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DUFFY |
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DUFFY - LA BAMBOLINA CHE( NON) FA NO ,NO, NO. |
Non fa in tempo ad avvicinarsi che dalla stanza accanto una radio qualunque passa Mercy, il tormentone 60's che si è arrampicato nelle chart europee a mò di gatto trapezista. Qualche passo indietro e Duffy corre dentro per alzare il volume al massimo e danzare sulle sue stesse note, che avrà ascoltato innumerevoli volte ma che evidentemente provengono direttamente dal suo DNA. La sera prima, complice forse una cornice glamour e impostata come il quartier generale dei nostri Dolce & Gabbana, ha presentato il suo number one album “Rockferry” con leggera freddezza, salvo poi regalare un irresistibile pacchetto di cinque brani in una memorabile chiave acustica. Lì e all'intervista la ragazza del Galles, patria di Tom Jones e Shirley Bassey, ha fatto sorgere più di qualche dubbio sulla sua età anagrafica. Ad appena ventitrè anni, infatti, Aimee Anne – questo il suo nome all'anagrafe - possiede una sicurezza di fondo e una parlantina così fluida e sciolta da far trasparire una maturità quasi stucchevole. Cosa c'è dietro lei e il suo successo, arrivato senza non poche previsioni anche in Italia?
Hai debuttato con il tuo primo disco nella top 10 italiana al numero 6. Che effetto ti fa? “È assolutamente fantastico, è una Nazione che adoro e infatti non vedo l'ora di fare shopping. E poi questo risultato è anche la prova che se vuoi davvero qualcosa la ottieni, anche con un po' di fortuna”.
L'hai avuta nell'incontrare le persone giuste? “Certo. Se c'è una persona alla quale devo tutto è sicuramente Jeannett Lee dell’etichetta indipendente Rough Trade (nonché ex membro della band post-punk Public Image Ltd, ndr). Dopo aver ascoltato un paio di miei demo ha preso la decisione di farmi da manager. È stato il primo passo”.
Quelli da bambina li hai mossi a Nefyn, in Galles. Che aria tira lì? “Noiosa. Il versante Nord del Galles è così, si stufarono anche i Romani appena ci misero piede. A Nefyn, poi, abbiamo addirittura solo l'industria della pesca. Si parla solo il gallese, non c'è nessun cinema, nessun ristorante cinese o italiano, nessuno Starbucks e, soprattutto, nessun negozio di dischi”.
Come hai fatto a scoprire la musica, allora? “A sei anni, grazie ad una videocassetta malconcia di mio padre. Aveva registrato un'esibizione in bianco e nero tratta da 'Ready Steady Go!' (uno dei primi programmi inglesi di musica, ndr). La canzone era Jumpin' Jack Flash, mentre il gruppo che la cantava è quello che da lì a poco sarebbe diventato la mia fonte d'ispirazione: i Rolling Stone”.
Quindi avevi il poster di Mick Jagger in camera? “Per niente, quella che tappezzava di manifesti le pareti era mia sorella (la gemella Kelly, ndr), pazza per i Bros. Non avevo idoli, ma ricordo che nel periodo della mia adolescenza si parlava solo di Spice Girls e Boyzone. Io, invece, ascoltavo Prince e a 18 anni ho scoperto grandi come Aretha Franklin e David Bowie”.
Una che è appena entrata nell'Olimpo delle star è sicuramente Amy Winehouse. Stanca del continuo paragone? “Un po' sì. Ormai non siamo più negli anni Novanta, dov'era tutto programmato e le proposte musicali standardizzate. Oggi si tende a cercare 'la nuova Amy', ma almeno nel mio caso non c'è alcuna risposta a lei”.
Per pura coincidenza, però, avete un nome simile. È per questo che hai deciso di proporti solo con il tuo cognome? “In realtà ho deciso di usarlo molto prima che uscisse il suo primo album ('Frank' del 2003, ndr). In seguito ho capito che questo avrebbe scatenato qualche commento, ma non importa. Accetto tutte le regole di questo gioco”.
Dai l'impressione di essere molto sicura di te, eppure nel brano I'm Scared riveli le tue paure. “Sì. Parlo della morte, del fatto che prima o poi si lascia questo mondo. Sono consapevole di tutta la superficialità che mi circonda, e talvolta mi viene un po' di angoscia”.
L'amore, però, prevale nell'album e l'asso nella manica è sicuramente Mercy. Qual'è il suo messaggio? “Avevo intenzione di trasmettere in musica l'attrazione chimica che talvolta può scattare fra due persone, anche dal punto di vista prettamente sessuale”.
È dedicata a qualcuno in particolare? “Non sono fidanzata, ma ho preso una bella cotta per qualcuno, un musicista anglo-americano. Non voglio dire di più, anche perchè lui non sa davvero nulla...”. Viste le origini, sarà per caso Moby? Improbabile. Mark Ronson? Decisamente più papabile. Mentre il toto-fidanzato prende il via, Duffy sorride sorniona. La scena, ormai, è tutta sua".
Vyncent Valo
12/05/08 |
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