Scena: 2001, Festival di Sanremo, palco dell´Ariston. Roberto Angelini, emergente delle Nuove Proposte di quell´edizione, vince il Premio della Critica per la sua Il Sig. Domani. La stessa critica applaude all´omonimo disco di debutto, Angelini viene osannato e diventa uno dei simboli della nuova corrente cantautoriale nata e cresciuta all´ombra del Colosseo. Poi lo shock. Appena due anni dopo Angelini stravolge tutto e tutti e pubblica il tormentone Gattomatto. Cambio di musica, d´immagine, di pubblico. Dopo il successo mediatico il silenzio, interrotto solo oggi – dopo sei anni – da “La vista concessa”.
Domanda scontata: cos´è successo durante tutto questo tempo?
“Innanzitutto mi sono creato un alter ego, Bob Angel, ma – ahimè – nessuno se n´è accorto (ride, ndr). Tutto è nato da una scelta grossa, quella di rompere completamente con quello che stavo diventando e che non mi faceva stare bene. È stata la soluzione più giusta per riprendere un rapporto sano con la musica. Ho fatto comunque tanto: l´ultimo capitolo con la Virgin, l´Ep ´Ripropongo´, un disco tributo a Nick Drake, esperienze con il collettivo AngeloMai e il progetto Violenza 124. Ho aperto un mio piccolo studio di registrazione, ho ripreso a suonare nei localetti. Ho praticamente rifatto tutto un percorso che di solito si fa con il primo album”.
Passare dal Sig. Domani al Gattomatto. Com´è successo?
“Sarebbe semplice dirti che mi hanno costretto, ma non m´interessa scaricare la colpa. Diciamo che avevo grandi aspettative sul mio esordio, ma dopo Sanremo – per fare un esempio calcistico – mi sono ritrovato in panchina, e non a ´giocare´ da centravanti come speravo”.
Quella canzone era la soluzione?
“Per entrare nel circuito giusto di tv e feste è stata perfetta. Ci tengo a dire che però non si decide a tavolino di fare un disco che vada forte in radio. Così come in politica, quando cambia un sindaco in una città cambia anche tutta la giunta. Mentre lavoravo al secondo album, che seguiva il filone del primo, il direttore generale dell´epoca venne fatto fuori e i nuovi ´personaggi´ avevano una filosofia completamente diversa. Così mi sono detto: mi presento come me stesso o li fotto? Li fotto! Ma in realtà mi sono fottuto da solo. Se continuavo per la mia strada oggi magari riuscirei a fare concerti con cinquecento persone, invece di soffrire come un esordiente".
Il tuo pubblico ti ha rinnegato?
“Per un periodo a Roma mi hanno odiato. Ho dovuto ricostruire interi rapporti, non solo musicali. Fortunatamente alcuni musicisti li conosco dal liceo, hanno vissuto anche loro quella fase di transizione e ci siamo divertiti. I miei pezzi sono viscerali, cantarli mi porta sofferenza. Nel 2003, invece, non dovevamo preoccuparci di niente, tanto era tutto in playback (ride, ndr)”.
Ora com´è il tuo approccio alla musica? Non pensi più al gusto del "popolo"?
“Faccio quello che mi emoziona. Mi piace vivere l´ispirazione, la paura di portare in giro una mia idea per farla ascoltare, dai centri sociali a quelli culturali. Ho imparato ad accettare il mio come un microcosmo, prima la vedevo diversamente e sono stato malissimo. Certo, appena registro le mie cose le considero merda, devo lasciarle lì una settimana e vedere se riprendono vita”.
Dicembre, il primo singolo de “La vista concessa” era già pronto da quattro anni...
“... E il video da due! Io e la mia band ci siamo subito innamorati di questo brano. È stato il punto da cui ripartire, volevo che tutti i pezzi a venire avessero la stessa forza. Ogni volta che lo riascoltavamo pensavamo ´ Cazzo ma perchè non ci stufiamo mai?´. È un piccolo miracolo armonico”.
Coincidenza: tuo figlio Gabriele è nato proprio nel mese di dicembre.
“L´intero disco è dedicato a lui. La sua passione, però, sono le moto. Ne devo disegnare cento al giorno, farle col pongo, con qualsiasi cosa, un´ossessione! Però ero già preparato, i figli la pensano sempre al contrario dei padri. Io sono fissato con il pongo, da piccolo facevo città, guerre, di tutto. Mia madre conserva ancora un robot dalla struttura estremamente complicata. Ogni volta che lo rivedo quasi non ci credo di averlo fatto io, per di più da bambino”.
Fiorirari parla proprio del rapporto con la tua famiglia. È stato difficile scriverla e intepretarla?
“Abbastanza... Non è stato neanche facile farla ascoltare a loro. Ma sono sicuro che sia altrettanto difficile trovare una situazione estremamente serena e precisa in un qualsiasi nucleo familiare”.
La tua compagna, l´attrice Claudia Pandolfi, nella canzone fa da controcanto.
“È stato naturale, viviamo in una casa dove ci sono strumenti dappertutto e c´è sempre la possibilità di suonare e far nascere qualcosa. Lei è diventata bravissima a suonare la batteria, ha senso ritmico eccezionale. Capita spesso che mentre suono io magari lei mi viene dietro e la sento in lontananza che grida che ha trovato l´idea giusta (ride, ndr). Quando mi sono ritrovato a registrare Fiorirari ho subito pensato a Claudia per la doppia voce. Ci sentiamo una coppia alla ´Once´, un film bellissimo”.
Web: www.robertoangelini.it
Vyncent Valo
16/02/09
Guarda il video di Vulcano, il nuovo singolo di Roberto Angelini:
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