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 SONDRE LERCHE
SONDRE LERCHE SUONI LEGGERI E TOPPING AMARCORD
SUONI LEGGERI E TOPPING AMARCORD

Sondre Lerche è il tipico artista che ti sorprende. Letteralmente. Chi lo segue dai tempi di “Faces Down” (ed era appena il 2002) sa bene che al ragazzo piace cambiare stile ad ogni suo lavoro, passando dal pop all’upbeat al jazz fino al rock nel corso dei suoi 5 album, che tra l’altro comprendono anche la suggestiva colonna sonora di “L’amore secondo Dan”, il film del 2007 con Steve Carell e Juliette Binoche protagonisti. Questa inquietudine artistica di Sondre, nato a Bergen (Norvegia) ma da ormai qualche anno residente negli Stati Uniti, non comporta però confusione e spiazzamento. La sua voce delicata è un cono di risonanza espressiva unico, capace di convogliare infinite emozioni in una parola o in un pausa. E la sua tecnica di scrittura è di quelle che mettono la parola al centro di tutto, accostandole in figure retoriche avventurose e seducenti, accoppiando le allitterazioni e insistendo su suoni e significati reconditi e secondari. Nulla è mai scontato.

Avviene anche in “Heartbeat Radio”, il nuovo album di Sondre Lerche. Questa volta si percepisce un inciso più swing e vintage, una produzione pop che farebbe la sua figura in qualunque music hall americana ma con un pubblico giovane e un po’ malinconico. Perché spesso Sondre evoca la nostalgia per situazioni e sensazioni di un passato neanche troppo lontano, ormai perduto. E l’accompagnamento di orchestrazioni complesse (archi, fiati e una serie di strumenti dall’alto potere evocativo) fa di “Heartbeat Radio” il disco più interessante della sua intera produzione.

Sei norvegese ma abiti negli Stati Uniti. Però questo disco lo hai voluto registrare in Norvegia. Avevi nostalgia di casa?
“In realtà desideravo soprattutto lavorare con il mio amico Kato Ådland, e lui abita in Norvegia. In più la situazione in cui è nato questo disco è stata particolare: il mio contratto discografico era scaduto, così invece che rinnovarlo ho deciso di restare disoccupato e registrare un disco come volevo, fino in fondo. Però per registrare servono soldi, io di soldi non ne avevo molti, gli studi in America costano cari e Kato mi ha invitato a lavorare da lui, in Norvegia. Non ho grossi budget a disposizione ma so di poter sempre contare su dei buoni amici!”

Perché hai voluto proprio Kato?
“Perché è un musicista unico, suona parecchi strumenti e riesce a stimolare la mia creatività e la mia aspirazione all’avventura. Volevamo sperimentare una strada non ancora battuta, così abbiamo chiamato altri musicisti e abbiamo provato. Si è trattato di un’esperienza totalmente nuova per me, abituato a far tutto più o meno da solo. Mi sono parecchio divertito”.

È per questo che ci hai messo quasi un anno a finire il disco?
“Sì. Occorre tanto tempo per definire i dettagli e far funzionare le diverse parti tra loro. Ma il vantaggio è che non mi sono dato alcuna deadline e nessun limite, se non quello di arrivare ad essere soddisfatto al 100% del lavoro svolto”.

Non ti ha invece spaventato il fatto di ritrovarti senza un’etichetta a ‘coprirti le spalle’?
“Non come potreste pensare. Davvero, mi sono detto: proviamoci. Ho tempo e voglia di farlo. L’idea era quella di completare il disco e poi andare a proporlo a diverse case discografiche, dicendo: ehi, eccomi qui, questo è il mio disco, chi mi assume? Anche perché sarebbe stato troppo naif credere di poter andare da qualcuno e dire: ok, voglio fare un disco ma non so bene come verrà, prendetemi. Non sarebbe stato onesto. Così invece ho avuto modo di fare esattamente quel che volevo e come lo volevo io. Il pacchetto completo comprendeva Sondre e ‘Heartbeat Radio’, prendere o lasciare. Mi hanno preso!”. (la Rounder Records/Universal, ndr)

Hai detto che all’inizio non avevi le idee ben chiare su cosa avresti fatto. Come ti sei mosso, poi, allora?
“Tutto è venuto con naturalezza provando insieme a Kato alcune cose che avevo scritto. Avevo in mente solo due linee guida essenziali: che ogni canzone dovesse avere una vita propria e che ogni canzone dovesse suonare diversa dalle altre”.

Missione compiuta: le influenze per “Heartbeat Radio” vanno dal jazz anni ’50 al rock dei ’60, il Brasilian psych-folk dei ’70, Prefab Sprout, Scritti Politti, Fleetwood Mac, e perché no, anche un maestoso tema da James Bond come Like Lazenby.
Ma se queste ricche sonorità vintage fanno da tappeto, al centro del palcoscenico ci sono le parole.

Parli di nostalgia, memoria, amore, inquietudine e lo fai con un tono che presuppone un grande lavoro di elaborazione.
“A me piacciono le emozioni complicate, non mi interessano né reputo interessanti in generale le cose semplici alla lui ama lei, lei ama lui, lei lo tradisce, lui soffre. La vita non è certo o bianca o nera. Ecco, mi piace trovare quella nota dolceamara che c’è nelle cose belle, così come il lato agrodolce dei momenti difficili. Amore cieco o disperazione … No, non fa per me”.

L’onestà viene prima di tutto?
“Certo. Anche se c’è onestà e onestà … Di questi tempi è come se cantare di se stessi fosse diventato necessario per essere presi in considerazione. Parlo di me e tutti pensano sia una cosa meravigliosa, spiare nel mio percorso di autoanalisi. Non sono d’accordo. Occorre lavorare sulle emozioni, svilupparle, deve esserci un processo di elaborazione. Se no basta prendere la chitarra e strimpellare due note e cantare: ti amo, oh, come ti amo. Un po’ povero, non trovi?”.

In “Heartbeat Radio” c’è molta attenzione per la musica e le atmosfere. La musica ha superato l’importanza delle parole, stavolta?
“No, questo mai. Sono sempre un cantautore, in fondo, e alle canzoni sto molto attento da un punto di vista lirico. È la prima cosa che compongo, ed è la prima cosa che noto in una canzone. Però questa volta è vero, ho voluto lasciarmi andare per quanto concerne le melodie e provare a fare anche di quella parte della mia produzione un veicolo di emozione, non solo un accompagnamento”.

“Heartbeat Radio” fa venire in mente un collage di foto seppiate. Quale scatteresti per rappresentare il disco?
“Credo lo rappresenterebbe benissimo una coperta patchwork di colori e fantasie differenti, e di materiali diversi. Ecco, lo vedo come una copertina feticcio, questo disco. Spero piacerà anche a voi!”.

 
 


Elisa Bellintani
12 ottobre 2009  

 TUTTO SU SONDRE LERCHE

2009
Heartbeat Radio

2007
Phantom Punch

2006
Duper Sessions

2004
Two Way Monologue

2002
Faces Down
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