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| JAMIE T | ||||||||
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| PERCHE’ E’ UN BRAVO RAGAZZO! | ||||||||
| E’ un piccolo fenomeno di periferia (Wimbledon, per la precisione) che si è ritrovato a 21 anni ad avere Londra ai suoi piedi; in un momento dove non corre più un brivido manco a pagarlo oro per il filone art-rock, e approfittando del cono d’ombra in cui sono precipitati i suoi diretti avversari, Jamie T si è impossessato della sua fettina di gloria, e la sta cavalcando alla grande. Senza fingere di essere quello che non è. Senza prendere a modello nessuno. Senza nemmeno troppe aspettative. The Streets e Dizzee Rascal sono avvisati: hanno trovato ottimo pane per i loro denti (ormai cariati). Non ha polverosi scheletri nascosti nell’armadio; di più, ha anche una storia da raccontare. So che hai iniziato strimpellando un basso. Strano percorso: non sei finito in una band ma hai proseguito da solo. “La verità è che io volevo fortissimamente far parte di una band, ma non ce l’ho mai fatta, per cui se volevo continuare a fare musica – e volevo – non c’era altra scelta. Il basso è stato il mio compagno, e non lo lascio nemmeno oggi. Gli ho anche dedicato una canzone (Brand New Bass Guitar, ndr)”. Ti sei fatto un giro con una serie di mixtapes andati a ruba. Come li vivi ora rispetto al disco? “Avevo 15 o 16 anni quando ho fatto quella roba, e li ho fatti più per divertirmi con gli amici che per arrivare da qualche parte. Certo, non mi aspettavo di ritrovarmi qualche anno dopo a registrare un disco”. Come vivi il fatto che una major come la EMI/Virgin abbia subito investito su di te? “Mi fa una fottuta paura! Non so ancora capacitarmi di cosa sia loro passato per la testa, però essere in un qualche modo responsabile di un certo giro di soldi … beh, è quantomeno strano, vista poi la mia età”. Cosa hai fatto appena hai messo la firma sul contratto? “Non capivo nulla … Ma appena ho riacquistato possesso di me sono andato a bermi una bella sambuca!”. Niente birra? “Ma vuoi mettere con la sambuca???”. Com’è la tua vita a Wimbledon? “Non ho avuto un’infanzia difficile se è questo che intendi. Per me la vita è sempre stata una cosa bella da prendere senza compromessi, non sono cresciuto in un ghetto e non intendo far finta di essere un ragazzo sfortunato che è arrivato. E’ questione di atteggiamento”. La tua vita è cambiata ora? “Già. La differenza più grande è che non ho più il tempo di cazzeggiare per Wimbledon e per i negozi di musica tutto il giorno, con la testa sgombra da pensieri e facendo proprio niente. Mi mancano perché quelli, per me, sono i momenti creativi dove escono le cose buone”. Come la vivi questa storia del paragone con The Streets che inevitabilmente viene fatta? “Dovrei dirti che mi lusinga perché The Streets è un grande artista, però la verità è che io e lui non abbiamo niente di niente in comune, se non il fatto di essere entrambi inglesi. Poi cosa ci posso fare se la stampa lo fa … Tanto fanno quel che gli pare qualunque cosa dici”. Il titolo del disco, “Panic Prevention”, da dove lo hai preso?“Da piccolo soffrivo di attacchi di panico, e mia madre aveva comprato dei dischi con della musica a cappella fatta apposta per calmare e rilassare, e la cosa strana è che funzionavano! Da allora la musica è sempre stata la mia valvola di sfogo per tenere sotto controllo questa cosa, è la mia vita - e non è un modo di dire spicciolo”. Elisa Bellintani (28/02/07) |
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