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 ATARI - 8 BIT LOVERS
ATARI - 8 BIT LOVERS

Una band rivelazione di questo primo scorcio di 2008 sono gli Atari, due ragazzi napoletani che giocano duro non solo ai videogame (in particolare quelli a 8 bit) ma anche sul palco e su disco. "Sexy Game For Happy Families" è già da un po´ sulla bocca di tutti gli adetti ai lavori, così Player 1 e Player 2 raccontano a Newsic le loro sensazioni a freddo - via mail -  e di come stiano giocando la partita con la scena musicale italiana e col successo. 

Si parla un gran bene di voi in questo periodo sulla stampa specializzata. Reazioni a caldo e aspettative ora, dopo tutto?
“Pensiamo che non sia per niente scontato che la stampa settoriale parli bene di noi che siamo agli esordi e questo sicuramente ci fa piacere e ci dà molta fiducia. Inutile nascondere l’entusiasmo leggendo le prime recensioni positive su riviste prestigiose, è stato come superare un esame, il primo riscontro con chi la musica la ascolta e vive di essa! Ma siamo abbastanza razionali in merito a queste cose, anche se ci piace fantasticare, speriamo di crescere fino a rendere noto il nostro nome, non solo su riviste e web –zine, ma soprattutto nella testa della gente”.

Come e dove nascono gli Atari?
“Gli Atari nascono, come tanti altri gruppi, senza nessuna pretesa di far dischi e concerti… suonando in due per il gusto di farlo nella sala prove di “Casa Player 1”. Ovviamente la nostra febbre creativa ci spingeva a suonare cose nostre, improvvisazioni e riff venuti lì al momento e nel giro di un paio di prove avevamo gia 3-4 canzoni buone e dopo tre mesi di vita abbiamo già esordito live in un club di Napoli e dopo 6 eravamo sul palco del Neapolis Festival a dividere il palco con Jason Forrest, Tiga, Mouse on Mars ecc…e da lì in poi che è iniziato il percorso accompagnato dai ragazzi della Freak House”.

Come nasce questa passione così atipica e “insana” per il pop e l’elettronica?
“Guarda mi dispiace contraddirti, ma almeno visto dai nostri occhi non è per niente atipica ne insana la direzione verso il pop, tutt’altro. Noi che siamo cresciuti negli anni 80, forse è per una questione di approccio nostalgico alla musica della nostra prima adolescenza, ma ci sentiamo più legati ad un tipo di musica “internazionale” (anche se negli 80’s c’erano moltissimi gruppi italiani che esportavano fantastiche canzoni all’estero). Insomma il vento spinge sicuramente in una direzione più pop (e per “pop” intendiamo comprese le contaminazioni elettroniche che sono l’ingrediente vincente nella miscela delle nostre canzoni)”.

Al di là dell’aspetto pop o melodico, quali artisti della musica “tradizionale” italiana vi sentite nel DNA?
“Se ci concedi di schierare Battiato e Rettore nella musica “tradizionale”, anche se pensiamo che siano tra i pochi esempi di artisti pop di un certo spessore, allora sicuramente loro ci sentiamo nel DNA. Fanno parte ad una categoria di artisti i quali non ti influenzano particolarmente nella composizione dei pezzi, ma il solo fatto di averli ascoltati per anni e anni (e di ascoltarli ancora) fa si che traspari dalla nostra musica un’ombra leggera che porta il marchio di quell’epoca. Per il resto, la musica leggera italiana, quella che si esporta e quella per cui il resto del mondo ci conosce e ci giudica, beh, sono quasi inesistenti i riferimenti che potremmo fare”.

Quali band estere attuali invece consigliereste caldamente?
“I nostri riferimenti attuali all’estero sono tanti, da nomi ormai grossi ad altri di minor rilievo,ma non da meno in quanto a bravura. Ci piacciono gli LCD Soundsystem, ma anche gli Of Montreal, Air e Daft Punk, ma anche Who Made Who, !!!, One,Two, Schneider TM, Hot Chip ecc…”.

Come nasce la vostra passione per gli 8 bit e i suoni da consolle anni90? Avevate consolle tipo Sega Master System o il Nintendo?
“Assolutamente sì, ma hai dimenticato di nominare quella più in discussione di tutti…l’Atari 2600, pioniere della storia! Pomeriggi interi a cercare di ammazzare un mostro che altro non era che una striscetta o un quadratino stilizzato su uno schermo a bassa risoluzione e con suoni che echeggiavano nella stanza simulando asteroidi frantumati e navicelle spaziali sfreccianti nello spazio. In effetti quando il Nintendo NES fece il suo ingresso su mercato anche chi era “Atariano” non disdegnava una partita a SuperMario…in effetti il concetto era quasi uguale, minimalismo ed essenzialità, un approccio estetico purtroppo superato dal realismo delle nuove consolle alienanti”.

Come fare a non perdere l’intensità del disco del vivo? Ero al Rocket a Milano e, malgrado siate solo in due sul palco il vostro suono non sembra risentirne. Non avete mai pensato di allargare almeno per lo show live la formazione?
“Se al Rocket di Milano non si è sentita la mancanza di altri elementi vuol dire che è ancora presto per pensarci…J in effetti non avrai potuto fare a meno di notare che gli Atari hanno un bizzarro batterista che si divide suonando anche lead di synth contemporaneamente alla batteria, quindi è come se ci fosse un terzo elemento, poi dal vivo si fa uso, anche se in maniera molto pacata, di sequenze che vengono fuori da un laptop (perlopiù caratterizzate da effetti ritmici che contornano i pezzi) ma anche la scelta e l’elaborazione dei suoni è importante per far si che il concerto non subisca un calo di frequenza e provochi un collasso emozionale nel pubblico. La ricerca del suono è per noi un passaggio fondamentale, forse di pari importanza con la composizione di melodie che restino impresse nella mente dell’ascoltatore”.

Cosa ne pensate della situazione musicale attuale a Napoli?
“Napoli è una città che vuole emergere musicalmente ed ha, seppur non numerose, buone carte per imporsi nel panorama nazionale. A breve ci saranno nuovi nomi, prossimi esordi che faranno parlare di se. Band che già con concerti si stanno allargando oltre i confini regionali e che col disco in uscita faranno di sicuro molta strada. Ci va di nominare The Gentlemen’s Agreement, tra l’altro già segnalati da importanti riviste per un loro EP e the Collettivo”.

 

Luca Garavini

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