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 MATTIA DE LUCA
MATTIA DE LUCA I HAVE A DREAM: DOMANI
I HAVE A DREAM: DOMANI

Ha debuttato ieri sera sul palco dell’Ariston con la canzone Non parlare più. Non ha passato il turno, ma Mattia De Luca ha altri progetti per la testa – tanto per cominciare festeggiare l’uscita del suo disco di debutto, “Dreamers”.
“Mi è difficile pensare all’ultimo sogno fatto, però ne ho ben chiaro uno ed è domani; domani perché è allora che uscirà il mio disco, ‘Dreamers’. E non vedo l’ora anche perché la reazione di chi lo ascolta è di sorpresa. Forse tutti si aspettano un album in linea con la canzone che ho portato a Sanremo …”.
E invece?
“E invece non è così. Innanzitutto perché è un album di canzoni cantate in inglese, ci sono solo tre canzoni in italiano che poi sono versioni di brani originali in inglese”.
Perché l’inglese in Italia?
“ Perché l’inglese è la lingua della mia vita, l’ho studiato e parlato per molti anni. Ho studiato al Berklee College Of Music e là mi sono laureato, poi sono stato a Los Angeles e là ho provato a fare l’autore nel circuito underground. Prendevo questi tip sheets, sono dei giornali dove attraverso bandi di concorso si chiedono canzoni per gli artisti dando le indicazioni sul come farle. Ho provato anche con Leona Lewis”.
Mattia si illumina quando racconta di quel periodo della sua vita.
Ma allora perché sei tornato?
“Perché molto banalmente mi era scaduto il visto e non potevo più restare. E quando sono tornato sono precipitato in depressione, ho passato 8 mesi senza nemmeno avvicinarmi ad un piano e non sono più risucito a scrivere nulla. Il che è un dramma per me che credo molto nella musica”.
E come ne sei uscito?
“E’ stato l’incontro con Phil Palmer a tirarmene fuori. L’ho conosciuto ad una cena e gli ho dato una mia demo e non mi sono nemmeno accorto di avergli dato un disco vuoto! Lui mi ha inseguito fino a casa per farsi dare una copia vera. Non capita molto spesso. Però il click fra noi era stato istantaneo, a pelle”.
Poi avete incominciato a lavorare insieme.
“Sì. Siamo stati anche a Londra, eravamo praticamente pronti a partire per l’America quando ho detto: ‘alt’. Prima volevo provare a realizzare un altro sogno: contattare Caterina Caselli”.
A colpo sicuro?
“Sì, ho sempre ammirato la sua visione della musica e come e quanto crede nei suoi artisti. Sapevo di volere lei, il più era capire se anche lei voleva me”.
Quindi cosa hai fatto?
“L’ho inseguita per 2 mesi, sono stato sotto i suoi uffici alla Sugar e ho chiamato anche 3-4 volte al giorno per avere un appuntamento. Poi un giorno mi sono portato Phil Palmer sotto le finestre e allora ci ha fatto salire. Ha ascoltato solo una canzone e mi ha detto: ‘Grazie, ti faremo sapere tra 10 giorni’. Invece poi mi ha chiamato subito il giorno dopo. Non potevo crederci”.
Che progetto ha la Sugar su di te dopo Sanremo?
“L’idea è quella di portare il disco all’estero, visto che è cantato in inglese ed ha un approccio anglosassone alla melodia. Stiamo valutando su quali mercati, ovviamente ci sarà un mercato di lingua inglese ma non so ancora quali altri”.
Perché si chiama “Dreamers”?
“E’ una provocazione, una sorta di risposta ironica a tutte quelle persone che quando incontrano un ragazzo con la passione della musica pensano che sia solo un povero sognatore. E invece ecco il mio disco, vero, da toccare”.
Viene fuori che hai una forte integrità quando parli di musica, si capisce che è molto più di una passione per te.
“Mi sono impegnato tanto per essere dove sono e fare quello che ho fatto, credo nel valore della musica e nella necessità di portare un livello alto nel mondo della musica. Ce n’è un gran bisogno. Non ho la presunzione di dire che sono io ad alzare il livello, ma non vorrei nemmeno che il messaggio che passasse da tutto questo proliferare di talent show fosse che basta fare quello. No, occorre seguire un percorso obbligato fato di studio e gavetta, per conoscere le regole ed essere pronti a portare un contributo solido”.

WEB:  www.mattiadeluca.com

(red)
18 febbraio 2010

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