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GOLDFRAPP - MINIMAL TRIP |
I patiti di “Twin Peaks” e “Lost” lo sanno bene: sono due i livelli di conoscenza per telefilm come questi, ovvero la storia in sé (la ‘trama’) e il sostrato di iconografia latente (il ‘significato’); si può insomma guardare quel che succede oppure andare più a fondo e rovistare nel subbuglio di simboli e rimandi e perdersi nel provare a venirne a capo.
I fan dei Goldfrapp, allo stesso modo, lo sanno bene: i loro album o si ascoltano o si usano come strumenti di esperienza, o si canticchiano o si impiegano quale porta di passaggio per universi paralleli dove i contorni di cose e sensazioni sono regolati dall’allenamento della fantasia. Nel primo caso si ha per le mani della buona musica. Nel secondo ci si immedesima e si sale di un livello, e poi non si smette più di rintracciare spunti e collegamenti. Infine, i giornalisti invitati a confrontarsi con i Goldfrapp lo sanno estremamente bene: quando bisogna scrivere un articolo su di loro o si ritritano le note biografiche e le ovvietà, o ci si ritrova impantanati nell’impervio terreno dell’Innominabile. Bene: voi siete qui.
“Seventh Tree” è il nome del quarto disco degli inglesi Goldfrapp; per gli entusiasti dello spettacolo pirotecnico offerto da “Supernature” (album n°3, 1 milione di copie vendute, riconoscimenti oltre che di critica anche di pubblico) sarà un vero shock; per gli ammiratori del ‘marchio’ Goldfrapp si tratta dell’ennesima conferma di una storia d’amore che non conosce crisi.
“C’era un albero con il numero 7 sopra. Un albero bellissimo, con rami grandi che ondeggiavano, un po’ come se fossero alghe sott’acqua. E mi sono svegliata e ho deciso: ecco, questo sarà il nome dell’album”. Forse è seria, Alison Goldfrapp, quando racconta come le è venuto in mente “Seventh Tree”. Forse no. Comunque, non lo sapremo mai. L’unica cosa certa è che in tutti i loro lavori i Goldfrapp hanno sempre fatto rimandi alla natura: “Felt Mountain” (2000), “Black Cherry” (2003), “Supernature” (2005); e negli artwork così come nelle ambientazioni visual ci sono sempre state scene di boschi o montagne, animali feticcio, atmosfere bucoliche dense di spessore emotivo.
“La natura ha su di noi un effetto rassicurante e confortante. Anche nel suono cerchiamo sempre di utilizzare una strumentazione analogica che sia in grado di impersonare l’anima della natura, anche se poi visti i risultati mi pare che falliamo in questo. Il nostro vorrebbe essere un suono naturale, ma non lo diventa mai”. E poi suggerisce spaesata un inciso conturbante come “Mi sento in colpa nei confronti della natura per il fatto che guido una macchina, e che alcune nostre canzoni sono state usate come colonna sonora in spot pubblicitari per automobili”. Non so quante persone si sarebbero accorte della presenza dei Goldfrapp se non fosse stato per la BMW e quella scelta azzeccata del fischiettìo strisciante di Lovely Head.
L’artwork di “Seventh Tree” merita un discorso a parte. Come sempre, non si tratta di un corredo a un insieme di canzoni bensì di un’appendice visuale ad un discorso artistico assai più complesso. I rimandi letterari, pittorici, storici e di folklore si sprecano. Erbai e boschi verdeggianti ma illuminati da una luce ambigua e carnale, intinta di malinconie e tentativi come ben sapeva tratteggiare D’Annunzio. Travestimenti che richiamano i tristi pon pon di Pierrot, rombi di scaltro colore del costume di Arlecchino, cappelli che si collocano tra il copricapo di Napoleone e quello di Capitan Uncino. Il video del primo singolo, A&E, è una rieditazione contemporanea e antropomorfa dell’immaginario preraffaellita ottocentesco dei fratelli Rossetti. La prima traccia dell’album, Clowns, che con l’immagine di apertura Only clowns will play with dull balloons (solo i clowns giocheranno con i palloncini) spalanca la scrittura e l’immaginario di tutto “Seventh Tree”.
