Modernisti che amano abbigliarsi con capi retrò. Dieci anni passati come due barman, ironicamente distaccati, da lounge party. Feste accarezzate da un’elettronica spesso analogica, seppur senza mai disdegnare le nuove frontiere digitali, con qualche cocktail chill out, un pizzico di ambient e quella propensione pop che ha di fatto ridefinito l’ambito synth pop. Dieci anni trascorsi a cavallo della nuova onda electro, protagonisti dello sdoganamento tecnologico e del nuovo ponte costruito verso il mainstream. La vicenda degli Air procede liquida, quasi silenziosa come se volesse chiedere il permesso ogni volta che si intruffola nelle case altrui. Nickolas Godin e Jean Benoit Dunkel arrivano in Italia un triennio dopo l’ultima discesa. Sempre uguali a se stessi, quasi degli androidi dalle sembianze umane, infantili. E tutti a pendere dalle loro labbra, dalle loro “erre” arrotate. Sono la punta di diamante, o almeno la più nota, di quella rinascita elettronica che due lustri fa cominciò la propria opera di riconquista di territori sottrati ai reduci del techno pop anni 80. Sembrava finita. Poi arrivò la riscossa. Firmata dai francesi. I nipoti di Napoleone pronti a sbaragliare al concorrenza, a fare proselitismo. Con il duo Godin-Dunkel ecco il mistero celato dero le maschere dei Daft Punk. Pareva un cartone animato, tra citazioni alla Rockets meet Kraftwerk e Sexy Boy con le fatezze di gorilla.
Un sorriso, un occhiolino, malizia usata per depistare e prendere gli avversari alle spalle. Dieci anni al comando, ma sempre con discrezione quasi intellettuale, quando non altera. Un decennio rivotato al crossover, un decennio ricco di gioielli, buoni da mostrare sotto le luci stroboscopiche della disco sotto casa come pure da gustarsi tra le mura della propria cameretta.
Meditando magari di seguire le mosse dei nuovi idoli. E’ una linea continua di preziosimi, dopo un 2006 dominato dal neo dandy Tiga e dalla nostalgia degli Hot Chip, a due anni dalle peripezie dark dei Crossover, dai nuovi francesismi alla Colder, dal groove milionari dei Gorillaz, dalla soavità pop dei Royksopp, eccolo il 2007 tanto atteso: James Murphy che rimette in moto la macchina degli Lcd Soundsystem (con l’antipasto web di 45:33, suite neo moroderiana commissionatagli dalla Nike), i Ladytron che provano a rinvigorire la loro giovane esperienza synth derivativa; i !!! che, semplicemente, ci riprovano, tra pop, club dancing, sperimentazione sui ritmi, sempre alla ricerca di una formula per un songwrting meno dispersivo rispetto all’acclamato ma poi dimenticato debutto; Tracy Thorn che riaggiorna il suo amato night club in chiave elettronica. E poi il duo d’oltralpe per antonomasia. Gli Air che provano a chiudersi gelosamente nella loro aristocrazia pop, componendo una “Pocket Symphony”, discreta, minimale, forse meno dedita al pop e più a una ricerca ambientale, senza per questo nascondersi dietro l’albero più vicino. Sono artisti popolari Godin e Dunkel, lo sanno e ne sfruttano le possibilità. Piccoli passi senza mai distanziarsi troppo dalla casa base: «Il nuovo lavoro lo vediamo proprio come un piccolo contenitore di frammenti che vanno a comporre una storia, una sorta di soundtrack per un film immaginario. Laddove Talkie Walkie era costruito su una semplice sequenza di canzoni senza alcun nesso tra di loro». Quello del tema musicale di un lungometraggio non può essere un accostamento casuale, abili costruttori di colonne sonore (“Le Vergini Suicide”, prima prova dell’allora promettente Sofia Coppola). «Abbiamo curato la linea musicale di programmi tv, di spettacoli di arte contemporanea, ma ora ci piacerebbe ritornare a scrivere per il cinema, qualcosa di organico, non solo una o due canzoni. Occorre trovare la situazione più adatta. Chissà, potremo divenire gli Ennio Morricone di Sofia!». La mente ritorna alle immagine rallentate di “Lost In Translation”, Scarlett Johanson e Bill Murray che scrutano le proprie esistenze dalle finestre di un albergo, mentre “Alone In Kyoto”, prova a squarciare le nubi funeree della solitudine: «La cultura giapponese ci attrae, il suo mistero, quell’aura di stravaganza che può apparire incomprensibile a noi latini. E poi, come dimenticare Sakamoto e il suo lavoro con la Yellow Magic Orchestra? Per noi si tratta di qualcosa di imprescindibile, quel mix di exotica, electro pop, pre ambient, con la melodia che fuoriesce naturalmente». La melodia, appunto. Punto focale dei due from Versailles. Costruita e coccolata con la compiacenza di Nigel Goldrich, figura predominate dietro la consolle degli ultimi due lustri pop: «Con lui si crea una chimica perfetta. E’ uno dei producer più acclamati, ma è differente dai vari Pharrel e Timbaland, che comunque amiamo. Basterebbe dare un ascolto in successione agli album di Tom Yorke, di Paul McCartney, o al nostro. Nessuno di questi suona nello stesso modo. Questo accade perché Nigel non impone nulla, cerca solo di far uscire fuori l’indole, la musica dell’artista, nel miglior modo possibile». Modernismo uguale futurismo, guardare avanti senza scordarsi il passato: «Il prossimo giro di concerti sarà differente dal tour 2004, paleserà ancora meglio le nostre intenzioni. Vogliamo cambiare, riscrivere, reinterpretare il nostro repertorio. Dopo tutto non stiamo andando in ufficio, non facciamo parte un ciclo lavorativo che fa della ripetizione la propria regola base». Ora tocca a noi aprire la nuova confezione e gustarne le prelibatezze.
Il 25 marzo all'Alcatraz di Milano sarà in Italia una delle band francesi piu' internazionali del momento. Il duo formato da Nicolas Godin e JB Dunkel sarà in Italia per un'unica imperdibile data. Per informazioni visitate il sito di Milano Concerti.
Luca Campana
(05/05/07) |