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 IL TEATRO DEGLI ORRORI
IL TEATRO DEGLI ORRORI NON CI RASSEGNAMO AL 3° MONDO
NON CI RASSEGNAMO AL 3° MONDO

Appaiono trasgressivi e provocatori ma forse, in fondo, hanno ragione loro: è la società ad essersi addormentata. E con il consueto ‘carrarmato rock’ intendono dare un bello scossone a musica, coscienze individuali e società civile. Il Teatro Degli Orrori, ossia Pierpaolo Capovilla, Giulio Favero, Francesco Valente e Gionata Mirai, ritornano con un nuovo album destinato a far pensare, “A sangue freddo”; registrato alle Officine Meccaniche di Milano (“Volevamo un suono rock”), vede tra le tante collaborazioni anche quella con i Bloody Beetroots (“L´idea di far loro remixare Direzioni Diverse era una tentazione così forte, che non siamo riusciti a resisterle”). Se “Dell’impero e delle tenebre” vi aveva scosso, qui il Teatro colpisce ancora più forte. A Sangue Freddo.
Ne parliamo con Pierpaolo Capovilla.

“A sangue freddo” è un manifesto di citazioni e suggestioni riconoscibili, da Majakovskij a Celentano al Padre Nostro e tanti altri. Perché sentite questo bisogno di continui riferimenti storico-culturali? Perché non proporre un linguaggio autonomo e personale?
“Un linguaggio autonomo e personale? Che cosa vuoi dire? Un manifesto di citazioni? In che senso? Abbiamo musicato una poesia di Majakovskij, e la chiami "citazione"? Non è una citazione, è una poesia portata in musica. I riferimenti storici e culturali ti sembrano impedire un possibile linguaggio "autonomo" e "personale"? Mi chiedo che senso possa avere questa domanda”.

Il quadro generale è sempre buio pesto, ma è come se nel buio si fosse trovato un certo tipo di equilibrio, o di rassegnazione. Ci si abitua al negativismo?
“Direi di no. Nessuna rassegnazione, ma forse il suo contrario. Scrivo canzoni che interrogano le coscienze: questo è tutto ma non rassegnazione”.

Pensi che siamo consapevoli della marcescenza che ci circonda e in cui ci muoviamo o siamo ormai tutti assuefatti, ignoranti e contenti?
“Io non sono assuefatto, non sono contento, e sono cosciente. E vorrei che anche chi ascolta le nostre canzoni si riconoscesse in questo sentimento. Siamo svegli e vigili, e per questo facciamo questa musica. Io non sono affatto pessimista. Sono convinto che possiamo cambiare le nostre vite, e con esse il mondo intero: questo è il senso delle mie canzoni”.

La vostra maniera di fare “canzone d’autore” è decisamente particolare e unica, come unico è l’atteggiamento politico delle vostre canzoni, mai distruttive o rabbiose fini a se stesse. Come vedi le cose intorno a voi?
“Non ci sentiamo soli. Tutta la buona musica è sempre segno di progresso, e di buona musica ce n´è tanta in Italia”.

Il panorama della canzone italiana è drasticamente diviso in quel che è stato e quel che è, e il presente sembra annaspare quando si tratta di scuotere, far pensare e innovare, come se la musica fosse solo intrattenimento puro. Pensi si tratti di mancanza di coraggio (da parte di chi la musica la fa, la produce, la promuove e anche di chi la ascolta), o semplicemente ricoprire un ruolo d’autore, politico è un ‘dono’ che non tutti possono vantare?

“La musica come semplice intrattenimento è il risultato delle politiche di produzione delle grandi case discografiche. Il Teatro degli Orrori è il frutto di quella parte di società che si è emancipata dal potere dissuasivo delle multinazionali dello spettacolo, della televisione, del music control, delle radio commerciali, dell´edonismo berlusconiano. Tengo molto alla tradizione cantautorale, e cerco di farla ‘precipitare’ nelle nostre canzoni, ma non credo d´avere un dono soprannaturale …”.

