A Siena, sulle colline del Chianti, si trova il buen retiro degli Elton Junk, band attiva dal 2000 che ha pubblicato l´Ep "Moods" (2001), Piss On A Dead Tree And See It Grow (2004), "Because Of Terrible Tiger" (2007) e, ora, "Loophole" (2010). Sospesi tra le più tenui sfumature del rock, gli Elton Junk sono autori di un sound complesso di influenze ma di estrema immediatezza; tra inglese ed italiano, che propongono con eguale credibilità, scrivono testi che sanno di memoria e familiarità e li cantano con una intensità che non ha nulla da invidiare ai più navigati bluesrockers d´Oltreoceano. "Loophole" è un viaggio che attraversa diversi paesaggi. Partire con gli Elton Junk e lasciarsi andare alla loro musica diventa strettamente necessario.
Gli Elton Junk sono Andrea Tabacco (voce, testi e chitarra), Alessandro Pace (basso) e Giulio Pedani (batteria). È proprio con Andrea che abbiamo parlato di "Loophole", degli Elton Junk e dello stato della musica italiana.
“Loophole” letteralmente può significare tanto “scappatoia” quanto “feritoia”; ma che cosa rappresenta per gli Elton Junk?
Andrea Tabacco: "Beh, il testo della canzone Loophole parla chiaro. E´ come un buco in un recinto, qualcosa che c´era sempre stato, ma di cui non ci eravamo mai accorti. E´ grande abbastanza per farci passare un essere umano, meglio un bambino, e in tanti ci siamo già passati. È come quando ci si sente rinascere".
Il sound di questo disco si discosta da quello del lavoro precedente. Si tratta di un’evoluzione o piuttosto di una rottura, un nuovo inizio?
"Elton Junk ha avuto come manifesto il mutamento continuo. Ogni volta che scoviamo una "regola", un "metodo", sentiamo il bisogno di distaccarcene. Il bello è che anche questo continuo distacco corre il rischio di diventare "metodo" a sua volta. A volte ci è sembrato un circolo vizioso, un loop appunto, da cui con questo disco abbiamo trovato una scappatoia. E´ sicuramente un nuovo inizio e siamo molto eccitati da questa cosa".
Tanti stili e influenze diverse su "Loophole", ma una coerenza e coesione di fondo tangibile. Voi in che cosa individuate quel qualcosa che unisce tutte le tracce del disco?
"A posteriori ci sembra che le canzoni, più che dal riferimento a un genere musicale, siano accomunate da uno spirito, uno stato d´animo che è tracimato dalle nostre esperienze. A quel punto si possono usare tutti gli stili e generi musicali che si vuole, ma credo che in fin dei conti quello che si sente nelle nostre canzoni sia lo stupore e l´entusiasmo per il miracolo della vita".
Qual è la canzone che ha costituito il germe originale di "Loophole?" E qual è quella che sentite rappresenta al meglio l’anima del disco?
"Lost, è stata la prima canzone composta, ricordo che venne fuori mentre stavamo mixando lo scorso ´Because of Terrible Tiger´. Sono molto affezionato a quel pezzo perché è proprio un ponte tra i due album, tra due momenti della nostra storia musicale. Personalemnte sento che l´anima del disco stia invece negli ultimi pezzi composti: All Along the Horizon e Al fiume su tutti".
L’uso alternato della lingua italiana e della lingua inglese rispecchia una doppia identità anche a livello creativo?
"Dopo anni di songwriting è diventato abbastanza naturale esprimermi in entrambe le lingue. Trovo però, che la lingua italiana venga continuamente stuprata da canzonieri improvvisati, e preferisco usarla a piccole dosi. In più col tempo ho imparato che "dire" troppo è controproducente. Mi piace che il pubblico si lasci andare alla musica, mentre in Italia si è ancora molto legati alle liriche. Questo non avrebbe nulla di male se fossero ancora vivi Tenco, Battisti e De Andrè... ".
Avete invitato diversi amici a collaborare a "Loophole"; sentivate il bisogno di far intervenire qualcuno di esterno al gruppo?
