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| RITMO TRIBALE | |||||||||||||||
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| RITMO TRIBALE - IL RITMO CHE TI PRENDE | |||||||||||||||
| “Perché siamo tornati? Perché vogliamo fare ancora festa!”. E’ una dichiarazione di intenti quella di Fabrizio Rioda, chitarrista dei Ritmo Tribale. Spirito guascone e mano veloce sulla tastiera della chitarra, Fabri ci accoglie ai Jungle Studio - sala prove e punto di riferimento per la scena musicale meneghina - di cui è proprietario. L’intervista alla band milanese, all’interno di una sala prove, scorre limpida e frizzante come la birra che beviamo a metà pomeriggio. Un piccolo aiuto non necessario alla fluidità della comunicazione: i nostri hanno molto da dire, lo dimostra la loro decennale e solo da poco rivalutata carriera. Quindi il rock targato anni novanta è tornato, forte e cosciente come non mai. Chi lo dice? Chi ha visto suonare i Ritmo Tribale di nuovo sul palco del Fillmore di Piacenza, con lo stesso approccio senza pose, anche se con qualche (inevitabile) capello bianco in più. Ma chi ascolterà “Uomini”, doppio album che raccoglie il meglio della loro carriera, apprezzerà nei loro pezzi l’essenzialità, imprescindibile per chi ama la contaminazione/crossover di quegli anni, l’energia psichedelica e i geni del futuro rock alternativo. Nostalgia? No, rock puro. Come vivete adesso la scena alternativa di Milano rispetto a quella dove voi eravate protagonisti? Fabri: ”Io ci sono ancora dentro da quei giorni. Ho anche la pretesa di insegnare la musica, in seminari master etc. Il concerto a Piacenza ci ha mostrato che il nostro pubblico comprende più generazioni, la prime file erano tutte di ragazze giovani. Comunque è rimasto sempre uno zoccolo duro, che ci segue dai primi concerti. Ci siamo riuniti perché vogliamo rinfrescarci la memoria su come eravamo e su come siamo”. Il primo giorno che vi siete rivisti cosa avete detto? “Ci siamo scannati, il giorno dopo non avevamo più voce a forza di urlare. Poi siamo andati in studio ed è andato tutto alla perfezione, come al concerto”. Com’è stato di nuovo tutti assieme sul palco? “Ci siamo giocati tutto con l’intro piu spocchioso del mondo, Così parlò Zaratustra di Wagner, (quella di 2001 - Odissea Nello Spazio), luci rosse, il fumo e si parte. In fondo siamo dei tamarri!(risata generale, ndr)”. Pensate per caso di rimettervi in tournee? “Quello di cui non ho voglia ora è ripartire in tour, siamo arrivati a fine carriera a fare fino a 120 date in un anno ed è davvero massacrante. Si viveva anche di quello, era una necessità oltre che un piacere. I tempi sono un po’ cambiati, preferisco fare qualche chicca per gli amici, qualche bel concerto che lasci il segno”. E’ colpa di certe logiche se l’industria musicale si è un po’ persa? “Per quel che ci riguarda ha iniziato ad andare tutto a rotoli dal momento in cui fra di noi abbiamo iniziato a chiederci’ ma quante copie abbiamo venduto’?”. Ritieni il Jungle un punto di riferimento per la scena milanese? “Il jungle per me a livello di introiti ha un’importanza minima, per il grosso del business lo faccio davanti alla scrivania con un computer e un telefono. Il jungle sound c’è da quindici anni, è un punto di riferimento ed è importante che rimanga, ho fatto casini per farlo stare aperto…”. E’ dal 2000 che siete in standby. Com’è stato ricominciare dopo così tanto tempo e cosa avete fatto in questi anni? “Per me è stata una necessità, ma ritrovarsi è stato ancora più un piacere. Non abbiamo mai del tutto smesso, come persone non ci siamo mai persi di vista, comunque è bastato pochissimo per capirlo ed è ripartito tutto. Ho realizzato 30 secondi prima che si aprisse il sipario, ero così contento… come quando fai l’amore con una ragazza di cui sei innamorato, la stessa sensazione di completezza”. Con che spirito avete preso questa reunion? “Puro divertimento. E non per una cosa fine a se stessa, ognuno di noi in questi anni si è fatto la sua vita ed ha coltivato le sue passioni, Brighel è avvocato (si occupa di copyright musicale, ndr), Scaglia fa il giornalista”. Riconosciuti dai critici come precursori della scena alternativa italiana che di lì a poco sarebbe esplosa (Afterhours, Marlene Kunz etc), siete pronti per le nuove sonorità - quelle dell’indie rock moderno - oppure il suono sarà fedele al vostro stile? “Non ce la sentiamo in questo momento di parlare di quello che potrebbe essere il nostro sound, ci siamo concentrati su questo progetto e ci divertiremo ad andare in giro a fare feste dal vivo. Al momento non ci importa di come saranno i suoni di chitarra del prossimo album”. Dal primo disco ad oggi cosa è cambiato? “I Ritmo Tribale hanno suonato assieme per così tanto tempo che la nostra cifra stilistica è cambiata nel corso degli anni, tra il primo e l’ultimo album c’è una differenza abissale, anche a livello di suono, il primo era a qualità demo… ”. Box 1: Modena meets Ritmo Tribale Massimo dei Modena City Ramblers ci concede in esclusiva un’intervista ai Ritmo Tribale, stimati colleghi e quasi coetanei. Intanto rispetto e grandissima stima per i Tribali. Domanda fatta da “vecchiacci” : dopo vent’anni si è troppo vecchi per fare rock? “No per niente. Io penso che il rock sia uno questione di spirito e non di età. La prova vivente è Keith Richards, malgrado cada dagli alberi e sniffi suo padre ehehe”. Domanda “rock”: meglio le groupies del nord o quelle del sud? “Meglio le groupies”. Il figlio del vostro vicino ogni pomeriggio prova nella sua cameretta attigua alla vostra sala il riff di Smoke On The Water. Cosa fate dopo una settimana? a)lo invitate al prossimo vostro concerto per una jam b)scendete in cantinae muniti di accetta polverizzate il contatore e nel suo appartamento c)gli regalate un disco di lunge d)mettiamo Back in Black degli AC/DC ad un volume impossibile. Luca Garavini 04/05/07 |
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1989 Kriminale 1988 Bocca Chiusa |
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