|
THE CURE |
|
 |
|
ORA IL DARK SI FA POP ... 25 ANNI DI CARRIERA PER I THE CURE |
25 anni di carriera sempre sulla cresta dell’onda. E non è ancora finita, anzi, siamo all’alba di una nuova era. Quante band possono vantare un curriculum di successi, un’aura carismatica ed attraente ed un infinito flusso di affetti da parte del pubblico come i The Cure? Poche, veramente poche. E non bisogna dimenticare che la musica dei The Cure è quanto di più lontano ci possa essere dalla cultura mainstream. E ha ad oggi venduto 27 milioni di copie in tutto il mondo.
I The Cure hanno superato indenni anni di boybands, icone internazionali al massimo splendore, fenomeni meteora del mondo della musica e riassestamenti del gusto del pubblico, nonché innumerevoli problemi interni al gruppo che avrebbero spiazzato e danneggiato chiunque altro. I The Cure sono ancora qui, e non stanno affatto pensando ad andare in pensione.
I The Cure nascono come Easy Cure, con una line-up destinata a subire diversi cambiamenti nel tempo (con Robert Smith e Simon Gallup come cuore pulsante della band in tutto questo tempo), primo fra tutti quello del nome, che viene immediatamente semplificato in The Cure.
Il primo album, “Three Imaginary Boys”, viene pubblicato nel 1979, e ripercorre tutte le angosce e le immagini cupe del leader Robert Smith che, seppure figlio amato e adorato di una famiglia tranquilla e normale, è affascinato da mondi oscuri. “Leggevo libri che forse non avrei dovuto leggere, libri che titillavano il mio senso di disperazione e di autodistruzione”. L’album nasce come prodotto energico di musica punk, anche se corredato da testi e da un immaginario che nulla ha a che vedere con quello che le punkband di allora facevano.
Il secondo album, del 1980, “Seventeen Seconds”, conferma l’astro nascente di questa strana formazione inglese.
Ma è con il terzo album, “Faith”, che i The Cure fanno capire chi sono e cosa vogliono. Si guardano bene dal seguire le mode dell’epoca e si dedicano profondamente alle perversioni e ai vicoli ciechi della mente dell’uomo; che letto fuori dalle righe significa allontanarsi sensibilmente da quanto le radio passano e il pubblico chiede. Il loro sound, così analitico e visionario, stride in mezzo a brani orecchiabili e freschi proposti dall’airplay, ma non langue. Anzi. “Faith” diventa un album di successo e rimane uno dei migliori album dei The Cure, non fosse altro che per il coraggio dimostrato a scostarsi dalle tendenze senza mai essere tentati dalla facile via del “questo funzionerà sicuramente”.
Il 1982 è l’anno di “Pornography”, primo album dei The Cure ad entrare nella Top 10 UK. Però iniziano anche i problemi interni alla band, tanto che Robert Smith si ritrova da solo a dover registrare “Lament”, brano finito in una compilation di Flexipop Magazine.
“Pensavo che quello sarebbe stato il canto del cigno dei The Cure. Volevo che “Lament” fosse pubblicata a nome mio, ma se guardi sulla copertina del magazine c’è scritto The Cure, mentre sul disco c’è Robert Smith”.
I The Cure esistono ancora, ma rimane solo il batterista riciclato tastierista Lol Tolhurst accanto a Smith. “La band non esisteva più. I The Cure erano ormai solo un prodotto da sala di registrazione. E così per “Let’s Go To Bed” (primo singolo tra l’altro ad essere stato pubblicato negli Stati Uniti) mi limitai a chiamare Lol e a dirgli “C’è una canzone da fare””.
L’album “The Top” risente molto dei problemi interni alla band, e riesce a stare a galla nelle classifiche soprattutto grazie allo zoccolo duro di fan che i The Cure si sono creati.
Nel 1985 per fortuna Simon Gallup, Porl Thompson e Boris Williams tornano all’ovile, e ridonano stabilità ai The Cure. Il cambio di sound va verso sfumature più smaccatamente pop, però le liriche particolari e sotterranee di Smith non cambiano di una virgola; un contrasto che si rivela vincente, e che se da un lato perde in vibrazioni tetre, dall’altro acquista in sperimentazione.
“The Head On The Door” esce nel 1985, e registra l’indice di gradimento del difficile pubblico americano con l’ingresso nella Billboard chart. Ma le difficoltà sono sempre dietro l’angolo, e questa volta sono i problemi di alcolismo di Lol ad impedire una normale attività artistica della band.
Il 1986 è l’anno della prima compilation dei The Cure, “Standing On A Beach”, seguita dall’album “Kiss Me Kiss Me Kiss Me”, che può considerarsi il maggior successo internazionale dei The Cure (disco di platino in USA). Da lì provengono singoloni storici come “Just Like Heaven”, definita dallo stesso Smith come “la migliore canzone pop dei The Cure, dove tutti i suoni di amalgamano ala perfezione e tutto è riuscito al primo colpo”.
Nel 1989 Tolhurst è fuori dalla band. Questo è l’anno di uscita di “Disintegration”, controverso album dalla velatura dark e dai temi ombrosi più che in “Pornography”, album guardato con occhio sospettoso dalla loro etichetta. “Pensavo fosse il nostro capolavoro, loro pensavano invece che fosse spazzatura. Poco commerciale. Il pubblico ha dato ragione a noi”.
