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THE ROOTS |
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ALLE RADICI DELLA MUSICA BLACK |
Dopo la pubblicazione del loro doppio Greatest Hits esce, finalmente, il primo album pubblicato con la Def Jam records. Sparite le assurde imposizioni di Jimmi Iovine, i Roots ci regalano il loro miglior disco da “Things Fall Apart”. Se visitate il sito ufficiale dei The Roots, www.theroots.com, al posto di trovarvi nell’ennesimo sito patinato creato ad hoc dalla casa discografica, venite catapultati nella loro comunissima pagina myspace. Questo per me riassume i The Roots. Al posto di affidarsi a video sgargianti, a produttori di grido, a collaborazioni da classifica, a relazioni amorose da Novella è sempre stata la qualità musica a fare la differenza. Uno dei gruppi più creativi della scena black hanno creato un loro sound, unendo il sound un po’ sporco della musica live, alla spontaneità dell’Hip-Hop; ma i Roots non sono solo dei mostri di creatività e originalità, ma sono anche dei fini pensatori, capaci di analizzare la società americana di oggi, senza mai cadere nella banalità di chi crede di conoscerla solo perché ha letto un giornale. Sin da gli esordi alla fine degli anni ’80 i Roots hanno creato musica semplice, creata con strumenti veri; la vera forza del gruppo è il batterista ?uestlove, uno dei migliori della sua generazione, che crea i groove su cui si appoggiano le liriche pungenti di Black Thought a cui si aggiungono il bassista Hub e Malik B, il rapper numero due. Il loro primo album “Organix” uscì nel’93, la qualità quasi amatoriale, ma lo spirito quello che poi li avrebbe portati al successo. Non passò inosservato, ovviamente, e da lì a poco firmarono un contratto con la DGC. Nel ’95 uscì “Do You Want More?!!??!”, un album particolare influenzato dall’old-school, che però non fece breccia nei cuori degli amanti dell’hip-hop, fino a quando non uscì il secondo singolo Clones, che scalò le classifiche HipHop arrivando in Top 5. Intanto al gruppo si erano aggiunti altri due personaggi Rahzel The Godfather Of Noize e un giovane tastierista chiamato Kamal, che poi si sarebbe fatto conoscere come Scott Storch, la mente dietro alcuni dei successi più importanti degli ultimi anni da Lean Back della Terror Squad a Candy Shop di 50 Cent, fino all’album di Paris Hilton (che al contrario di tutte le aspettative è stato accolto molto bene dalla critica). “Illadelph Halflife” segui l’anno dopo e piano piano il gruppo iniziò a farsi un nome nell’ambiente anche grazie ai loro live mozzafiato. Il successo vero e proprio arrivò con “Things Fall Apart”, pubblicato nel’99, grazie al singolo You Got Me realizzato insieme ad Erykah Badu, una delle canzoni più dolci e più dure contemporaneamente mai scritte. Era il sound di un nuovo Hip-Hop, capace di uscire dai soliti clichè. I Roots si crearono un fanbase vastissimo di amanti della loro musica, molti dei quali erano amanti di musica hip-hop, ma con una buona percentuale di rockettari che apprezzavano il loro sound grezzo e testi infiammati. Passarono tre anni prima di “Phrenology”, il loro disco di maggior successo fino ad oggi. La formula della loro musica si era semplificata ancora di più, ma non per questo era meno ambiziosa. Il primo singolo Break You Off, realizzato insieme Musiq, con il suo ritornello quasi costante è uno dei dischi più particolari degli ultimi anni. Fu The Seed 2.0, il secondo singolo, a catturare l’attenzione del pubblico, anche quello italiano, con il suo sound a metà fra il soul e l’alt-rock britannico. Seguì a ruota “The Tipping Point”, lanciato dal controverso singolo Don’t Say Nuthin’; che, secondo molti, furono costretti dal loro produttore Jimmy Iovine a pubblicare con un ritornello fatto solo di mugugni. Il rapporto con la loro casa discografica era sicuramente incrinato. Jay-Z preparò un contratto e i The Roots furono presto parte della Def Jam Records. Poco dopo uscì un doppio Greatest Hits, “Home Grown!”, in modo da risolvere le loro obbligazioni contrattuali con la precedente casa discografica e potersi concentrare sulla nuova avventura. “Game Theory”, il loro nuovo album, è uscito da pochi giorni e i critici lo stanno già chiamando un classico più o meno all’unanimità. La produzione è meno patinata rispetto alle ultime uscite e i testi sono ancora pungenti e politicizzati come i tempi di “Things Fall Apart”. A dir la verità i Roots devono ancora fare un disco brutto; questo però è decisamente il contesto in cui ci piacciono di più. Merito va dato anche a Jay-Z, che gli ha dato piena libertà artistica, senza imporre alcun tipo di restrizione; Jigga sa benissimo che là fuori ci sono moltissimi fan dei Roots a cui non importa molto se il video gira su Mtv o se il pezzo si sente in radio. Forse 50 Cent dovrebbe prendere appunti per il prossimo album dei Mobb Deep. “Game Theory” dimostra che la voce dell’america nera è sempre più forte e i The Roots ne sono l’eterna conferma! Oliver Dawson (20/10/2006) |
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1995 Do You Want More?
1994 From the Groud Up
1993 Organix |
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