’incubo”.
Sai che farò veramente fatica a riascoltarla?
“Lo so, immagino. Probabilmente anche io farò fatica a riascoltarla”.
Caro il mio Francesco è una lettera aperta molto particolare. Scrivi e parli a Francesco Guccini e ne hai un po’ per tutti.
“Questa canzone vuole essere uno sfogo e qui intenzionalmente ho deciso di non fare nomi, non a caso dico ‘il mio disprezzo me lo tengo dentro, il letamaio è colmo già pubblicamente’. Quelli che mi danno più fastidio, quelli che nel pezzo chiamo ‘topi’ sono quelli che partono col dichiararsi puri, cantano quasi esclusivamente di quanto sono puri e poi fanno i salti mortali pur di avere titoli più larghi sui giornali. Io non ho mai dichiarato nessuna idea di purezza, tutto quello che ho sempre dichiarato io è la mia volontà di fare musica popolare cercando di arrivare alla gente, perché è questo che credo renda speciale una canzone. Secondo me una canzone funziona se la fischietta un muratore come un avvocato, poi… non conosco tutti i muratori e tutti gli avvocati, però mi piace pensare che sia così. Essere ‘topi’ è anche un modo di porsi. Quello che mi dà fastidio è l’idea di snobismo che c’è dietro questo tipo di atteggiamento. Questa canzone non vuole essere un attacco, ma uno sfogo che ho scritto in un momento particolare e delicato della mia vita, dove la sensibilità ti tocca a forza e fai maggiore attenzione a certi aspetti del mondo che ti circonda. È un pezzo crudo con tanta amarezza addosso”.
Con chi ce l’hai?
“Come ti dicevo prima ce l’ho principalmente con i tempi veloci con cui uno è costretto ad emettere un giudizio. Mi piace che la musica faccia il suo lavoro con i tempi che le servono. Questo è un discorso più ampio che ha a che fare anche con il modo in cui si ascolta la musica al giorno d’oggi. Questi tempi costringono chi ascolta a farsi un’idea della canzone ancor prima che si arrivi al ritornello”.
Come un po’ la schiavitù legata alla sua promozione, una sorta di ‘Diavolo veste Prada’. Sarebbe bello anche per noi avere più tempo per poter gustare un disco prima di arrivare a parlarne.
“È una rincorsa al tempo, come dicevi appunto un ‘Diavolo veste Prada’”.
Trova spazio anche l’ironia con il pezzo Taca Banda.
“È una canzone che ho scritto mentre avevo già iniziato a registrare l’album. Mi piaceva l’idea che all’interno di un album molto prodotto ci potesse essere un pezzo invece più scrauso, dal tono scanzonato che facesse venire fuori l’idea di una compagnia un po’ alticcia che canta dei tic e stereotipie umane. Rustici ha avuto l’idea di coinvolgere mio figlio Lenny di 11 anni alla batteria. Lenny ha osservato tutte le fasi di lavorazione di questo disco, è un ragazzino molto curioso da questo punto di vista”.
…E la verità cos’è?
“La verità è una scelta (sorride). È la canzone più nuova dell’album; una canzone che forse non avrebbe neanche avuto bisogno di un testo. Potevo ripetere solo ‘la verità è una scelta’, se non per il fatto che avrei fatto venire un po’ di orchite in giro (ride). Però è tutto nel titolo quello che voglio dire: la tua idea di verità te la devi andare a cercare. La verità a volte fa male. Anche decidere di non affrontare la verità non è una scelta facile”.
I live si presentano già gravidi d’aspettativa. Due sold out appena aperte le prevendite e tante date. Come vi state preparando?
“Vogliamo fare uno spettacolo che sia all’altezza del calore che ci dà il pubblico. È un Atto di fede, per autocitarsi, farsi trovare così in tanti ogni volta. È una fiducia che merita sempre di più ed è un impegno cercare di ricambiare. Che ti sprona ad essere sempre migliore, capace di essere adeguato. Mi sembra che sia sempre così difficile ed arduo poter ricambiare. Mi pervade sempre un senso di inadeguatezza; è difficile essere in pari… veramente difficile. Sperando di portare a casa la gente”.
Come gestisci l’emozione di tanta gente?
“Ricevo tantissimo. Diciamo che cerco di non pensarci perché sono troppo impegnato a cercare di gestire la mia (ride)”.
Come gestisci invece i momenti di ribalta e retroscena? Diciamo: il tour come momento estremo di fermento contro la giornata di relax piena.
“Sono due momenti talmente diversi: il momento di troppa luce e troppo buio. Diciamo che il bisogno live è sempre stato al limite del mostriciattolo di cui ti parlavo. Tra i vantaggi dei 50 anni c’è quello che non hai più l’alibi dell’inesperienza”.
Un’ultima considerazione proprio sulle candeline che sei andato a spegnere.
“Il mio 50° compleanno è stato meraviglioso, il più bel compleanno che mi abbiano mai organizzato. I fan mi hanno fatto alcune sorprese che mi hanno addirittura commosso. Duecento fan mi hanno regalato un Epiphone acustica del ’66, sono cose che ti fanno venire voglia di andare avanti, oltre al fatto che ora godo nel suonarla. Altri fan hanno fatto un’offerta a Don Ciotti come regalo per il mio compleanno. Il giorno del mio compleanno ho festeggiato con i miei familiari e il giorno dopo, quando ormai non me l’aspettavo più, mi hanno organizzato una festa a sorpresa a cui ha partecipato anche Guccini. Gli ho fatto ascoltare la canzone e mi ha detto (imitandolo) “Liga, eri un po’ incazzato”.
2003 - Giro d�Italia
2002 - Fuori come va?
1999 - Miss Mondo
1997 - Su e gi� da un palco
1995 - Buon compleanno Elvis
1994 - A che ora � la fine del mondo?
1993 - Sopravvissuti e sopravviventi
1991 - Lambrusco coltelli rose & popcorn
1990 - Ligabue
COS'E'?
Newsic ? il portale dedicato al mondo della musica che abbraccia tutti
i
generi e tutte le preferenze. Artisti da classifica, nomi emergenti,
tendenze del momento e successi del passato: noi non facciamo
differenze, tutto quello che ? cool lo troverete nelle nostre pagine. CHI SIAMO?
Siamo una redazione attenta a dove si sta muovendo la musica oggi.
Crediamo nell'informazione e nell'arrivare prima di tutti a
darvi gli
stimoli giusti per essere sempre aggiornati su quanto succede in Italia
e nel resto del mondo. Ma prima di tutto siamo degli ascoltatori
appassionati. Tutto quello di cui vi parliamo ? stato 'testato'
da noi. PERCHE'?
Perch? siamo in prima linea. Perch? siamo pronti e preparati. Perch?
non
vi raccontiamo storie. Perch? crediamo nel rapporto di fiducia con i
nostri visitatori. QUANDO?
Sempre. 24 ore al giorno. 7 giorni su 7. 365 giorni all'anno.
Newsic non
vi lascer? mai da soli. DOVE?
Online, certo; non solo su newsic.it ma anche su tutti gli altri
siti del nostro circuito.