Oggi come oggi, in Italia, si sentono poche voci levarsi per scuotere le coscienze. Tante personalità sembrano alla fine più interessate a micro-questioni pratiche e pure a volte inutili piuttosto che a grandi argomenti. Che fine hanno fatto quelli che un tempo erano gli intellettuali? Non servono più? Si sono corrotti anche loro? Sono merce rara?
“Un intellettuale, se è una persona seria (altrimenti, che intellettuale sarebbe?), non si lascia corrompere. Queste persone esistono ed operano nella società politica e civile, come sempre. Non sono affatto pochi, sono meno visibili. Sono cambiati i tempi, e con essi la percezione della storia nell´immaginario collettivo.
Mi spiego meglio; oggi il ‘presente’ ha preso il sopravvento sul passato e sul futuro. La stragrande maggioranza di noi pensa ai fatti propri e vive alla giornata, dimentica del proprio passato, indifferente nei confronti del futuro, insofferente in quelli delle utopie. Non si preoccupa degli altri e del paese, di come esso cambia. Questo è il risultato dell´edonismo berlusconiano, della cialtroneria della classe politica e della borghesia in generale: la borghesia finanziaria, come quella operaia.
A tutto ciò possiamo rispondere con della musica e delle canzoni avulse dagli schemi ideologici dominanti”.

5 dischi che i ragazzi di oggi devono assolutamente conoscere. 3 personaggi. 1 libro.
“Facciamo 5 nomi, evitando i dischi? Posso? Pino Daniele dal 77 all´80. Il De Gregori di ‘Rimmel’ e di ‘Viva l´Italia’. Fabrizio De Andrè, in particolare ‘Rimini’. I Birthday Party e tutto il primo Nick Cave. Tom Waits, ma solo da quando scrive con la moglie, Kathleen Brennan (da ‘Swordfishtrombone in poi).
Per quanto riguarda i personaggi, sceglierei Marx, Gramsci e Marcuse.
Il libro: in questo caso la mia scelta è sempre quella, ‘Viaggio al termine della notte’, di Céline.
Comunque sia, se ancora non avete letto ‘Gomorra’, direi che è il momento di farlo. E´ un libro che ti apre gli occhi sull´Italia contemporanea”.

Come mai è così difficile incontrare un progetto valido e interessante come il Teatro degli Orrori fuori da un certo giro di appassionati, conoscitori ed addetti? Come mai alcune band faticano a trovare spazio mentre lo spazio abbonda per così tanti progetti e artisti invece trascurabili?
“Ma il Teatro degli Orrori non è così sconosciuto! Le band faticano per le solite ragioni, di cui ti dicevo prima. E´ cambiato il Paese. Non credo arriverà mai il momento in cui al posto di Ramazzotti ci sarà Vasco Brondi. Non credo proprio... Ma nel frattempo io, fra un trasloco e l´altro, avrò già buttato via i dischi che non contano”.

L’amore. Che ruolo ha l’amore in un quadro così cupo come quello che dipingi della vita di oggi? È contaminato anch’esso?
“Certamente. "Per piccoli egoismi e altrettante bugie". Ma io non scrivo mai canzoni d´amore: mi interessano i rapporti sociali, e l´amore non è che un espediente narrativo che mi permette di parlare d´altro, delle moltitudini, delle ingiustizie, della vita che se ne va”. 

Di tutte le storie di eroi moderni quella di Ken Saro-Wiwa. Cosa ti ha colpito di lui e della sua figura?
“Ken Saro-Wiwa fu poeta, drammaturgo, scrittore, autore televisivo (sua è la più famosa soap-opera africana), persino ministro e imprenditore di successo. Attivista politico, infine. Un uomo complesso, una figura paradigmatica dell´Africa che cambia. Uomo di pace, fu impiccato nel 95 dal regime di Abacha. Lottò per i diritti di una minoranza etnica, ma soprattutto per l´ambiente. Perché l´ambiente e la vita di uomini e donne sono lo stesso identico problema. E´ un eroe dei nostri tempi”.

