Sono andato all´intervista con J Ax con una voglia malsana di sentirgli dire qualcosa di vecchio, di passato, un qualcosa che testimoni il passaggio del tempo; perché non è possibile che quando rappava lui io ero alle medie ed adesso che inizio ad avere qualche capello grigio è ancora lì, con la stessa voglia, la stessa fotta, la stessa cattiveria (quella bella, quella agonistica) di allora. Abbiamo dei giovani più vecchi di lui.
Questa mi sembrava l´occasione perfetta; il nuovo singolo Deca Dance, che da il titolo all´album, è un brano pieno di citazioni anni ´90, dagli 883 a Heather Parisi e, secondo me, quando si inizia ad essere un po´ nostalgici, si inizia ad essere un po´ vecchi.
Entro in punta di piedi alla Best Sound, lo studio dove Ax registra dalla notte dei tempi, mi metto su un divanetto e mi ascolto l´album intero a chiodo nelle cuffie mentre prendo appunti sul mio nuovo cellulare multimediale. Il disco ha decisamente un bel tiro, penso fra me e me, mentre ascolto, scrivo e bevo un bicchiere d´acqua. Multitasking, segno di gioventù.
Una buona mezz´oretta dopo mi dicono che posso finalmente parlare con l´artista; ripenso alle domande e so che se voglio cavargli dalla bocca un qualche commento che inizi a far intravedere della senilità dovrò agire con intelligenza e furbizia.
Alla parola “nostalgia” mi ha già stroncato...
J Ax: “Ma tutti ce l´avete con questa storia della nostalgia? Ma dove la trovate la nostalgia? È al primo ascolto che magari uno può sentire un qualcosa di nostalgico, anzi la nostalgia dei bei tempi è proprio presa a calci nel culo. ´Deca Dance´ mischia un calderone culturale che parte dagli anni ´70 e non dice ´ah ma come era bello a quei tempi´, ma dice ´volente o nolente´ noi siamo questo. Fa parte della nostra cultura. Siamo Non È La Rai, siamo Lino Banfi, siamo Taffy o Claudio Cecchetto. Io ho provato, nella forma più divertente possibile, di parlare di queste contraddizioni culturali che ci sono nella nostra formazione. Adesso magari mi capiterà di leggere su Beat che mi prendete per il culo perchè dico che Max Pezzali è un grande della musica italiana e secondo me chi sostiene il contrario ha dei preconcetti.”
Noi, nella redazione di Beat, siamo tutti fan di Max. E poi lo dici a me, io sono dell´82, sono cresciuto con le canzoni degli 883.
J Ax: “Ha scritto canzoni come Come Mai. Secondo me ha contato più di tanti altri nella musica italiana ed io voglio cantarne le lodi, visto che non lo fa nessuno, visto che quelli bravi secondo qualcuno sono sempre gli stessi, da vent´anni”.
Anche Jovanotti For President viene citato in Deca Dance e quel Jova lì ricompare proprio nella traccia iniziale del disco; le stesse rime, la stessa cadenza di una volta. Solo Ax poteva riportarlo in vita.
J Ax: “È stato molto divertente. Non ci è voluto niente, non è che è dovuto rientrare nel suo corpo; anzi secondo me lui aveva una voglia pazzesca di fare una cosa del genere”.
Si parla di collaborazioni, continuo a battere sul discorso, anche perché sul disco ce ne sono parecchie . E poi in realtà non avevo un´altra domanda in canna.
E Pino? Ormai siete una band, quasi...
J Ax: “Con Pino Daniele siamo vicini umanamente non solo artisticamente; lui, poi, è uno di quei pochi cantautori che, anche se ascolti solo rap, conosci e rispetti lo stesso”.
Forse perché tutti e due avete portato un genere ai suoi massimi livelli e poi non vi ci siete più riconosciuti del tutto.
J Ax: “Sai il pubblico non te lo scegli. Io vedo ai miei concerti solo ragazzi sopra i 16 e sotto i 30, senza maglietta con una voglia assurda di pogare e penso che questo potrebbe essere il seguito di un gruppo punk o rap negli Stati Uniti. Nel 2009 penso sia logico fare come faccio io; me ne sbatto del genere da cui proviene cosa campiono, non sono legato solo al blues, tento di prendere da tutto ciò che mi piace”.
Secondo me il suo disco è un disco hip hop a tutti gli effetti. Il disco di Flo Rida non è così diverso dal suo, come approccio; in fondo dentro ci sono tanti riferimenti ad altri generi musicali ed addirittura un campione gli Eiffel 65.
