Trascinati da uno splendido disco d´esordio, gli Alberta Cross stanno facendo veramente tantissima strada, sia materialmente (macinando chilometri in tour) sia a livello di rispetto e credibilità, un traguardo che nel rock dei nostri giorni non è così facile da raggiungere. In occasione dell´uscita di “Broken Side Of Time” abbiamo fatto quattro chiacchiere con Petter Ercison Stakee, cantante nonché fondatore della band assieme al bassista Terry Wolfers.
Come avete deciso di formare la band?
“Io e Terry ci siamo conosciuti 4 anni fa a Londra. All´epoca suonavamo assieme in un´altra band, poi abbiamo iniziato a scrivere delle canzoni canzoni assieme e abbiamo registrato i primi demo con il nome Alberta Cross. Ci siamo subito resi conto che le canzoni piacevano molto alla gente, quindi abbiamo deciso di rendere la band un impegno stabile”.
Ho letto da qualche parte che c´è una specie di mistero dietro al vostro nome.
“In effetti Alberta Cross è un anagramma. Purtroppo però non posso dirti di cosa!”.
Il vostro sound è molto particolare: si sentono le influenze del blues e del rock classico, assieme a quelle di band più moderne come Kings Of Leon o Kasabian.
“Infatti le nostre influenze sono tantissime, e sicuramente un componente molto forte del nostro sound viene dal rock classico. Inoltre prima di registrare il disco abbiamo ascoltato molto Sonic Youth e My Bloody Valentine”
Voi siete originari di Londra, ma in questo momento fate base a New York. Come mai avete deciso di trasferirvi negli Stati Uniti?
“Abbiamo passato un anno intero in tour nel Regno Unito, suonando praticamente ovunque, ed eravamo un po´ stanchi. Ci serviva qualcosa che ci desse ispirazione, suonare in altri posti. Così abbiamo provato a partecipare a qualche festival a New York, e ci siamo trovati molto bene: oltre ad essere una città fantastica c´è una scena musicale molto viva, è molto stimolante”.
Prima di “Broken Side Of Time” avete prodotto un mini album e un EP: come è stato lavorare a un LP? Ha cambiato il vostro approccio alla registrazione?
“Sicuramente si. I primi album sono stati fatti molto rapidamente, in modo istintivo: praticamente li abbiamo prodotti in solo tre giorni di registrazione e cinque di missaggio. Questa volta ci siamo presi più tempo, circa due mesi, e abbiamo avuto modo di registrare bene in studio, con tutta calma; Mike McCarthy, il nostro produttore, ha fatto lavoro molto buono sul suono, c´è un grande differenza di sound tra l´Inghilterra e gli Stati Uniti”.
Qual´è la tua canzone preferita, sul disco?
“Non saprei... ma se dovessi farti un nome forse sarebbe proprio la title track, Broken Side Of Time”
Voi siete il tipo di band che punta molto sul live, e infatti avete suonato moltissimo dal vivo aprendo anche concerti per band importanti come Oasis o Dave Matthews Band. Qual´è il vostro approccio dal vivo? Preferite suonare in locali piccoli, o preferite le grandi arene?
“Abbiamo fatto molti concerti, sia in location grandi che piccole, e non saprei dirti quale delle due cose sia meglio: sono tipi di concerto molto diversi ma piacciono comunque, ogni cosa ha dei lati positivi e dei lati negativi. In genere comunque cerchiamo di rendere ogni concerto diverso, che sia un´esperienza per le persone. Non siamo certo la band che suona i brani esattamente come sono sul disco!”.
Avete diviso il palco con un gran numero di gruppi: c´è qualcuno con cui vorreste suonare, o per cui vorreste aprire, ma non lo avete ancora potuto fare?
“Se non si fossero sciolti, mi piacerebbe molto suonare con i The Verve: i loro primi due dischi sono in assoluto tra i miei album preferiti. Tra le band in attività, sicuramente con Sonic Youth e My Bloody Valentine”
Guardando il vostro sito web, ci sono link a praticamente tutti i social network. Cosa ne pensate del rapporto tra la musica e internet, e la recente esplosione di siti come Facebook e Twitter?
“Credo che nel web ci sia qualcosa di buono, ma anche che per certi versi sia pericoloso. Per esempio per i video musicali, da quando nemmeno Mtv ne trasmette più, è buono e fa di sicuro bene per la diffusione della musica: l´altra faccia della medaglia è che anche se Internet dà la possibilità a molti di farsi vedere, alla gente arriva così tanta musica, il web è così affollato che è anche diventato più difficile emergere. Per quanto riguarda i social network, non è che la cosa mi piaccia più di tanto, ma i tempi cambiano e non ci si può fare nulla. Ora le persone vogliono sapere cosa fai in ogni momento, essere coinvolte: ma perché la gente dovrebbe sapere? Io non volevo sapere cosa facevano le band che ascoltavo da ragazzino, c´era una componente di mistero che era molto importante, e ci si concentrava più sulla musica”.
web: albertacross.net
Alberto Lepri
(14 dicembre 2009)
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