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 JOVANOTTI
JOVANOTTI JOVANOTTI - SAFARI, IL GIOCO DEL MONDO
JOVANOTTI - SAFARI, IL GIOCO DEL MONDO

E’ gennaio. Conferenza stampa al Planetario di Milano di “Safari”, il nuovo disco di Lorenzo Cherubini, Jovanotti.
Piove. Milano è intasata: non c’è ecopass che tenga, con la pioggia tutti preferiscono la macchina.
Il connubio astri e musica è intrigante, è un po’ come se ci venisse chiesto di esprimere un desiderio aprendo tutti i canali sensoriali.
Per cinque minuti o poco più si sono abbassate le luci e si è aperto il cielo stellato dell’emisfero boreale: la musica nel Planetario ha un potere suggestivo, che unito alla magia del cielo stellato ti lascia senza fiato, illudendo anche le precipitazioni meteorologiche e scaldando i nostri cuori.
Semplicemente… galattico!
Non sta fermo e non sta zitto un secondo Jovanotti! Ha tanta voglia di raccontare questo suo nuovo lavoro, con l’impeto del ragazzino messo insieme alla coscienza dell’uomo maturo. E il risultato è “Safari”, che nella lingua Swahili (lingua africana, ndr) significa “viaggio”. E inizia proprio dal disco il lungo e pellegrino racconto: “Sono spudoratamente contento! E’ un disco avventurosissimo. Ci ha impegnati per un anno e mezzo di lavoro ed è il più bello dei miei vent’anni di carriera, grazie anche alla squadra fortissima e affiatata che ci ha lavorato su”.
Come nasce il disco?
“A dire la verità, non pensavo neanche di avvicinarmi a questo lavoro. Ho iniziato la mia carriera facendo il dj, poi è arrivato tutto il resto, i dischi e la musica. Ho scritto questo disco dedicando molte canzoni a Francesca (la sua compagna, ndr) per regalarle e restituirle il tempo che le rubo con l’altro mio amore, la musica. Sono entrato in studio con l’ottica di fare un disco funk-rap e poi invece è venuto fuori questo. L’età serve ad ascoltare le sensazioni. Nella corsa delle canzoni, quelle con un spirito funk-rap andavano indietro mentre avanzavano quelle che non volevo. Mi sono lasciato andare alla sensazione che mi ha pervaso: quelle erano le canzoni che volevo”.
Che tipo di viaggio è Safari?
“’Safari’ è un viaggio, un cammino, è movimento. E mille altre cose. Safari è una parola globale che si dice uguale in tutto il mondo, è una parola vuota perché se dici oggi safari non pensi più alla geep, alla savana, alle fiere… E’ una parola svuotata di qualsiasi significato. E le parole vuote sono le più belle perché le riempi con il tuo immaginario! La parola safari mi è entrata in testa quando scrivevo ‘Buon Sangue’ e ho pensato: bello come titolo di un disco! Allora mi sono annotato questo nome e l’ho messo da parte, perché non era adatto a quello che stavo scrivendo”.
Quali sono le linee guida del disco?
“Safari è un disco diretto e semplice, che lavora sulle emozioni. E’ un disco che non va spiegato. Ha una presa pop, dirompente e immediata. In questo disco sono più le cose che abbiamo buttato via che quelle che abbiamo tenuto, ed è una bella conquista avere il piacere di tagliare con soddisfazione. Non è tempo buttato via, è un’idea che si aggancia e si trasforma in qualcosa d’altro. Raggiungendo una certa maturità, per me era importante che fosse un disco di qualità, tutto: dalla prima all’ultima canzone. Che ogni canzone reggesse da sola, che fosse un potenziale singolo, o un vecchio 45 giri”.
Il disco si presenta in quattro versioni. Perché?
“E’ un disco che si collega anche al periodo di crisi che sta attraversando l’industria discografica, con le versioni scaricabili su internet e quella sulla chiavetta. Le versioni sono: classic (12 canzoni), deluxe (12 brani + 3 inediti e dvd), versione scaricabile da internet (con 2 tracce inedite), e poi la versione usb, un disco sulla chiavetta. Siamo arrivati a dover accompagnare il pensionamento del cd, per dar vita a qualcosa di diverso: smaterializzazione della musica in forme diverse. E’ un momento di cambiamento. La rete si integrerà nel nostro corpo e non c’è da averne paura”.
E’ un disco ricco di collaborazioni prestigiose. Ce ne parli?
