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 TORMENTO
TORMENTO TORMENTO - ‘O SOUL(E) MIO
TORMENTO - ‘O SOUL(E) MIO
Grande coraggio, quello di Tormento. Negli anni ’90 in coppia con quel gigante di Fish -  oggi uno dei produttori urban più quotati - diede vita ai Sottotono, gruppo che con gli Articolo 31 è stato simbolo dell’hip-hop all’italiana. Quattro album di successo e nel 2001, dopo una chiacchieratissima partecipazione al Festival di Sanremo con il brano Mezze verità accusato di plagio, lo scioglimento. Ma Massimiliano Cellamaro, vero nome del rapper di origini calabresi, non è restato con le mani in mano. Le innumerevoli collaborazioni con l’attuale scena hip-hop e il primo album da solista – “Il mio diario”, del 2001 - hanno alimentato una sorta di riscatto personale, arrivato grazie a due incontri chiave. Il primo con Mimmo D’Alessandro, manager, e il secondo con Michael Baker, storico produttore di Whitney Houston e Giorgia. Ad affiancarlo nella nuova avventura illustri collaboratori come Tommy Barbarella e Sonny T della New Power Generation, band che ha accompagnato il divo Prince nei suoi anni migliori. Grande coraggio, dicevamo, perché con l’ultima fatica discografica “Alibi”, Tormento cerca di seminare l’ormai (quasi) sterile terreno hip-hop con una manciata di soul & funk. Strizzando l’occhio da una parte a Marvin Gaye e dall’altra a Lil’ John. 
 
Allora Sig. Cellamaro, soddisfatto del nuovo album? Come mai questo titolo?
“Molto. Finalmente ho ricevuto il giusto appoggio, quello di Mimmo D’Alessandro e del nuovo produttore Michael Baker, per non parlare della band. La differenza dal precedente, “Il mio diario”, è sostanziale. A riascoltarlo, quest’ultimo, sembra quasi il demo di “Alibi”, che considero davvero un prodotto di qualità. Il titolo nasce dal fatto che in giro nessuno si prende le proprie responsabilità, riversando sempre la colpa sugli altri”.
 
Hai presentato “Alibi” al Summer Lucca Festival. Il responso di questo primo live?
“Ottimo! Il concerto è stato una sorta di apripista del tour che partirà ad ottobre. Sinceramente avevo un po’ paura ma vedere tutta quella gente fuori di testa per le nuove canzoni mi ha dato la giusta carica. E poi cantare “Kiss” di Prince con una band che l’ha suonata davvero con lui è stato il massimo”.
 
Com’è stato il confronto con Michael Baker e la New Power Generation?
“All’inizio ero spaventato. Poi, però, ho avuto la conferma di ciò che ho sempre pensato e cioè che i grandi sono i più tranquilli. Michael, a dispetto dei produttori italiani, è riuscito a cogliere il succo delle mie idee per poi “aggiustarle” in maniere eccezionale. Anche con la band l’atmosfera era rilassata, in studio continuavano a dire “Share love” (“Dai amore”, ndr)! L’hip-hop di base è un genere ignorante, è semplicemente “beat” e nient’altro. Loro invece l’hanno rivisitato, negli anni, in un contesto diverso, come quello del funk, facendo con Prince delle cose incredibili”.
 
Ultimamente hai collaborato con Emanuel Lo nel suo primo singolo “Woofer”, prodotto da Giorgia. L’hai conosciuta grazie a Baker & Co.?
“È stata una concatenazione di eventi: Mimmo D’Alessandro mi ha presentato Giorgia, che poi mi ha messo in contatto con Michael e tutta la band. Quando ci siamo conosciuti Giorgia mi ha subito chiesto se ero parente di un certo Cellamaro, batterista jazz, che in effetti è mio zio (ride, ndr)”.
 
Giorgia è una delle poche artiste che cerca di colmare l’assenza del soul in Italia. Come mai un genere come l’hip-hop ha così tanta visibilità mentre l’r&b stenta ad affermarsi?
“L’anno scorso, da indipendente, ho provato a farlo con “Il mio diario”, ma, a parte le migliaia di e-mail di apprezzamento e dei concerti pieni, non ho avuto nessun riscontro in classifica. Basta girare su Internet per vedere che c’è tanta roba eccezionale, come Al Castellana, che però senza promozione e una major alle spalle non riescono a farsi valere”.
 
Quindi nell’hip-hop italiano di oggi è tutto marketing e niente sostanza?
“Credo che il talento ci sia ma non vedo grande ricerca, uno studio della materia. La curiosità è soprattutto dei ragazzini che sono affamati di hip-hop, ma già chi ha sui 20 anni vede i rappers come dei pagliacci e mi dispiace. Ho collaborato con tutti quelli che sono sulla scena attuale. Ho aiutato Mondo Marcio nel suo primo album, Fabri Fibra era nell’ultimo dei Sottotono. Sembra, però, che se ne sia dimenticato dato che mi offende in qualche pezzo senza motivo”.
 
Hai ampliato il tuo percorso musicale verso rotte diverse dall’hip-hop. È dovuto alla saturazione di questo mercato?
“Io ho vissuto un’altra epoca, dove c’erano manifestazioni, festival e si respirava aria diversa. Ora le cose sono cambiate e, anche grazie ad una crescita naturale, mi sono distaccato, cercando di fare altro”.
 
I Sottotono non esistono più per questo? Per diverse esigenze musicali?
“Da un lato sì. A volte io e Fish eravamo in combutta perché io ascoltavo i Temptations e lui Juvenile (ride, ndr). Dall’altro quello relativo al distacco fu un periodo in cui fecero fuori molta gente. E anche noi ci ritrovammo senza contratto. A quel punto decidemmo di chiudere un capitolo e iniziarne un altro, stavolta da soli”.
 
Fish collabora assiduamente con Esa, altro rapper nostrano ma soprattutto tuo fratello.
“Esa è un grande, unico nel suo genere ormai. Ha una cultura pazzesca, ogni volta dai suoi viaggi mi porta tonnellate di libri su writers e roba simile. Anche mia sorella Marya è dell’ambiente e pure mio padre vanta una passato da batterista, come mio zio. Il “beat” insomma è di famiglia!”.
 
Ultima domanda. Il disco soul che ha cambiato il tuo modo di fare musica.
“Sicuramente “Voodoo” di D’Angelo, è da lì che è partito tutto. Peccato che lui, come Lauryn Hill, non ci stia più con la testa. Speriamo di non fare la stessa fine (ride, ndr)”.
 
 
Vyncent Valo
 TUTTO SU TORMENTO

2007
Alibi

2006
Il Mio Diario

2004
Il mondo dell'illusione
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