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DELAYS |
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LOST IN A MELODY |
Quando i Delays sono emersi da Southampton nel 2003, aggrappati alle loro armonie di elio ed alle loro chitarre che sembravano fare surf sulle nuvole nel loro singolo di debutto “Nearer Than Heaven”, gli “etichettatori” sono diventati matti per cercare di incasellare i Delays: ragazzi del coro dei Cocteau Twins, hollies dello Hampshire, proto-nu-gaze-dreampop… Nessuna di queste andava bene. I Delays scivolavano fuori da ogni possibilità di definizione. Il primo album “Faded Seaside Glamour” ha spiazzato tutti: lo scintillio dorato di pezzi pop si mischiava a pezzi di atmosfera, a sprazzi di techno e a inni alla Cure. Questa era una band con la credibilità della Rough Trade e dei compagni di etichetta Strokes e Libertines alle spalle, e tuttavia si differenziavano dal look straccione-urbano dei giubbotti di pelle per andare allegramente e senza vergogna per i campi del pop in falsetto a caccia di ritornelli. Troppo soft per i fan degli Oasis, troppo pop per gli amanti dei Libertines, troppo unici per qualsiasi tipo di paragone: insomma, chi diavolo erano? Questo è ciò che inizia a recitare la bio….ma delle bio alla fine chissenefrega. Vi consiglierei caldamente l’ascolto di You See Colors secondo album da poco sfornato dal quartetto inglese. Con un groove che colpisce nel segno, i ragazzi senza alcun problema di costruzioni posticce sembrano suonare con sincerità belle canzoni. Di quelle che si cantano spensierate e che sanno di pop, anche se sono alla fine condite con la sapienza del rock e con aiutini elettronici. Ci siamo fatti una chiacchierata con Aaron, tastierista, simpaticissimo ed esuberante. La definizione di Fabulist Band, che vi siete anche un po’ auto appiccicata, ti piace? Qualcunaltro l’ha trovata per noi. Ma ci è piaciuta subito tantissimo, ci ha dato l’idea di qualcosa pieno di forza, di un genere nuovo, forse di favoloso pop, insomma di un genere nuovo. Di che colore è la vostra musica? dato anche il titolo dell'album... Deve essere per forza giallo e verde! Vivaci, non può essere qualcosa che annoia. Sono colori che lasciano pensare che le cose possano migliorare. Da ove avete trovato ispirazione per i testi? Dalla vita di tutti i giorni, chi si guarda più fuori e chi si guarda più dentro. Comunque da noi stessi. Sembra che le esperienze musicali, quella del tour in particolare abbia cambiato il vostro modo di comporre e pensare alla musica. Il primo album aveva dentro molte storie della nostra vita ed era stato pensato e concepirto in studio, noi quattro e basta. Il secondo è stato per forza più diretto, pèerchè abbiamo avuto il contatto con il pubblico, con la strada. Abbiamo cominciato ance a pensare le canzoni in una forma live, e sono nate mentre viaggiavamo. Sono più dirette quindi, figlie di un rapporto immediato con il pubblico. E’ vero che tuo fratello Greg, il cantante, non piace stare in mezzo alle persone e neanche suonare dal vivo? Beh, Greg è una persona timida, spesso quando deve suonare è nervoso. Ma era un aspetto di lui molto spiccato inizialmente che invece poi ha imparato a gestire, credo che ormai sia ok sul palco, ha trovato la sua dimensione. E per il video di Valentine, così surreale e caleidoscopico chi avete assoldato come regista e chi l’ha pensato, lui o voi? La canzone era un po’ “fantastica”, e Dave Cross ha provveduto a trasporre quest’idea trippy in immagini per il video. Quali band ti piacciono nell’attuale panorama musicale? Clap Your Hands Say Yeah, Mogway, Prince, Beach Boys e molti altri. Verrete in Italia a suonare? Credo e spero tanto quest’estate.
Paola Andreoni 11 Aprile 2006 |
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