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NEGRAMARO |
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FINESTRA APERTA SUI NEGRAMARO |
Tre mesi a San Francisco lontani da disturbi, interferenze ma anche da sicurezze, lontani dal successo e dal contagio di “Mentre tutto scorre”, lontani dal clamore, lontani dall’Italia. Il disco è stato registrato al Plant Studios, prodotto da Corrado Rustici e arrangiato da Corrado Rustici e i negramaro. I testi e le musiche sono di Giuliano Sangiorgi, ed è lui a parlare quasi sempre per il gruppo. Perché proprio San Francisco? “San Francisco come qualsiasi altra parte del mondo, purché lontano dall’Italia. Ci interessava il fatto di azzerarci, non sentire la sensazione di aver raggiunto i nostri piccoli traguardi. In Italia sarebbe stato più difficile entrare in sala di incisione. In questo senso l’America è diventata per noi – come un po’ nell’immaginario collettivo – la Terra di nessuno; aggiungici anche che geograficamente è all’estremo opposto rispetto all’Italia. Volevamo tornare a essere nessuno. E poi cercavamo anche un posto da visitare. C’è sempre un po’ il mito dell’America e San Francisco è la città culturalmente più europea, dall’architettura alla poesia alla musica. Noi vogliamo emozionarci sempre e per sempre. Ci teniamo comunque a precisare che la preproduzione l’abbiamo fatta nel Salento, nella nostra terra, soprattutto a Santa Maria di Leuca… Finalmente al mare, finalmente a casa”. Lo sapevate che i negramaro vivono insieme? Onestamente io ignoravo questo aspetto più intimo e personale del gruppo, ma Giuliano mi spiega: “Viviamo a Parma tutti insieme in un casale, che è aperto agli amici che transitano in zona per un concerto o altro. I Negrita per esempio sono ospiti fissi quando passano dalle nostre parti… E facciamo un gran casino, ci divertiamo. Siamo nel pieno isolamento su una casa a tre livelli”. Sempre insieme, ma come fate a sopportarvi? …E mentre mi parte la domanda, mi rendo conto di aver appena dato il ‘la’ ad un simpatico teatrino, dove i ragazzi si parlano uno sopra l’altro, dove se uno dice qualcosa l’altro lo guarda in cagnesco, dove c’è chi ruba il cellulare che vibra riproponendolo in versione rasoio… e ridono, ridono anche del tentativo - quasi vano - di tirare fuori un: “Andiamo d’accordo”. Ok, basta un secondo e si ricompongono. Sono ancora distrutti dal jetlag, un po’ sfasciati ma divertenti, puri e con una fiorentina (…di carne si parla ovviamente) sullo stomaco! Cosa ascoltate? “Non sono mai stato fan di nessuno. Mi piacciono da Caetano Veloso ai Radiohead, i Queens of The Stone Age, la musica elettronica ed il reggae. Come anche i Placebo, la musica minimalista”. Come è nato il disco? “Il disco è nato di pancia (…e ridono, ‘sta cosa della pancia non deve esser nuova!?!), di getto: è un disco viscerale, più minimale. Per farlo così per noi è fondamentale non pensare a quello che stiamo facendo. Non è una forzatura. E’ frutto dell’esperienza maturata in questi anni, è del tutto naturale e non è strano per noi”. Siete stati on the road fino allo scorso agosto, le canzoni quando le hai scritte? “Io scrivo tutti i giorni: mi sento azzerato ogni volta che scrivo. Mi sento peggio di prima e meno di niente. Le canzoni sono nate durante e dopo il tour, l’ultima canzone del disco invece (E’ così, ndr), è nata a San Francisco, la canticchiavo negli studi… Mi hanno bloccato e costretto a scriverla, ma le parole erano uscite così, senza pensarci. Quello che è entrato in questo disco ovviamente è solo una selezione di quello che abbiamo voluto. E’ l’emblema e la sintesi dell’incoscienza musicale. Le canzoni che scriviamo non rispecchiano la ragione in primis, la fisiologicità dell’essere canzone.”. Il simbolo che avete scelto sulla cover del disco è un omino con le ali in testa, con le braccia conserte, ripiegato su se stesso. Mi sembra un’immagine di chiusura, nonostante le ali sulla testa che mi diano un senso di respiro e libertà della mente… “Tu vedi chiusura? Per noi l’omino è introspettivo. Ci rievoca un’immagine di malinconia non triste, di una malinconia che ti fa star bene. E’ un approccio positivo alle cose. Un animo in bilico tra un posto reale e astratto. E’ uno stare in bilico… Ed il titolo del disco lo conferma”. Cosa vi aspettate da “La Finestra”? “Cosa ci aspettiamo? Più successo dell’altro, senza ipocrisia e senza presunzione. Vogliamo lasciare qualcosa che possa comunicare al pubblico. Stare a San Francisco ci ha dato modo di crescere ulteriormente e ci aspettiamo di far scoprire altre cose di noi”. …Un passo indietro e uno avanti? “Un passo indietro e un passo avanti. E’ quello che dovremmo fare tutti noi, ti rendi conto dove sta andando il mondo? Nella canzone volevamo mettere in luce che dobbiamo fare tutti un passo indietro per migliorare l’umanità. E’ il contrasto della sintesi della socialità del disco. Sul fatto di ‘togliere per aggiungere’ per ottenere il meglio per l’umanità: tutto quello che finisce con ‘ia’ deve fare un passo indietro… Vedi per esempio la tecnologia!“. Giuliano, come stai? Chissà quanti te l’avranno già chiesto.”Sei la prima, ma mi hanno detto in molti che mi dovrò aspettare questa battuta. Il brano Giuliano poi sta male è la voglia di avere sostanza, non più forma… Tu la forma puoi cambiarla ma la sostanza, se c’è, no. Infatti dico ‘puoi chiamarmi come più ti piace, tanto io non cambio’. E’ un essere chiusi nella prigionia di un nome che però è anche un nome che ti protegge… E resta solo il segno. Ma perché secondo te Giuliano sono io?”. Elena Ferraro (12/06/07) Foto di Alessio Pizzicannella |
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