“Se dovessimo paragonare questo disco ad un’immagine molto probabilmente penseremmo ad una bambina che scopre una scatola di segreti e dentro ci trova tanti vestiti ed accessori, ed inizia a travestirsi e ad interpretare dei ruoli”. E difatti sono dei bravissimi attori del suono, Alison e Will Gregory.
E per quanto riguarda il tour? Gli spettacoli che i Goldfrapp offrono sono tra le migliori esibizioni live che si possa sperare di vedere nell’arco di una vita … “Non ci abbiamo ancora pensato. Partiremo il 4 marzo dalla Union Chapel di londra, una venue molto piccola e penso che sceglieremo il basso profilo anche per le ambientazioni ed i costumi. Pensiamo a un’esperienza intima, che magari cin il passare delle date crescerà, come è anche naturale che sia”. Niente teste di cavallo o balletti di lupi, stavolta. Amanti dell’eccentrico Weimar-esco di “Supernature”, astenetevi. Oppure: prendetevi una bella boccata d’aria come i Goldfrapp consigliano.
“Dopo aver trascorso un anno in tour con ‘Supernature’ eravamo assordati e confusi dalle luci e dal frastuono. Sentivamo il bisogno di rallentare il suono, insomma: di fare un bel respiro. Abbiamo pensato ai falò, a quando ci si ritrova e si suona la chitarra e canta tutti insieme ma nessuno di noi due è in grado di suonare una chitarra; per cui abbiamo ascoltato tanta guitar music e abbiamo optato per l’approccio minimalista. E poi abbiamo pensato alla psichedelia, anche se non sapevamo bene di cosa si trattasse. Ne abbiamo ascoltata un po’ e non ci piaceva poi molto, per cui abbiamo deciso di farla a modo nostro: ed ecco ‘Seventh Tree’, la psichedelia secondo i Goldfrapp. Di quel movimento abbiamo poi mantenuto l’eccesso del sogno e le visioni artistiche”.
Volevano che suonasse diverso, e sicuramente diverso lo è: molto morbido e languido, sognante, eppure non del tutto aperto. É come la luce del crepuscolo: il giorno che muore. È come buttarsi sul letto dopo mezzora di sesso sparsi per casa. È come la pasta in bianco quando lo stomaco è un po’ sottosopra. Sembra un tranquillante, invece rischia di diventare come un eccesso di teina in circolo: alterante e stimolante. Non pensate di dormire o rilassarvi, perché “Seventh Tree” ha un sacco di interrogativi da sollevare, a cominciare dalla tematica strisciante del viaggio e del movimento, dall’irrequietezza di Alison in Little Bird, alla ragazza che vuole scappare con un caravan (Caravan Girl) fino al viaggio surreale di Cologne Cerrone Houdini. Non bastasse, le liriche sono state ispirate dai nonsense limerick del poeta inglese Edward Lear (famoso tra l’altro per le sue ironiche illustrazioni a carattere zoologico). Provate ad ascoltare l’escalation voyeuristica di Clowns. Provateci. Anche perché i vocalizzi di Alison qui danno prova delle sue strabilianti capacità tecniche (come se non fosse bastato l’attacco lirico di Utopia già nel 2000), ed ingannano con una finta dolcezza puntinata di nostalgia. Non vi rassicurerà, però vi sentirete un po’ meno soli.
“Penso che sia soprattutto il mio timbro a fare da collante tra i vari lavori, perché abbiamo cambiato così tante sfumature di suono che è difficile catalogarci come un genere particolare. E poi le tematiche che affrontiamo sono sempre le stesse, e questo ci dà coerenza”.
A chi spavaldamente azzarda che “Seventh Tree” è molto simile al primo “Felt Mountain” Will risponde perentorio: “Solo in superficie sembrano simili. Ma se li ascoltate bene vi accorgerete che sono totalmente diversi: quello era più oscuro e ripiegato, questo è un po’ più luminoso, ottimista e con humour”. Più o meno. L’effetto ovattato e claustrofobico da overdose di pillole di A&E (lett: Accident & Emergency) non ce lo levano certo queste dichiarazioni di intenti. Conclusione: per ascoltare i Goldfrapp occorre aver fatto i compiti a casa. Ma anche se così non fosse molto semplicemente: press play.
Le foto sono di Serge Lebron
Elisa Bellintani |
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2008 Seventh Tree | | | 2005 Supernature | | | 2003 Black Cherry | | | 2000 Felt Mountain | | |
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