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 VAMPIRE WEEKEND
VAMPIRE WEEKEND ETNO-CHIC POLIFUNZIONALE
ETNO-CHIC POLIFUNZIONALE

Hipster, chi era costui. Le definizioni del vocabolario sono insidiose, l´immagine che si va costruendo nella mente è oltremodo limitante (indie? Felpe a righe col cappuccio e skinny jeans? Utenti della Bibbia-Pitchfork? Rischiate di andare paurosamente fuoristrada), tentare un approccio musicale potrebbe anche risultare fuorviante (quale band può davvero fregiarsi del titolo di ´cool´?). E inoltre: hipster è un´etichetta positiva, negativa o neutra? E in ultima analisi, è un´etichetta? Certo però hipster è qualcosa che quando lo si incontra lo si capisce subito: questo è hipster, non so decostruirne il perchè ma lo è.

Non sappiamo quanto ad una band faccia piacere diventare il simbolo più autentico della cultura hipster contemporanea, perchè l´idea di venire associati ad un particolare movimento comporta appiattimento e trasparenza assoluta negli intenti. I Vampire Weekend sono adorati dagli hipster, ma sono essi stessi hipster? La loro collocazione nella nicchia indie ed il loro imprinting di "bianchi, semiborghesi e americani" lo lascerebbe supporre; però questi quattro ragazzi di New York sono anche molto, molto brillanti e nel giochino delle etichette facilone non ci cascano volentieri.

Comparsi sulla scena nel 2008 con l´eponimo "Vampire Weekend", hanno scatenato un terremoto nei blog e nelle orecchie di un popolo giovane affamato (anche se non lo sapeva) di novità reali. La loro proposta era sicuramente qualcosa di intentato: la musica popolare africana che incontra la forma canzone occidentale, testi carichi di un substrato di significato mascherati da un significante immediato, l´innesto sofisticato degli archi, un misto di leggerezza e sostanza rinfrescanti. Mansard Roof, A-Punk, Oxford Comma, Cape Cod Kwassa Kwassa: non si era mai vista una tale sfrontatezza nel proporre sonorità originali ed innovative. La ricetta proposta da Ezra Koenig, voce e chitarra dei Vampire Weekend, era in linea teorica pericolosa, adatta a palati molto raffinati, ma mascherandola dietro a linee melodiche accattivanti è riuscito in quella che a chiunque sarebbe sembrata un´impresa avventata, un harakiri annunciato: educare gli hipster alla Musica.

Titolari del ruolo di leader di una rivoluzione culturale silenziosa, i Vampire Weekend sono piaciuti tanto ai critici (con votazioni medie altissime e unanimi, tra l´8 e il 9) che al pubblico (l´album raggiunse addirittura la n°1 della classifica ufficiale degli album indie in UK). E non si sono mai montati la testa, mettendosi al lavoro a gennaio dello scorso anno dopo che per tutta la durata dei 18 mesi del tour si erano agitate in loro idee per il nuovo disco. Gennaio 2010: ecco "Contra". Un album già di per sé difficile (è il secondo, e il secondo si sa ...) e per di più carico di altissime aspettative e di una forte curiosità per il percorso di sperimentazione e amalgama che questa volta i Vampire Weekend avrebbero intrapreso. Se fino a qualche tempo fa la questione era: "Ma come, dei bianchi rubano la musica dei neri e ci fanno su soldi?" ora la posta in gioco era assai differente: "Stavolta cosa proporranno, saranno ancora credibili?".

Sì. Sì, e ancora sì. È merce rara quella che propongono i Vampire Weekend in "Contra". Perchè sulla base melting-pot che li ha resi celebri innestano il calipso, le ritmiche afro-caraibiche, una forma psichedelica personale e il compromesso ideale tra elettronica, suono live e un pilastro della musica da camera come la sezione degli archi. Un disco che sembra un inno al sole e alla bella stagione, ma che nasconde l´insidia di una malinconia di fondo palpabile (come in Horchata, ´canzone della memoria´ che da un sorso di orzata libera il flusso di coscienza dei ricordi di un´estate fa) quando non l´impegno edulcorato da opera afro-dancehall (Diplomat´s Son, ovvero più di 6 minuti stratificati tra afro-guitar, Bollywood, reggae, un sample di M.I.A. e uno dei Toots and the Maytals), o ancora l´alta densità di contenuti (California English ed il suo arguto lessico di sottesi e rimandi pressato in auto-tune). Confusi? Entusiasti?Allarmati? Niente paura: parliamo subito con Chris Tomson, batterista dei Vampire Weekend, del mondo di "Contra".