Un successo talmente strepitoso che fa da traino anche a “Wish”, uscito nel 1992 esordendo alla numero 2 della UK chart. Ma proprio quando tutto sembra andare per il verso giusto, ecco rispuntare i fantasmi dal passato. Lol Tolhurst, risentito con Smith colpevole di averlo messo fuori dalla band, fa causa ai The Cure nel 1993, invocando la paternità del nome del gruppo. La Corte di Londra dà comunque ragione a Smith e compagni, che possono tornare così a suonare tirando un bel sospiro di sollievo.
Dopo ulteriori cambi di formazione, nel 1996 esce “Wild Mood Swings”, seguito da un tour mondiale da ricordare e da un’altra compilation, “Galore”. Sempre più icona alternativa e figura ancestrale del movimento dark, Smith cementa la sua fama apparendo nel 1998 in una puntata del cartone cult “South Park”.
Nel 2000 esce “Bloodflowers”, terzo capitolo della Dark Trilogy (assieme a “Pornography” e”Disintegration”). “Sapevo perfettamente come mi volevo sentire dopo aver ascoltato un disco simile. Non volevo che nulla suonasse fuori posto, volevo che fosse un’esperienza di un’ora semplicemente perfetta. E sono molto orgoglioso del risultato”.
Il 2001 vede l’uscita del “Greatest Hits”, e la firma del contratto con la Jam Records di Ross Robinson.
“Dal primo momento che mi sono seduto a tavolino con lui al Nyon Festival in Svizzera, mi sono reso conto che volevo assolutamente lavorare con lui. Perché lui è capace di risvegliare tutta quella passione per i The Cure che è latente in me, e di ricordarmi perché le persone ci amano tanto”.
L’anno successivo i The Cure si esibiscono in un memorabile concerto al Tempodrom di Berlino, tre intense ore di musica dark dedicate alla Trilogia; nel 2003 ecco uscire il DVD del concerto, così da permettere anche a chi non c’era di vedere di cosa sono capaci i The Cure.
Intanto Smith collabora anche con Blink 182, Saffron dei Repubblica, Earl Slick e Reeves Gabrels (chitarristi di David Bowie), Tweaker, Junior Jack; Missy Elliott e Tricky recuperano invece la hit “Lovecats” e ci mettono del loro. L’influenza dei The Cure si respira in band come i Deftones, Sparta, AFI, Interpol e The Rapture, su tutti. Un contributo importante alla musica.
Ad inizio 2004 esce “Join The Dots”, un cofanetto di 4 cd che contiene b-sides introvabili, remix e rarità, un compendio ideale a 25 anni di carriera del gruppo.
“Quando abbiamo concluso la Trilogia ho pensato: ecco, ci siamo, è tutto finito. Sono passati 25 anni e la cosa più logica sembrava che facessi un album solista, e anche io la pensavo così”
Invece i The Cure ritornano con un nuovo album, intitolato semplicemente “The Cure”. Di solito le band iniziano così, con un album omonimo, i The Cure invece lo fanno dopo 25 anni di carriera. Quasi a voler sottolineare di aver ancora tanto da dire, e di essere pronti a ributtarsi nella mischia.
Con un po’ di novità.
“L’interesse di Robinson per noi era unicamente nella direzione del dark, delle canzoni importanti, mentre lavorando con noi ha poi scoperto che abbiamo un’anima pop che non si può tralasciare. E così quello che ora gli piace, e speriamo piaccia a tutti, è questo ibrido di musica melodica e di liriche intense”.
All’inizio è stata dura doversi rimettere tutti insieme in uno studio di registrazione, ma alla fine la magia si è ricreata. “ Per la prima volta nella mia vita ho messo in discussione quello che facevo, e ne discutevo con gli altri membri della band. Parlavamo per ore, e abbiamo scoperto l’intimità delle conversazioni in quei momenti. Ross ha il merito di averci costretti a dividere gli stessi spazi angusti, faccia a faccia, occhi puntati l’uno contro l’altro”.
Ma la novità principale dell’album sta forse nelle live sessions di registrazione, novità assoluta per i The Cure. “Ross mi ha detto che avrei dovuto suonare dal vivo con la band, perché la risposta di quando si suona live con il proprio gruppo è diversa da quando si registra ognuno la propria parte. Ed è proprio vero. Quando mi mettevo a cantare, tutti mi venivano dietro in maniera molto naturale. Non mi ero mai accorto prima di questo, ed è proprio questo a fare la differenza rispetto ai nostri album vecchi. Sembra quasi che io stia parlando di una specie di terapia di gruppo, ma fare quest’album ha davvero cambiato il mio modo di accostarmi a quello che facciamo. E mi aspetto molto da come siamo adesso”.
Un disco pieno di emozione, ancor più dei precedenti, se possibile, emozione palpabile nell’aggressiva “Lost” come nell’acustica “Going Nowhere” e come nella calda “Before Three”. Un disco coerente e coesivo, che però non risente minimamente del peso di 25 anni di carriera e di musica dark.
Foto by: musicfanclubs.org Elisa Bellintani
22 giugno 2004 |
|
TUTTO SU THE CURE |
|
 2004 The Cure | | |  2000 Bloodflowers | | |  1996 Wild Mood Swings | | |  1992 Wish | | |  1989 Disintegration | | |
|
|
1986 Kiss Me Kiss Me Kiss Me
1985 The Head On The Door
1984 The Top
1982 Pornography
1981 Faith
1980 Seventeen Seconds
1979 Three Imaginary boys |
|
vedi tutto su THE CURE
|
|
vedi tutte le news
|
|
|
|
|
BNOW PREVIEW
|
|
|
|
|
RUMORE |
IN EDICOLA |
|
|
|
|
|
|
|
TAGS
|
|
|
|
|
|