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 FINLEY
FINLEY CHI NON LAVORA... NON FA ROCK!
CHI NON LAVORA... NON FA ROCK!

Parliamo un po´ di “Band At Work”, che precede l´uscita del vostro nuovo album, nel 2010. Come mai avete deciso di pubblicare un EP?

Pedro: “L’EP, che è uscito il 20 novembre, rappresenta solo una parte del lavoro che abbiamo fatto nell’ultimo anno. Per la prima volta abbiamo deciso di prenderci una pausa dall´attività live, e visto che abbiamo avuto una porzione di tempo diversa dal solito per lavorare sul disco abbiamo cercato di sfruttarla nel miglior modo possibile. La decisione di pubblicare un EP è arrivata perché ci siamo accorti che i pezzi che abbiamo scritto in questo periodo, circa una trentina, hanno avuto tutti in qualche modo un’evoluzione nel corso dei mesi, così come è cambiato in quest’ultimo anno il nostro approccio come band alla scrittura e all’arrangiamento dei pezzi: di conseguenza abbiamo deciso di aspettare, di far uscire questo EP con le canzoni che già ci convincevano e di prenderci del tempo per lavorare con calma al disco, perché l’evoluzione presa dalle canzoni ci piaceva molto e ci interessava”.
Ka:
“Questo EP vuole dare un´idea di quello che sarà l’album, anche se ancora non sappiamo nulla di certo. Abbiamo comunque voluto prendere dei mesi per far uscire il disco ancora meglio, per dargli una direzione chiara, che nell’EP si intravede ma non è ancora perfettamente a fuoco”.
Dani:
“Volevamo inoltre fare un regalo ai nostri fan, anche perché è un bel po´ che siamo lontani dalle scene e ci siamo resi conto che tra le persone che ci seguono c´è molta attesa per questo nuovo album. Per noi in questo momento fare questo EP è praticamente come far uscire un singolo prima di pubblicare un disco”.

Il terzo disco di solito è un po’ un banco di prova: pensate di rimanere sulla vostra linea o cambiare un po’? Perché ascoltando l´EP ci sono degli elementi molto diversi rispetto al vostro solito stile, come per esempio Gruppo Randa, il primo singolo.

Ste: “Beh, di sicuro non è il pezzo più facile con cui presentarsi! Ma ha una grande carica, che è quella che sentiamo noi ora”.
Dani:
“Il fatto di esserci presi del tempo in più per lavorarci ci ha permesso di spaziare di più fra i generi, perciò sarà un disco molto vario, con canzoni più vicine al nostro stile di sempre e altre molto diverse, come nel caso di Gruppo Randa”.

 

 

Qual´è la canzone di “Band At Work” che sentite più vostra?

Ka: “Sicuramente Gruppo randa è quella che ci rappresenta di più, che racconta un po´ il nostro mondo. C´è poi anche un´altra canzone a cui mi sento molto legato, Svegliami, che è un pezzo che racconta il desiderio di vedere il mondo e non rimanere bloccati nel posto in cui si è nati, e descrive questo tema evocando una serie di immagini che ti portano proprio in una specie di viaggio”.
Pedro:
“Poi c´è Le ragazze vogliono qualcosa in più, che nonostante sia una canzone apparentemente semplice, ha avuto dietro un grande lavoro di scrittura: praticamente il brano racconta una storia attraverso richiami alle ragazze citate nelle canzoni più famose nella storia del rock, e la difficoltà è stata trovare i nomi e le canzoni giuste, in modo che il tutto avesse un filo conduttore. E´ staa dura, ma ci siamo divertiti molto scrivendola, e credo che questo sia uno degli aspetti più belli del nostro lavoro”.

Nonostante la vostra giovane età siete un po´ i “nonni” della scena teen italiana: con il vostro successo infatti, avete fatto da apripista ad un sacco di band. Come vede questa scena rock, or dove sta andando?

