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SETTLEFISH: FRA DYLAN E I KINKS... |
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SETTLEFISH: FRA DYLAN E I KINKS... |
Dopo il successo di “Oh Dear” terzo e ultimo disco dei Settlefish, la band bolognese non si ferma e si presenta all’edizione 2008 del Mi Ami sotto forma di A Classic Education per un live infuocato. In questa occasione abbiamo intervistato sotto una forte pioggia l’ancora eccitatissimo dal concerto Jonathan Clancy, cantante di entrambe le formazioni per indagare sullo stato di salute dei Settlefish passando dall’ultimo disco alle sensazioni del live, da Bologna a Milano, dal Mi Ami a Bob Dylan. Come nasce il vostro ultimo disco “Oh Dear”? È un disco di rottura come molti credono o leggono, a mio avviso sbagliando, o un disco dove il suond marchiato Settlefish si consolida ed evolve? Jonathan: “Fondamentalmente da un gruppo di pezzi che ci piacevano di “Plural Of The Choir”, sui quali abbiamo messo le fondamenta per “Oh Dear”, in particolare, The Barnacle Beach che rappresentava quello che volevamo fosse il nostro suono e così abbiamo prolungato quel tipo di suono su “Oh Dear”, ma non è stato così semplice. Abbiamo avuto un anno di stop in studio dopo il secondo disco e in più oltre alle parecchie date live abbiamo affrontato un cambio di batterista e per 6 mesi realmente non riuscivamo a scrivere, ma poi fortunatamente ci siamo sbloccati e dopo un paio di mesi siamo riusciti a comporre il disco”. In che modo John Congleton ha influito in fase di mixaggio a realizzare il disco che voi avevate in mente? Jonathan:”E’ stata la prima volta che abbiamo provato l’esperienza di far mixare a qualcuno a distanza il nostro disco e in realtà siamo stati un po’ titubanti per perché siamo un po’ pesantini in sala di registrazione. In realtà mandando ogni sera i brani a Jonathan, ogni giorno ricevevamo i brani con il suo mixaggio sui quali davamo e nostre correzioni. Anche non avendo il fiato sul collo John è riuscito a lavorare in maniera molto creativa riuscendo a dare in maniera inequivocabile la propria impronta. Noi abbiamo dato alcune indicazioni e secondo noi lui ha superato le cose che volevamo. E’stato ottimo”. E il risultato piace? Jonathan: “Si si, veramente tanto, siamo molto contenti di come ha lavorato”. Come nasce l’idea degli interludi già presente nel vostro disco precedente “Plural Of The Choir”? Un momento di disimpegno e di improvvisazione o un’idea più concept, più legata gli aspetti poetici della vostra musica? Jonathan: “Per alcuni di noi, per me e Bruno, il chitarrista, in particolare è stata una scelta abbastanza importante dettata dal fatto che non riusciamo a trovare sfogo nel gruppo e quindi ci è venuta l’idea di inserire gli interludi anche su “Oh Dear” anche per dare continuità ai dischi. Ne avevamo tantissimi, molti sono se non improvvisati scritti in maniera molto veloce e in particolare uno è registrato in presa diretta alla vecchia maniera. In realtà su “Oh Dear” gli interludi sono stati un affare di gruppo che ha coinvolto anche gli altri componenti”. Passiamo al live, vi abbiamo appena visto impegnati un concerto come A Classic Education, ma nonostante i brani siano diversi rimane una grande energia, cosa provi ogni volta che stai per salire sul palco? Jonathan: “E’ esaltante! E’ banale ma a noi proprio piace suonare dal vivo e credo lo si veda abbastanza. Per noi è la dimensione naturale e crediamo che sia la formula migliore per presentare i propri brani”. Qual’è la differenza per te fra suonare in Italia e all’estero? Che cosa ti arriva dal pubblico di diverso? Jonathan: “Intanto all’estero capiscono i nostri testi e scrivendo i testi lo sento, lo vedo e mi stimola molto. All’estero inoltre siamo molto meno impacciati nel senso che non abbiamo gente che conosciamo davanti, è un po’ vai sul palco veramente con la sensazione “ ma chissenefrega spacchiamo e basta”. Qui invece siamo sempre un po’ più titubanti e in più all’estero c’è un pubblico molto più giovane ai concerti”. Ultimamente avete presentato il video di The Boy and the Light. Come nasce un video dei Settlefish? Jonathan: “I video dei Settllefish? Anche qui, siamo persone un po’ difficili con cui lavorare, siamo davvero dei ca…… nel senso che vogliamo seguire fin dall’inizio l’idea. In questo caso gli Opificio Ciclope, un nucleo Bolognese, che aveva già realizzato una serie di video molto più sperimentali che a noi piacevano, dopo un po’ di mesi in cui hanno ottenuto molto successo ci hanno convinto e.. “. Cosa ne pensi del Mi Ami? Riesce a fare una fotografia realistica della scena italiana? Jonathan: “Credo di si, aldilà di tutte le cose che si possono dire da quando esiste gli organizzatori hanno davvero invitato a suonare qualsiasi gruppo, di ogni genere. Leggo anche io ogni tanto le polemiche ma credo che riesca davvero a fare una fotografia della scena,e anche bene”. Qual è l’ultimo libro che hai letto e l’ultimo film che hai visto e che cosa entra dei tuoi interessi, musica a parte, in quello che scrivi? Jonathan: “Ehhhhhhhhh, l’ultimo film “Gomorra”, ma non influisce sulle cose che scriviamo, e l’ultimo libro è di Cormac McCarthy uno scrittore americano che ha influito molto in passato sulle nostre canzoni, ad esempio in un pezzo del primo disco che si chiama On symmetry pebbles che parla di questo. Quindi la risposta è si, quello che leggiamo influisce abbastanza: ad esempio ai tempi del primo e del secondo disco leggevo molto Don De Lillo e, per chi lo conosce, la sua influenza nei testi si sente”. Cosa ascolti solitamente, quali sono i tuoi gruppi preferiti? Jonathan: “Cambiano sempre, al momento, Bruno che è qui di fianco storcerà il naso, ma sto ascoltando molto Dylan e Kinks, al momento cose vecchie”. (Bruno è visibilmente innervosito dalla risposta di Jonathan) Bruno, Jonathan dice al momento solo cose vecchie e tu storci il naso, vuoi dire qualcosa? Bruno: “Sui Kinks assolutamente no su Dylan...”. Com’è Bologna? Jonathan: “Bologna è una gran città, Bologna batte veramente Milano 10 a 0”. Ma vivresti a Milano? Jonathan: “(sorride) No, non lo so, adesso non voglio stare…. la mia ragazza ha vissuto a Milano tanti anni, venivo spesso, è una città figa per molte delle cose che facciamo noi, per i lavori creativi credo sia una città importante ma a me personalmente non da l’idea di una città metropoli grande e quindi se da Bologna devo andare in una città grande andrei all’estero. Non è per snobismo, è proprio perché non mi da l’idea… troppo riservati per stare a Milano, non esiste”. Futuro? Jonathan: “Non lo so. Futuro è lunedì. Pensiamo di tornare a registrare un po’ di cose fra cui una cover”.
Quale sarà la cover? Jonathan: “Eh proprio non lo so, stiamo litigando su quale pezzo fare. Io dico The Kinks, c’è chi dice Ramones, chi Depeche Mode”. Sicuramente non Dylan? Jonathan: “No, non me lo fanno fare”. Marco Miranda (23/06/2008) |
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 2007 Oh, Dear! | | |  2005 The Plural Of The Choir | | |  2003 Dance A While, Upset | | |
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