Il vostro è uno degli album più attesi del 2010, e due anni fa siete riusciti a scuotere la scena indie dall´intorpidimento in cui sembrava essere sprofondata. "Contra" sarà quello che tutti si aspettano?
"È la cosa più eccitante che ci sia mai capitata, e non lo dico come frase di circostanza perchè siamo qui a parlare del disco. ´Contra´ è ancora meglio di ´Vampire Weekend´, almeno per noi: c´è più studio, più livelli sovrapposti, più sperimentazione, anche. E ci siamo anche divertiti parecchio a provare le nuove soluzioni".

Noto una leggerezza liberatoria nel tuo tono, vuoi dire che non avete sentito su di voi la pressione di fare bene anzi meglio?
"In tutta onestà un poco questa pressione la abbiamo sentita, anche se non ci ha rovinato la vita. Il primo disco lo abbiamo registrato con calma, nel nostro appartamento fra le nostre cose, senza nemmeno troppe asepttative ma solo per il gusto di fare una cosa che piacesse innanzitutto a noi. Questa volta invece avevamo un punto di partenza da rispettare. Non puoi fare quel che ti pare e dire: chi ci capisce bene chi no non ci ascolti. E in più abbiamo vissuto il momento della registrazione in maniera professionale, in studio, con strumenti anche nuovi. È stato come adempiere al proprio lavoro; anche la creatività era canalizzata verso una ricerca originale di suoni e soluzioni. Nonostante queste premesse, che possono far sembrare il tutto una routine sterile, per parte nostra ci abbiamo messo più entusiasmo che mai".

Il fatto di essere una band che viene guardata come un piccolo miracolo indie vi rende orgogliosi o vi lascia indifferenti? Essere diversi è un pregio?
"Essere diversi è una cosa tutto sommato eccitante. Ci piace essere guardati così ma non per gonfiarci il petto, bensì perchè è appagante che la gente riconosca la complessità di influenze, costruzioni sonore e di parole che è per noi una canzone; noi in noi stessi abbiamo sempre creduto, ora che ci crede un pò più di gente è stimolante".

Successo è una parola davanti a cui molti artisti storcono il naso. Che cosa significa per voi?
"Non ce ne siamo mai preoccupati più di tanto, anche perchè la notorietà di cui abbiamo goduto non è paragonabile all´immensità monetaria che si tende solitamente ad associare alla parola successo. A noi basta vedere che chi ci segue per davvero, ossia non solo quelli che scorrono i blog e si soffermano sul nostro nome pensando ´Aah sì, i Vampire Weekend´, sia felice di fare quel che sta facendo".

Ho letto che vi siete messi al lavoro su "Contra" dopo 18 mesi di tour. Come può la creatività essere fresca e pronta dopo aver passato tutto quel tempo a suonare?
"Paradossalmente in quel momento ci sentivamo addirittura pronti ad esplodere, tante erano le idee che avevamo raccolto. Sono d´accordo, fisicamente è una dura prova affrontare un lungo periodo di concerti, oltre alla stanchezza degli spostamenti c´è quella pratica del live. Però prova a immaginare: 18 mesi a fare sempre le stesse canzoni, ogni tanto qualche cover, però lo stesso materiale che avevamo pubblicato più di un anno prima e su cui avevamo lavorato per anni. È un pò noioso, alla lunga. E in parallelo ti monta la voglia di scrivere qualcosa di nuovo su come ti senti, cosa stai passando, però non puoi farlo perchè là fuori c´è la gente che aspetta che tu salga sul palco ... Sono due situazioni separate, il live e la scrittura, ma come vedi sono correlate".

Sono state scritte molte cose su di voi, in questi anni. Ce n´è una in particolare che vi preme smentire?
"Ecco, forse quella che più di tutte sentiamo lontana è quando dicono che perchè ci vestiamo in questa maniera e abbiamo un background di vita come il nostro allora siamo delle ´fighette bianche´. Anche se non c´è la malizia di dire qualcosa di negativo, facciamo fatica a ritrovarci in questo cliché che se sintetizzi la musica nera e sei bianco allora stai facendo qualcosa di enormemente sbagliato o enormemente intelligente. La musica è musica, e le t-shirt sono t-shirt".