"Cercavamo un’evoluzione dai suoni "scarni" di ´Because of Terrible Tiger´. E piuttosto che compilare gli arrangiamenti al pc, abbiamo deciso di chiamare altri musicisti e metterci degli strumenti suonati. E’ stato divertentissimo pensare a trombe, tromboni, violini, tastiere, per poi vedere che i musicisti che intervenivano davano la loro interpretazione personale delle canzoni. Si è creato un feedback dove noi siamo stati a nostra volta vittime di quello straniamento che vogliamo creare negli ascoltatori. Ancora un volta "Elton Junk" suona quasi come "Elton John", ma alla fine è un cosa completamente diversa".
Siete sulla scena da diversi anni. Che cosa avete visto cambiare intorno a voi nel modo di fare musica che vi piace e che non vi piace?
"Devo ammettere che non sono molto dentro alla "scena". Dopo che da Bologna sono tornato a Siena, tutto mi arriva come un´eco distante. Sento però un´aria nuova, e mi sta piacendo".
Quanto c’è della vostra terra nella vostra maniera di fare musica?
"Tanto, credo. Ne è la riprova il fatto che spesso le idee mi vengono durante le scampagnate. Devo ammettre che tornare da queste parti ha giovato alla nostra creatività".
Quando avete iniziato a suonare insieme, che aspettative avevate?
"Wow, si parla del 2000, ci sarebbe piaciuto vivere di musica e d´arte, credo. Nessuno si immaginava di diventare ricco e famoso, ma si pensava ci fosse una via di mezzo percorribile. La formazione degli Elton Junk si è rivoluzionata dalla loro formazione. Tutti però crediamo ancora, a nostro modo, che il sogno possa diventare realtà, e in parte già si è avverato".
Qual è il sogno che vi manca da realizzare e che state aspettando?
"Vorremmo fare un concertone, suonare in un super festival con migliaia di persone, magari all’estero. Un altro sogno si è appena avverato, quando recentemente a un concerto abbiamo visto persone in prima fila che sapevano i testi a memoria: anche quelli in inglese!".
Cosa ne pensate di quei giovani che scelgono di scavalcare la classica “gavetta” e preferiscono puntare ai provini dei talent show per guadagnare visibilità artistica?
"Ci dispiace per loro. Ci sembra vivano in un altro mondo, e probabilmente pensano la stessa cosa della gente come noi. Crediamo che il berlusconismo rampante abbia fatto un danno inestimabile alle coscienze delle nuove generazioni. La vita facile non esiste, è un’illusione propagandata dai media, ma quando si spengono i riflettori la realtà che viene fuori è un’altra. Da parte nostra siamo contenti di continuare a far musica e fare sempre un po’ meglio di prima".
Se poteste essere voi per un mese il presidente di una major che cosa proporreste come linea editoriale/promozionale da seguire?
"Credo che un mese della nostra guida, sarebbe sufficiente a far fallire qualsiasi major".
Perché è così difficile per una realtà artistica indie attirare l’attenzione del grande pubblico? È solo questione di minore esposizione sui media o c’è dell’altro? Quanto pensate che internet e i social network possano aiutare?
"Non credo sia un problema esclusivamente della musica indie. Tutto ciò che non è di pronto consumo al giorno d´oggi ha dovuto fare i conti con una perdita di pubblico. E´ sempre stato così, ma con l´avvento dei nuovi media la situazione è notevolmente peggiorata. C´è una saturazione del mercato musicale, troppa proposta che disorienta l´ascoltatore. I social network sono uno strumento ottimo per arrivare alla gente, ma preferiamo vedere la gente ai concerti piuttosto che i loro post su Facebook".
Scrivete voi due righe di recensione di "Loophole", una sorta di “consiglio per gli acquisti”.
"´Loophole´ è il disco che ti farà viaggiare in posti dove non sei mai stato, con le ali di un gabbiano".
Andrea, che non solo scrive e canta per gli Elton Junk ma è anche un artista (sue le copertine dei dischi del gruppo), ci saluta con un disegno esclusivo. Eccolo!
Elisa Bellintani
28 maggio 2010
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