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KEANE |
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PIACERE A TUTTI E SUPERARLO |
Con il loro esordio "Hopes and Fears"...sicuramente ricorderrete la melodicissima leggerezza di Everybody's Changing...i Keane avevano venduto 5 milioni di copie nel mondo...dopo un clamoroso successo così hanno dovuto rifare i conti con se stessi. Portatori della classico DNA bristish, un pò malinconico e molto melodico, erano esplosi e ora tornano con un secondo album che piace a tutti, come il primo, "Under The Iron Sea". Sentiamo cosa dicono di questo lavoro. “E’ stata una vera sfida portare a conclusione questo disco -conferma la band- la sfida più importante che abbiamo dovuto affrontare finora. Abbiamo temuto che non avremmo avuto un futuro, come gruppo. Abbiamo parlato a lungo fra noi, abbiamo affrontato la paura che avevamo di scioglierci come gruppo. Soprattutto, avevamo un grande timore: quello di perdere la nostra amicizia”. Addirittura? Sembrate così affiatati tra di voi. “E invece avevamo questa paura. Ci chiedevamo dove stessimo andando, cosa volavamo fare. Ci chiedevamo anche se valesse la pena far sentire alla gente le canzoni che stavamo scrivendo. Era come guardarsi allo specchio e vedere degli occhi vuoti: niente ispirazione, dov’era finita? La canzone Crystal Ball parla proprio di questo: di non riconoscersi in chi è riflesso nello specchio. La domanda per noi era ‘siamo ancora una band?’. E’ stato un periodo veramente duro”. Ne siete usciti alla grande, con un suono nuovo: c’è l’impressione di sentire una chitarra, ma non è così. Come avete fatto a riprodurre questo suono? “Abbiamo utilizzato il piano elettrico CP70, e abbiamo fatto alcuni esperimenti. Tim si è messo ad armeggiare con tutti gli effetti, gli aggeggi e le stranezze di cui siamo venuti a conoscenza in due anni in giro per il mondo. Abbiamo usato una serie si effetti che ti permettono di realizzare tutti i suoni che vuoi”. Insomma, vi mancava una chitarra. “No, assolutamente. Siamo sempre convinti di non averne bisogno -ridono- Il suono di questo disco lo troviamo eccitante. Forse perché è stato così cercato: Tim voleva che riflettesse la frustrazione e la tristezza, anche la rabbia, del nostro percorso creativo, che parlasse di quella crisi così forte che abbiamo attraversato. Perciò, oltre alla sfida di pubblicare questo album, abbiamo affrontato anche quella del rinnovamento del nostro sound. Qualcuno ci ha fatto notare che il riff di Is It Any Wonder? suona come quello di The Edge. Per noi Tim ha cercato di riprodurre il riff di Jimi Hendrix. Allora, forse The Edge cerca di riprodurre Hendrix quando suona il suo riff. Quindi, qualunque riff sia, alla gente sembra assomigliare a questo o a quello. Non ci serve un chitarrista”. “Under The Iron Sea” è un disco composto da due parti: la prima riguarda la vita, la seconda le favole. Come mai avete scelto due tematiche che sono all’opposto come la realtà e la fantasia? “Le due parti dell’album sono strettamente connesse perché hanno dei punti in comune. Abbiamo cercato di parlare del lato sinistro e cupo del successo e delle favole. Le versioni originali della fiabe, non per niente, spesso avevano finali crudi, duri, e non si concludevano con l’happy end edulcorato che ci hanno raccontato da bambini, o che ci narra Hollywood. Per esempio, The Frog Prince sembra una favoletta carina, suona come se fosse qualcosa che parla di Cenerentola, ma non lo è: è una canzone incredibilmente dark, cupa. Semplicemente, abbiamo raccontato dove va il mondo”. E la prima parte del disco? “E’ cupa allo stesso modo -ridono- E’ la sezione più personale dell’album. Contiene le canzoni più personali che abbiamo mai scritto, più di quelle di “Hopes And Fears” che comunque già lo erano. Riguarda questa paura di perderci come amici, il rifiuto della emozioni come raccontiamo in Nothing In My Way, racconta la pretesa di dire che tutto va bene anche se non è così. Is It Any Wonder? è una canzone arrabbiata, c’è l’ha con il mondo in cui viviamo. Cerchiamo di capire perché siamo cresciuti in un mondo in cui pensavamo di essere i buoni mentre l’altra metà del mondo sembra crederci cattivi. La canzone A Bad Dream è ispirata da un poema di W.B. Yeats, di cui abbiamo preso un paio di versi. E’ la storia di questo ragazzo in prima linea che non odia chi deve uccidere e vorrebbe salvare quelli che ama; probabilmente lui morirà e si chiede perché sia lì. E’ un poema veramente triste, e di conseguenza lo è anche al canzone”.
Red |
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