Un artigiano delle note, uno di quelli che hanno fatto della musica la propria vita nel senso più vero della parola, in un modo che trascende il successo commerciale o la notorietà delle singole formazioni in cui ha militato negli anni: questo è Roy Paci. Basta informarsi un poco su di lui per rendersi conto di come la sua produzione, almeno quella in cui “ci mette la faccia” e il nome, sia solo la punta di questo iceberg di creatività. Con la sua tromba sottobraccio ha girato tutto il mondo conquistandosi il rispetto e le simpatie dei tantissimi musicisti con cui ha lavorato e con cui ha semplicemente diviso il palco, e con “Latinista” ci racconta gli ultimi anni della sua vita, in un disco che sa di Sud America, di lingue meticce e di nottate passate a suon di musica, sempre in viaggio, come un marinaio che non vuole ritrovare la strada di casa.
Sono passati tre anni da quando hai pubblicato “SuoNoGlobal”, tre anni in cui hai comunque portato avanti tantissimi altri progetti. Come mai hai sentito ora il bisogno di realizzare un nuovo album?
“Mah, in effetti è passato molto tempo e mi sembrava naturale fare un disco in questo momento, proprio per raccogliere e fissare le idee e le esperienze, tutto quello che è avvenuto nel corso dei viaggi, delle avventure e dei nuovi incontri di questi tre anni. Ho voluto poi sviluppare un discorso legato soprattutto al luogo in cui è stato concepito il disco (Morro de Sao Paulo, un´isoletta che si trova di fronte a Salvador Bahia in Brasile), dove io spesso vado volentieri e dove in questo caso ho soggiornato circa due mesi l´anno scorso: è stato là che ho buttato giù le idee per questo disco, che infatti non a caso da italiano ho chiamato ´Latinista´”.
Ecco, volevo proprio chiederti qualcosa riguardo al titolo del disco: che cosa significa per te “Latinista”?
“´Latinista´ rappresenta per me un insieme di cose: c´è il lato latino, del latinismo, della letteratura italiana, dell´essere italiano nella lingua d´origine; c´è poi il latino come appartenenza a luoghi latini, come appunto l´Italia o altri territori europei come la Spagna, o appunto il Sud America; ma c´è un gioco di parole, qualcosa che mi ricordava anche con una certa devozione ´Sandinista´ dei Clash. Ho sempre avuto un grande amore per i Clash e per le band che dopo di loro hanno lavorato mischiando i generi e le culture, come ad esempio i Mano Negra; tra l´altro anni addietro ho suonato per un certo periodo con i Mau Mau, che erano considerati nel trittico delle musiche più meticce e patchankere della zona europea. Mi piaceva molto come titolo, tanto che è la prima volta in tanti anni con gli Aretuska che utilizzo il nome di un brano come titolo dell´album: Latinista è come se fosse una confessione intima, ma alla portata di tutti, di quello che in effetti sono io veramente; metto a nudo le tematiche che mi sono sempre appartenute e consacro definitivamente l´uso della mia lingua, che è un meticcio e un imbastardimento di linguaggi che sta a metà tra italiano spagnolo e portoghese”.
Ascoltando il disco infatti sembra di fare un po´ il giro del mondo, a un certo punto si perde il conto delle lingue utilizzate tra italiano, spagnolo, inglese, portoghese, fino ad arrivare anche all´ucraino di Eugene Hütz dei Gogol ne Il Segreto.
“La collaborazione con Eugene era una cosa che prima o poi doveva succedere: abbiamo jammato tanto assieme, dai ghetti di New York alle serate infuocate dei festival in Russia, suonando con gli amici raccattati qua e là. Lavorare con lui è stato molto divertente perché anche a lui piace mischiare gli idiomi, giocare con le lingue, e io gli ho chiesto appunto di liberarsi anche da quel punto di vista. Lui lo ha fatto splendidamente, con quel ´fatica´ nel testo che non si capisce bene se sia uno sprazzo di italiano e se significhi qualcos´altro”.