Avevate pensato di registrare il disco in California ma poi siete rimasti a New York. Anche voi stavate per cedere al fascino della dicotomia East Coast/West Coast?
"C´è chi ha scritto che la California è il leitmotiv intorno a cui ruota tutto l´album ... Mi pare un pò esagerato. Per quel che ne so – e io c´ero! - ci sono band che ci hanno ispirato come Operation Ivy, Sublime, i No Doubt; poi ammetto che quello della California è un ambiente diverso da quello cui siamo abituati a New York, non fosse altro che per il clima. Infatti abbiamo scritto California English pensando a tanti stereotipi ed impressioni che abbiamo raccolto mentre eravamo in tour là".

Il senso di luce che sprizza dalle canzoni va sempre ricondotto a questa annotazione geografica?
"È divertente pensare che il disco è stato pubblicato a gennaio, il mese più lontano dal caldo e dal sole! Ma più che un discorso climatico e geografico io credo che si tratti di un tratto distintivo del nostro sound, quello di essere effervescente e dinamico".

E che cosa avete assimilato del Messico?
"Quando il nostro tour ha toccato il Messico era per noi la prima volta che vi mettevamo piede. Un posto nuovo ti colpisce anche per le più piccole cose ... Una su tutte: lì abbiamo scoperta l´orzata, è una bevanda che va molto di moda tra la gente, e ci abbiamo scritto Horchata, la canzone che apre ´Contra´, perchè adesso dal bere un sorso di orzata possono partire tutta una serie di immagini vivide su quel periodo".

Come vedi "Contra" rispetto a "Vampire Weekend"?
"Molto più nostalgico e sentimentale. So che può apparire leggero per via di alcune sonorità caraibiche, e difatti ad un livello superficiale lo trovo un album molto godibile. Però le nuance che abbiamo voluto esprimere sono molteplici, per cui c´è come un rigagnolo di amarezza, no, forse malinconia, che scorre in sottofondo. È il discorso dei livelli che facevo prima, piccoli stimoli e situazioni che presi singolarmente hanno un senso e messi uno accanto all´altro ne assumono un altro".

Per intenderci. California English ha una ritmica velocissima, l´auto-tune suggerisce un senso di divertimento e leggerezza però le parole risultano difficili da metabolizzare (e anche un pò oscure). Horchata ha sì delle reminescenze africane (l´uso della Kalimba su tutte) eppure presenta dei riverberi di memoria agrodolci nella texture delle voci. I Think Ur A Contra è psichedelia-tropicale triste, però gli strumenti accompagnano verso la catarsi e l´apertura. È tutto molto più complicato di quanto sembra. Molto.

Il titolo del disco implica conflitto, opposizione. Qual è il significato di ´contra´, e voi vi sentite una band-contro?
"Anche qui si aprono moltissimi riferimenti ... Da quello politico dei controrivoluzionari del Nicaragua, un contrappunto a ´Sandinista!´ dei The Clash, il videogame degli anni ´80, l´essere contro qualcuno, il bastian contrario per vocazione. ´Contra´ sta per opposizione, ma non solo quello tra due individui: il conflitto può avvenire anche dentro sé, e allora c´è anche tormento; ad ogni modo non vogliamo esasperare le differenze, ma piuttosto segnalare che quando ci sono punti estremi e lontani occorre fermarsi e pensare: posso mediare?".

Un´altra cosa che sembra divertirvi è il marketing web. Per promuovere "Contra" avete prima mandato in giro la foto della cover del disco e solo in un secondo tempo rivelato che si trattava di un vostro nuovo album. Ma chi è la ragazza della foto?
"Si chiama Kirsten, e quello che ci ha colpiti tutti è la sua espressione. È attonita, è la miglior rappresentazione della sorpresa, a nostro parere. La guardi e ti immagini una storia: cosa avrà visto? Cosa starà pensando? È contenta o spaventata? È sul punto di cambiare epsressione e rivelare il mistero, però quello che la polaroid ha fermato è ´quel´ momento. Ed è fantastico. Ti fa pensare. Tanti livelli. Finiamo sempre lì".

 

 

web: www.vampireweekend.com

Elisa Bellintani
(10 marzo 2010)

 

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