1998: arriva in sordina uno scimmiotto surreale che, parodia dell’erotismo distorto contemporaneo, combina un gran fracasso nell’annoiato panorama pop internazionale. È Sexy Boy, che in una elegante forma futurista riscrive i parametri di quel che fa tendenza, e proietta l’album “Moon Safari” non solo nel firmamento di quell’anno, ma nell’Olimpo dei migliori debutti di sempre. Gli AIR, i francesi Jean-Benoît Dunckel e Nicolas Godin, impersonano il lato pop distinto del French Touch, quella neonata corrente di artisti francesi operativi nel campo della musica elettronica (Laurent Garnier, Daft Punk, Cassius, Dimitri From Paris et al.) che oggi vede portare avanti la sua eredità dai massivi Bob Sinclar, David Guetta e Justice.
Sono passati 11 anni da “Moon Safari”, e 5 milioni e mezzo di dischi venduti dopo gli AIR ritornano con un nuovo, straordinario viaggio sonoro: “Love 2”. Troppo facile pensare che “squadra vincente non si cambia”. Gli AIR hanno sempre amato sorprendere, e per mettere le cose in chiaro qui lo fanno subito a partire dalla copertina: un taglio netto con le sperimentazioni visionarie e protagonista diventa un semplice scatto b/n. Semplice? Siete proprio sicuri?
Tu e Nicolas in riva al mare in una posa di maniera in guisa fortemente French. È un vostro omaggio alla chanson?
“Ne abbiamo parlato tanto. Occorreva trovare una forma visiva che si accompagnasse al titolo dell’album, che fosse allo stesso tempo incisiva e delicata, che suggerisse un forte rapporto d’amore e un senso leggiadro. Questa fotografia è tres romantique, il mare offre una prospettiva di infinito e il bianco e nero dà un taglio retrò. Gainsbourg ci manca molto. E noi sembriamo completamente dissolti nelle nostre emozioni”.
“Love 2”: troppo facile dire che c’entra l’amore …
“Infatti. Ci sono diverse chiavi di lettura: un capitolo d’amore tra 2 persone, una dedica condivisa da parte di noi due, una seconda opportunità di passione. Ma è soprattutto love to, ossia quello che ci piace fare: ci piace condividere un percorso artistico, uno studio di registrazione, idee e sensazioni, e su tutto ci piace creare musica per darle poi titoli raffinati”.
Dopo 15 anni d’amore artistico con Nicolas vi sentite come una vecchia coppia sposata?
“In un certo senso! A volte litighiamo ma più che altro ci conosciamo molto, molto bene e sappiamo come tirare fuori il meglio dall’altro; entrambi sentiamo di avere ancora tante cose da esprimere in musica, e su questo siamo pienamente d’accordo”.
C’è sempre molta eccitazione intorno all’uscita di un vostro album. Secondo te perché?
“Forse perché siamo stati i primi a tracciare una strada”.
E voi quanta aspettativa riponete in “Love 2”?
“Siamo in fibrillazione. Mi piace molto aprire iTunes e vedere lì segnalato anche il nostro singolo, mi riempie di orgoglio come se fosse la prima volta”.
Ogni quanto controlli la situazione?
“Non sono un maniaco smanettone. Una volta al giorno direi che può bastare!”.
Questo disco lo avete registrato per la prima volta senza nessun produttore. Meglio soli?
“Ne abbiamo provati tanti, in tutti questi anni, e abbiamo imparato tante cose osservando il loro lavoro e i loro metodi di approccio. Ruba l’arte e falla fruttare, dico io. Se prima avevamo bisogno di un aiuto e di qualcuno che ci indicasse la direzione da seguire, ora ci sentiamo abbastanza forti da poter fare da soli”.
Ascoltando la vostra musica si percepisce la perfezione di ogni singolo elemento. Questo puntiglio è difficile da dosare, ora che siete solo tu e Nicolas a doverlo gestire?
“Penso che tutti si riscoprano un po’ perfezionisti quando si tratta di lavorare qualcosa fatto con le proprie mani. Quello che a mio avviso con gli anni è cambiato non è tanto che siamo diventati più veloci a fare le cose come ci piace, ma che abbiamo guadagnato in naturalezza”.
Altra novità: “Love 2” esce direttamente dal vostro studio di registrazione, Atlas. Me lo immagino un luogo di opulenza musicale, è così?
“C’è dentro tutto quello di cui abbiamo bisogno. Ci abbiamo messo anni a trovare il posto giusto dove collocarci; poi è arrivato lui: si trova nel Nord di Parigi, in un quartiere dove è forte la presenza di Nordafricani e Asiatici, un crocevia culturale che ha fatto del posto la meta preferita di artisti e registi. È stato amore a prima vista. È un ambiente molto, molto creativo in cui muoversi”.
A proposito di cinema: dopo la colonna sonora de “Il giardino delle vergini suicide” di Sofia Coppola e l’esperimento teatrale con Alessandro Baricco, avete altro in serbo?
“Non ci basta fare un album, come vedi! Il mondo del cinema e delle performance visive ci ha sempre affascinato e creare dei suoni che accompagnano una storia è una sfida da cui non ci tiriamo mai indietro. Ci piacerebbe fare un’altra soundtrack. Ci piacerebbe molto inserire degli ologrammi per il tour 2010, ma per ora la nostra idea è troppo costosa …”.
Dacci un consiglio di musica francese.
“Un artista che merita di essere conosciuto è Alexandre Desplat, compone esclusivamente colonne sonore. Per noi è costante fonte di ispirazione e meraviglia. E poi il nostro amico Sebastian Tellier”.
Per voi che siete stati tra i primi, cosa è rimasto del French Touch oggi? Sentite ancora di appartenervi?
“È complicato. Le cose sono parecchio cambiate in questi anni, all’inizio eravamo quasi un gentlemens’ club dove potevi dire: lui c’è, lui no; gli AIR sfamavano l’appetito delle persone comuni, quelle che non frequentano abitualmente le discoteche ma accendono la radio tutte le mattine. Oggi il French Touch non esiste più. Ci sono artisti francesi che si ispirano a quello che abbiamo fatto noi allora ma non sentono più di appartenere ad una corrente specifica e vanno ognuno per la propria strada. Noi invece sentivamo tutti che, con quella particolare sensibilità che ci accomunava, stavamo davvero contribuendo a cambiare le cose”.
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