E´ la prima volta che incontro Vinicio Capossela insieme ad altri giornalisti presso la sua etichetta. Ascoltarlo mentre racconta con passione fanciullesca il suo mondo fantastico fatto di paradisi di calzini, di cartoni animati, del circo, insomma di tutto il suo vasto campinario di immagini di ogni epoca e colore in musica è straniante e piacevole allo stesso tempo.
Una realtà parallela disegnata dall´enorme creatività dell´artista di origine irpina, che ha raggiunto con questa la sua ottava settima fatica discografia di inediti. L´album che sta per pubblicare si intitola infatti "Da Solo" ed è uno splendido campionario di brani immaginifici, tutto studiato per voce e pianoforte. Fra le tematiche trattate c´è la condizione di relazionarsi alle relazioni, perchè, spiega Vinicio, "non si è mai cosi tanto da soli come quando si è in due". Ma ci sono anche la guerra, il buonumore e l´America del niente attraverso i Calexico e Marc Ribot.
All´inizio dei tuoi appunti, hai scritto che avevi dei conti da regolare. Visto il risultato e sentiti i frutti del tuo lavoro volevo sapere se avevi saldato quelle pendenze in sospeso.
"Bella domanda. Questi erano alcuni conti, non ho saldato tutto. L´ho detto perchè ci sono diverse cose che avevo iniziato a scrivere tempo fa e non avevo mai portato a compimento: è bello a volte che la vita dia il tempo per vedere le cose nella loro oggettività, ci sono momenti in cui si è troppo sopraffatti per poterne parlare, anche di cose personali. In questo disco alla mitologia più generale a alcuni casi di mitologia personale. Sono relazionamenti. Il conto da saldare artisticamente è stato con la mia antura, con la capacità di relazionarsi ai rapporti. Ma è troppo personale per parlarne e quindi non ne parlerò.. (risata generale, ndr)".
Proprio per questo l´hai intitolato "Da Solo". E´ un po´ il punto d´inizio.
"Beh, sì uno di solito parte da quello che conosce meglio. Non so.. A voi come sembra? A me sembra un bel titolo. Ovviamente non è un disco che riguarda la solitudine, anzi e particolarmente ´malaccompagnato´.. piuttosto è la condizione con cui ci si relaziona a diverse cose, anche alle relazioni. Del resto non si è mai così da soli come quando si è in due".
C´è molta America nel disco. Dai Calexico, alla letteratura americana, fino al viaggio che hai fatto per andare a Tucso. Quali sono state le ispirazioni dall´America? Il tuo disco è cambiato con gli incontri che hai fatto per strada.
"Musicalmente quasi tutta l´americanità del disco è dovuta alla festività di Halloween: per celebrarla, un giorno di 3 anni fa, il mio amico Christofer Wonder che di maestiere fa il mago mi invitò subito dopo ´Ovunque Proteggi´ a Los Angeles e ho avuto modo di sentire questo ´silenzio d´America´. L´America che ho scoperto in questo viaggio, l´ultimo, è quella del Mighty Wurlitzer, uno straordinario strumento che si utilizzava nei teatri di inizio secolo per accompagnare i film muti e che troneggia oggi in moltissimi Pizza Stop. E´ l´espressione dell´America a cui faccio riferimento, quella del sogno colorato e del nulla dietro, della creazione del fantastico: lavorando con economie di scala gli americani hanno creato un organo che riproduce tutta l´orchestra ed era veramente sorprendente perché si poteva utilizzare solo lì, avendo 400 canne differenti o, che so, una marimba azionata da dei bracci meccanici. E´ più grosso giocattolo mai costruito. Il suono di questo strumento è perfetto per accomapagnare Paolino Paperino mentre fa un pic nic in campagna, solo il Wurlitzer può dare il senso del fantastico. E´ come fare musica con uno strumento animato ma con uno strumento inanimato, perchè non è veramente vero".
Che tipo di suono hai voluto per questo album?
"Abbiamo registrato il lavoro ai brooklyn Studio, Marc Ribot mi aveva parlato di Andy Todd e di Marc Ribot. Effettivamente hanno un amore per il suono e riescono a mettere distanza e in alcuni brani la solitudine ha bisogno di distanza per essere compresa quindi era imprtante musicalmente. Quando abbiamo registrato ´Ovunque Proteggi´ abbiamo registrato in funzione dei luoghi che avevamo intorno, come ad esempio l´ambiente di una chiesa. In questo caso abbiamo fatto tutto in studio e abbiamo costruito tutto attorno alla voce e al piano e una serie di strumenti inconsistenti come la sega o il cristallarmonio. Anche questa è un po´ America, con gli ottoni, gli inni, le ballate, per dare una forza epica alle cose già accadute. Mentre facevamo questo viaggio verso Tucso con i Calexico, ho letto questi bellissimi racconti dell´Ohio di Sherwood Anderson, una spece di Spoon River dove tutti però sono vivi. La storia di una piccola comunità".
Anche lo spettacolo che porterai in giro avrà richiami a quell´America?
"Esattamente si tratterà di un vero e proprio Sideshow, il circo delle stranezze. Ci sarà un illustratore fuori che disegnerà la tartaruga albina oppure il maiale a due teste. Anche se dietro non ci sarà niente lui farà un bellissimo cappello introduttivo".
Parlaci del tema della spensieratezza, che ritorna per in alcuni passaggi dell´ album come nella Giornata perfetta.
"E´ il pezzo del buonumore assoluto. Era da molto tempo che speravo di fare un pezzo sulla spensieratezza, su quel momento che va affontato necessariamente in solitudine, come quando stai aspettando l´amata per andare a fare un picnic. E´ un pezzo molto urbano, bisogna avete un quartiere intorno, la camicia da tabacchino che è rigorosamente a quadri col taschino, quindi non è molto americano come il Caffè Tubino. Di americano c´è solo la congegnazione del pezzo perchè per dare un suono alla giornata perfetta bisognava darsi qualcosa che non aveva un suono del tutto reale perchè è chiaramente quasi uno strumento di fantasia, quindi abbiamo montato un optigan in maniera particolare".
Info: www.viniciocapossela.it
(Luca Garavini)
(15/12/2008) |