Pedro: “A me fa piacere che ci siano tante band giovani che fanno musica di questo tipo, ma questo dimostra anche il poco coraggio delle case discografiche: capisco il momento di crisi, ma il principio rimane quello che quando qualcosa funziona, in Italia, ci si buttano tutti e ci investono solo perché una cosa sicura. Dopo il nostro successo tutti hanno visto che con delle band rock con una forte impronta melodica, e composte da ragazzi giovani, il “prodotto” si vendeva meglio di altre cose”.
Ka:
“Il proliferare di tante band rock era prevedibile, perché in qualche modo è più facile arrivare dopo: noi e tutti quelli che hanno creduto in noi abbiamo preso un rischio, mentre adesso per altre band è più facile emergere. Siamo contenti che ci riescano ma la qualità e le capacità si vedono sul lungo termine: per esempio i Sonohra vanno avanti, e sono anche riusciti a portare la loro musica all´estero, ma ci sono anche un sacco di altri che spariscono nel giro di pochissimo. Noi siamo grati che ci sia uno zoccolo duro di persone che continuano ad ascoltare questa musica e a seguire questa scena musicale, anche perché ci permettono di fare altri dischi e creare la nostra musica”.

Parlando appunto di “zoccolo duro”, in questi anni non solo voi ma anche il vostro della prima ora è cresciuto e maturato. Com´è cambiato il vostro rapporto con i fan?

Pedro: “Visto che nell´ultimo periodo siamo rimasti un po´ lontani dalle scene, abbiamo mantenuto i contatti con i nostri fan principalmente attraverso il web, e ci siamo accorti di come sia un po´ scesa quella smania nei nostri confronti che c´era all´inizio. Questo non vuol dire che i nostri sostenitori siano stanchi, ma che ora c´è un rapporto consolidato che va al di là del fan: di sicuro le distanze tra noi e il pubblico si sono accorciate”.
Ka:
“Siamo passati da livelli di isteria pura e di idolatria forse esagerata a un rapporto di fiducia in cui il nostro pubblico, attraverso quello che pubblichiamo in Internet, ci segue anche nel periodo di pausa in cui stiamo lavorando al disco, ha fiducia in noi e non vede l´ora che esca l´album”.

Voi avete avuto, dagli inizi della vostra carriera, un percorso musicale un po´ vecchio stile: tanta gavetta, poi siete stati notati ed è arrivato il successo: cosa ne pensate invece della situazione attuale, con i reality musicali e i vari artisti che ne escono?

Ka: “E´ molto bello che ci siano dei programmi televisivi dedicati alla musica, e che danno la possibilità di farsi vedere ad artisti nuovi: il problema però è che la classifica dischi è invasa da gente che arriva dalla televisione, e non c´è spazio per altro. In questo modo i cantanti e le band che invece vengono dalla scena musicale, soprattutto da città piccole, non riescono a mettersi in mostra perché i discografici magari preferiscono aspettare che arrivi qualcuno dalla televisione. Poi molto lo fa il contorno, anche X Factor ora è meno incentrato sulla musica: quando giorno e notte ti trovi davanti ogni aspetto della vita e del carattere di un artista, al di là se questo sia bravo o meno, a un certo punto volente o nolente ti ci affezioni”.
Ste:
“Ormai non c´è quasi più una scena musicale, non c´è più quella rete di locali che ti permetteva di suonare in giro anche per dieci anni e farti la tua gavetta. Quindi tanti provano anche la carta della televisione perché ti dà subito una grandissima visibilità: l´unico problema è che il meccanismo televisivo ti lancia subito molto in alto, ma non è detto che tu in alto ci riesca poi a rimanere”.
Dani:
“Non fraintendiamo, non siamo contrari ai reality musicali: ben vengano programmi che valorizzano la musica in tv, anche perché fino a poco tempo fa non ce ne erano, ma il rischio è che diventino l´unica fonte di artisti nuovi”.
Pedro:
“La cosa che mi spaventa di più è il fatto che la tv rischia di inglobare la musica stessa, creando così un livellamento. Le band per esempio rischiano di sparire, perché è molto più facile produrre un cantante o un interprete: il rischio in questo modo è che la musica italiana si fermi su quello che si è sempre fatto, sui cantanti e sullo stile melodico”.
Ka: “Infatti d´ora in poi punteremo tutto sulla carriera solista di Pedro... basta che poi non si dimentichi di noi!”.

web: www.finley.it

Alberto Lepri
25 novembre 2009

 

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