“Mai dire mai è una baggianata e l’han detta troppe volte”. Qual è la più irritante baggianata con cui ti ritrovi ad aver a che fare, di questi tempi?
“Berlusconi Silvio e il suo governo tutto”.

Si trova nei testi una tensione verso la religione e Dio, che però più che un conforto e un porto sicuro sembra un altrove, un’evocazione. In Padre Nostro assomiglia più a una maschera che indossiamo su richiesta, che ad una professione di fede. Siamo noi a sbagliare l’approccio? O davvero è impossibile arrivare ad avere un legame con Dio?
“Il Padre Nostro de Il Teatro degli Orrori è una rispettosa preghiera al Padreterno di non perdonare quei figli di puttana che si arricchiscono alle spalle del mondo intero e che hanno mani e coscienza sporche di sangue, quando verrà, speriamo presto, la loro ora. Per quel che riguarda Dio, io sono laico, ma adoro Bonhoeffer”.

Perché proprio “All’amato me stesso” di Majakovskij?
“Perché fra le tante sue poesie che adoro, questa è la mia preferita”.
 

Lo sberleffo e la provocazione nei confronti della polizia e delle autorità deputate al controllo sono davvero sintomatici di un malessere reale e diffuso?
“Direi di no, ma sarebbe molto bello. Sarebbe giusto che le persone che vivono in Italia oggi, si sentissero cittadini a pieno titolo, e si scandalizzassero di fronte alle più sfacciate violazioni dei diritti umani compiute dalle forze dell´ordine in Italia, oggi”.

“Ma in che paese vivo, nel terzo mondo”. La vostra radiografia della società moderna è lucida e un po’ avvilente; siamo davvero diventati un Paese che è un terzo mondo? Il terzo mondo è più dentro o intorno?
“Quando vengo a sapere che la criminalità organizzata italiana detiene il monopolio dello spaccio di cocaina ed eroina in Europa ed esporta armi leggere più di qualsiasi altro stato al mondo. Quando leggo di immigrati dell´est e nordafricani che non vengono pagati, ma uccisi, per raccogliere pomodori in Puglia e Campania, e quando sento degli eritrei che muoiono nel Canale di Sicilia, dopo aver attraversato il deserto, fuggendo da una dittatura sponsorizzata dal nostro paese. Quando incontro uno zingaro, che si stupisce della mia gentilezza, abituato com´è ad esser disprezzato da tutti. Quando vedo in TV la faccia di berlusconi, padrone dell´informazione e delle menti dei più vulnerabili, i vecchi ed i più giovani, parlare di libertà: penso che viviamo in un paese del terzo mondo”.

Tra le diverse collaborazioni che ci sono in “A sangue freddo” spicca quella con i Bloody Beetroots, un po’ perché è inaspettata, un po’ perché in questo momento sono sulla bocca di tutti. Come è nata? Come vi siete trovati?
“Bob Rifo e Giulio si conoscono da tempo, e già avevano lavorato insieme.
L´idea di far loro remixare Direzioni Diverse era una tentazione così forte, che non siamo riusciti a resisterle”.

La registrazione alle Officine Meccaniche è stata una scelta meditata per portare il suono in una certa direzione?
“Volevamo fare un bel disco rock, e abbiamo scelto uno studio all´altezza della situazione”.

Qual è la più grande incomprensione che è stata scritta o detta sul Teatro degli Orrori e che vorresti puntualizzare?
“Non saprei ... Me ne frego bellamente di qualsiasi cosa dicano i nostri detrattori”.


WEB: www.ilteatrodegliorrori.com

Elisa Bellintani
30 ottobre 2009

 

 TUTTO SU IL TEATRO DEGLI ORRORI

2009
A sangue freddo

2007
Dell�impero delle tenebre
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