“C’è Ben Harper: a lui ho mandato un mp3 fatto e finito - non volevo che pensasse che fosse un provino! Gli ho mandato Fango già registrato e ha risposto alla mail entusiasta e nel giro di un’ora: ‘Il pezzo mi piace tantissimo, lo farò! Se riesco lo registriamo insieme, altrimenti ti mando la mia registrazione’. Sono pazzeschi gli americani, quando ti promettono qualcosa la mantengono sempre. Quando è venuto a Milano per la sua sponsorizzazione ci siamo trovati di notte in studio ci siamo messi a registrare. E nella fase poi un po’ imbarazzante del: ‘si metteranno d’accordo le case discografiche’ lui mi ha guardato e risposto sorridendo: ‘metti il mio nome sul disco’. Poi c’è Giuliano Sangiorgi dei negramaro. Me li ha fatti conoscere Francesca, io confesso d’essere un po’ snob nei confronti della realtà italiana, tendo ad essere più esterofilo. Li ho conosciuti, ho conosciuto il loro progetto e mi sono piaciuti e c’è stima. E poi ancora Michael Franti: con lui siamo amici. I nostri figli hanno più o meno la stessa età e ci sentiamo molto spesso… è il mio santo sul calendario! Ci sono Sly & Robbie, loro sono il dub, i papi della musica giamaicana. Me li ha fatti conoscere Mousse T, con cui avrei voluto fare qualcosa su questo disco ma non andava bene per il lavoro che stava venendo, probabilmente collaboreremo sul prossimo. Lui mi ha messo in contatto con loro. E poi grandissimi session men come Frank Marocco, fisarmonica de Il Padrino e di tutti i lavori americani più importanti, poi c’è un’arpista cinese, due percussionisti meravigliosi. Alex, dei Nine Inch Nails. Alex Alessandroni Junior arrangiatore della Aguilera, figlio del mitico Alessandro Alessandrini, ‘fischio’ dei più bei film di Sergio Leone”.
Nella tua esterofilia rientra anche la scelta dello studio di registrazione…
“Abbiamo registrato a Los Angeles, il centro della plastica globale, dove tutto è finto e quindi maledettamente autentico. Ho sempre amato il disco di plastica, se fosse di legno suonerebbe diverso! Con l’arrivo poi dei cd, anche fluorescenti, è andata ancora meglio. Il suono di plastica è fantastico! E poi dai, abbiamo fatto un disco in America con un sacco di italiani dal talento eccezionale!”.
‘Safari’ in pillole…
“In questo disco ho messo tutto il piacere di cantare, se vuoi anche aggiunto alla sicurezza e alla tecnologia. Per alcune canzoni è valsa la regola: ‘buona la prima’ (come il caso di Fango, suonato e cantato insieme alla prima), alcune cose le ho registrate a casa e portate in studio che andavano bene. Non è un disco di viaggi, ma che permette a chi lo ascolta di viaggiare. Non ho mai avuto la voglia di fare lo ‘scopritore dei suoni della foresta’, una sorta di antropologo del suono. Mi metto della condizione di sospensione di giudizio: prendo le cose che luccicano e mi piacciono, e non mi faccio troppe domande”.
A chi gli ha chiesto di politica, sull’indiscrezione della richiesta di entrare a far parte del Partito Democratico, ha così risposto: “il disco è la mia costituente, è la mia dichiarazione di intenti. Mi piace essere testimone ma non testimonial. Mi piace molto una frase che ripete spesso Grezzi: ‘tutto ciò che non è amore è pubblicità’… mi piacerebbe fosse sempre così”.
Quando partirà il tuo ‘Safari’ per l’Italia?
“Da maggio saremo in tour con credo 12 concerti o poco più. Sarà una produzione molto grossa da realizzare nei Palasport”.
Al suo grido “La musica deve scuotere la pancia”, ci congediamo da lui e da questo viaggio nella volta celeste. Comunque vada, lui la pensa sempre positivo! 

Elena Ferraro   
 TUTTO SU JOVANOTTI

2008
Safari

2005
Buon sangue

2002
Il quinto mondo

1999
Capo Horn

1997
L'albero
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 COMMENTI
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19/02/2010 17:06:35
jovanotti sei bravo mi piace la tua canzone ti scrivo da ferla Provincia di siracusa.Per farti sapere i ragazzi del autobus di ferla piace a tutti noi la canzone baciami ancora ti saluto e in bocca a lupo alla prossima canzone saluti da dario
da DARIO

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