J Ax: “Si ma poi c´è chi ti dice che Flo Rida non è hip hop, perchè è tutto finto. A me le i dischi rap che stanno uscendo mi piacciono; oltre ad Eminem che secondo me ha fatto un grande album anche se bistrattato, mi piacciono Rick Ross, Flo Rida, Lil Wayne. Qualcuno vuole fare del rap qualcosa di esclusivo e di intellettuale. Io la faccio più semplice: se tu sai rappare, sai scrivere bene, sai raccontare una storia in modo che io resti lì ad ascoltarti, a me non interessa se hai il capellino o sei Fabrizio Moro; io ti ascolto”.
“Deca Dance” segue a distanza di sei mesi “Rap N´Roll” ed è anch´esso un album di 10 tracce. J.Ax si sta adeguando alle logiche del mercato?
J Ax: “All´inizio si. Poi mi sono accorto che l´album da 40 minuti secchi è più godibile, anche per me; è il formato perfetto. Se ci pensi è esattamente la durata dei vecchi vinili; al tempo quello era un limite tecnico, ma io credo che sotto un certo profilo fosse il formato perfetto. Quindi continuerò a fare più pubblicazioni, più corte.
Poi mi piace il fatto che sono 10 canzoni a 10 euro; 1 euro a canzone è il prezzo del mercato. Se fossero state 11 canzoni sarebbe costato 11 euro, per come la vedo io”.
Il pubblico ti ha premiato; 60.000 copie vendute e molta più esposizione mediatica che con DiSanaPianta.
J Ax: “Ma la sai una cosa? Disanapianta è molto più brutto di questi due dischi, diciamocelo. Non avevo trovato ancora la mia vera identità: è stato +Style la chiave di volta. Quel brano è nato in modo molto naturale, senza paranoie su come il mio pubblico l’avrebbe categorizzato o come i media l’avrebbero trattato. Infatti le radio non lo passavano, ma grazie ad intenet ed al passaparola è arrivato ad essere il secondo singolo più venduto in Italia. Così ho capito che dovevo fare la musica che piaceva a me, seguendo il mio istinto al 100%, senza preoccuparmi che cosa vogliono i media; la mia energia arriva lo stesso”.
Arriva il momento in cui mi sento di esporre la mia idea, ovvero che la grande musica sia fatta da grandi conflitti fra teste diverse. Lennon-McCartney. May-Mercury. Albarn-Coxon. E perchè no, J.Ax-Dj Jad. Ora che con Jad non lavori più è GuidoStyle (il cantante-produttore degli Styles) il tuo “antagonista”?
J Ax: “Non vorrei mai che passasse il concetto che Guido ha sostituito Jad. Non è così. Guido sa fare ciò che io non so fare; capisce le mie parole e le mette in musica. Lui sa trovare il sound giusto per la mia musica. Quando ho fatto DiSanaPianta ho usato i migliori musicisti ma non ha funzionato perché non c´era una direzion unica, non c’era un vero e proprio produttore, colui che ti sa trovare i suoni giusti per quello che vuol fare. Alcune canzoni, poi, le scriviamo assieme, ma lui è soprattutto un produttore”.
In questa chiacchierata Ax mi ha detto più volte di aver paura di essere frainteso, come se qualche volta in passato non fosse stato pienamente capito.
J Ax: “In effetti è così, da tanti sono frainteso, fra cui anche le riviste musicali. Molti pensano che io abbia “usato” il rap italiano per arrivare al successo, ma nessuno pensa a quanto l´hip hop italiano abbia tolto a me; io i dischi rap che ho comprato li ho pagati. Oltre a questo cosa devo? A chi? Vedo che nei forum Hip-Hop si parla bene di me, mentre negli anni ´90 non lo si faceva; credo sia perché ho portato la mia tecnica ad un livello ineccepibile”.
Io credo sia perchè adesso hanno un termine di paragone. Paragonano i tuoi vecchi dischi a quelli attuali, a quelli di Marracash, per esempio.
J Ax: “Beh hai citato Marracash. Lui stesso dice che il tipo di rap di Fatti un giro nel quartiere l´ha influenzato moltissimo. Credo che la differenza la faccia il fatto che io sono un tamarro; io ho sempre sognato che questa musica diventasse quella dei tamarri, io sognavo un gruppo come i Club Dogo. Come dice Marracash il rap per essere vero deve essere popolare; il rap d´elitè è un antitesi di se stesso ed è un´anomalia tutta Italiana”.
La ragazza dell’Ufficio Stampa mi informa che il mio tempo è scaduto; il povero Ax ha passato tutto il giorno dal difendersi dall’accusa di “nostalgico”, animatamente, con fierezza.
Ciò che colpisce quando parli con lui della sua musica è la passione e l’amore che trasmette per le sue canzoni; ogni volta che mi è capitato di intervistarlo mi ha sempre comunicato una grande voglia di guardare avanti, con mille progetti nella testa e l’entusiasmo di un adolescente.
Per quanto ci abbia provato, anche questa volta non ho trovato neanche un segno di vecchiaia, di stanchezza; sempre lo stessa voglia di “spaccare”.
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