Parlando di Eugene mi viene in mente che anche l´ultimo disco dei Gogol Bordello è stato concepito in Brasile... e non solo: anche Lorenzo Jovanotti, con cui hai scritto il primo singolo dell´album, Bonjour Bahia, è un giramondo come te ed un estimatore del Brasile. Cosa c´è secondo te in Sud America che non c´è da altre parti, e che affascina così tanto?
“In Sud America, almeno per quanto mi riguarda, la cosa che sento di più è che là c´è un certo grado di libertà nell´esprimersi non solo musicalmente, nel comunicare con la gente, una mancanza di malizia che non si può trovare da nessun´altra parte del mondo, e che ti dà la possibilità di fare le cose nella maniera più naturale possibile. Anche Eugene è rimasto affascinato da questo mood brasiliano, che è bello, tranquillo e rilassato... anche se qualche volta lo è anche troppo e rischi di perderti delle ore a guardare una palma, cosa che per un tipo ipercinetico come me non è il massimo! Poi c´è una scena musicale fantastica, molto viva, con l´elettronica e l´hip hop che si mischiano e si contaminano con il samba. E´ un mondo bello, che per certi versi ti da l´idea di essere ancora un mondo vergine: forse è per questo che il Brasile dà questo senso di beatitudine interna... e poi anche clima concilia!”
Come mai definisci “Latinista” un capitolo nuovo nella tua musica?
“Perché è proprio così: all´inizio volevo staccare, cambiare genere, volevo chiudere definitivamente con il gruppo, sciogliere gli Aretuska ed iniziare una nuova vita... e in effetti è un po´ come l´avessi fatto: ogni anno praticamente io sciolgo la band dicendo ´ok, ci si vede forse al prossimo tour´, perché secondo me non avere una certezza in certe cose è meglio. Lavorare sempre con le stesse persone diventa un po´ come timbrare il cartellino, ti fossilizzi, mentre è importante fare sempre nuove esperienze perché ti arricchiscono e quando magari torni a fare quello che facevi prima ti porti dietro qualcosa di nuovo. Vedo “Latinista” come un capitolo nuovo perché in questo disco sono riuscito a staccare dalle imposizioni di genere e a fare un album molto vario. E l´evoluzione che si sente da “Baciamo le mani”, dove facevamo quasi solo reggae e ska, a tutti i lavori successivi è sempre stata spinta dalla ricerca che ho fatto per inserire nella mia musica sempre cose diverse, inserire elementi nuovi. In questo senso cambiare ogni tanto le persone con cui lavoro mi aiuta, ed è divertente anche relazionarsi con talenti nuovi. Mi piace molto lavorare con ragazzi giovani, aiutarli a crescere: negli Aretuska c´è per esempio un nuovo chitarrista che ha dato alla mia musica il taglio rock che mi mancava, oppure nel brano Destino Maraviglia c´è Cico, il vecchio MC della band che ho invitato a fare un pezzo, e che lascia il posto ad Anansi, che è da poco entrato nel gruppo”.
A proposito di mettere in gioco tante creatività: non sto a citare tutte le collaborazioni che hai fatto nella tua carriera perché sarebbe una lista troppo lunga, ma vorrei chiederti di quella che è stata una delle ultime e forse una delle più particolari, ovvero quella con Mike Patton per il progetto “Mondo Cane”.
“Guarda, è stata un´esperienza molto bella e interessante, anche se con un po´ di sfacciataggine devo dire che certe cose le avrei cantate meglio io che lui! Scherzi a parte Mike è un grande, è coraggioso e non si ferma davanti a nulla, e se lo può anche permettere perché ha un´estensione vocale notevole e un´eterodossia musicale infinita: mi è capitato di suonare con lui in diverse occasioni, e “Mondo Cane” è forse una delle cose più estreme che abbia mai fatto, perché non è stato poi così facile cantare pezzi in italiano, fatti così per benino e senza nessuna sbavatura, con l´orchestra alle spalle. Abbiamo avuto comunque modo di passare più tempo assieme, e spero che sia una cosa che si potrà ripetere, anche perché i live poi sono usciti da paura, soprattutto quello al Paradiso di Amsterdam, di cui girano anche parecchi video online”.
A questo punto, visto che stiamo parlando di collaborazioni, te lo devo chiedere: come fai a gestire tante cose tutte assieme? Ci sono state volte in cui mi sono chiesto se avessi dei sosia che mandi in giro al posto tuo.
“Posso dirti la verità? Penso che ci sia tanta gente che si perde troppo in cazzate: non sono io che ho tanto tempo, sono gli altri che perdono troppo tempo in cose inutili, anche a curarsi esteticamente, a farsi l´aperitivo, la sigaretta, le menate, ogni scusa è buona per perdere tempo. So che può sembrare un discorso presuntuoso, e sono certo che non tutti fanno così, ma vedo che la gente perde tanto tempo: io non ho tempo da perdere, anche perché non sono nemmeno sicuro di avere un´altra vita oltre questa che mi è stata data. Se ti faccio vedere la mia schedule giornaliera, appena mi alzo sono già nel mio studio a Lecce a lavorare, in questo momento stiamo facendo contemporaneamente le prove per il tour, le musiche per un film e sto registrando cose per altri da mandare all´estero. E quando ho un po´ di tempo me ne vado a casa a studiare, oppure mi prendo una pausa che dedico alle arti marziali, il mio sport preferito”.
Sei sempre stato molto legato alla dimensione live della tua musica, infatti a momenti non è nemmeno uscito il disco che già ti ritrovi in tour: come mai avete deciso di iniziare con il concerto del primo maggio a Roma?
“Abbiamo scelto di partire da lì come cosa simbolica, perché per noi quell´evento è sempre stato un momento bello e felice: manchiamo da due anni e siamo felici che ci abbiano chiamato, a me personalmente mancava molto, perché è un bel momento di aggregazione, ci sono giovani che si trovano da ogni parte d´Italia per stare assieme e festeggiare. E quando finisco di suonare mi piace scendere in mezzo alle persone del pubblico, assieme alla band ci divertiamo sempre molto anche come spettatori ed è sempre una giornata di festa per tutti quanti”.
Negli anni hai dato il tuo appoggio e il tuo contributo anche a livello sociale, collaborando non solo a progetti musicali come Rezophonic ma anche sostenendo associazioni umanitarie come Amnesty International, AMREF ed Emergency. Ti posso chiedere un commento sulla polemica che recentemente investito i medici di Emergency in Afghanistan?
“Purtroppo con Rezophonic, dopo l´ultimo singolo Nell´acqua assieme a Caparezza e Cristina Scabbia non ho potuto fare più nulla perché la lavorazione del disco mi ha assorbito completamente. Per Emergency ti dico ti dico solo una cosa: ringrazio solamente mio padre di avermi messo in mano una tromba, sennò viste le dichiarazioni fatte agli occhi di qualche politico italiano sarei potuto essere persino considerato un terrorista! E´ allucinante sentir dire certe cose, al di là dei partiti o dello schieramento politico, bisognerebbe aspettare un momento prima di fare certe dichiarazioni: conosco benissimo anche Gino Strada, ed è gravissimo che non si sia fatto da subito tutto il possibile per appoggiare Emergency ed i suoi dottori, è angosciante pensare che ci sia chi può anche andare contro queste persone che devolvono la propria vita in favore degli altri. Il mio logo la dice lunga, ho trasformato la mia tromba in un mitra, perché con la mia musica combatterò sempre in favore di queste associazioni che cercano in qualche modo di migliorare il mondo in cui viviamo”.
web: www.latinista.it
Alberto Lepri
(21 maggio 2010)
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