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 ALESSANDRO GRAZIAN
ALESSANDRO GRAZIAN UN TALENTO RARO
UN TALENTO RARO
Non ho avuto il piacere di conoscerlo di persona, ma al telefono Alessandro Grazian mi è sembrato esattamente come me lo immaginavo. Intelligente, colto, dotato di una sensibilità rara e di una proprietà di linguaggio di tutto rispetto, per avere solo 28 anni. Quasi si imbarazza quando gli esprimo il mio sincero entusiasmo per il suo sorprendente debutto “Caduto”, ma non è per nulla sprovveduto. è consapevole della sua vena interpretativa per nulla comune e della sua ottima capacità di scrittura, ma procede sempre con forte spirito d’autocritica.

Mi racconta di come abbia intrapreso la carriera solista dopo anni passati a suonare in gruppi indie-rock padovani.
All’epoca suonavo la chitarra, non cantavo. Mi occupavo però della scrittura dei brani. Oltre alle difficoltà con alcune persone, a incidere sulla mia decisione di proseguire da solo è stata più che altro un’intenzione musicale diversa che si stava radicando in me. Ho sentito il bisogno di scrivere per me, suonando in casa, ritagliandomi un mondo acustico, più intimo. Senza però mai seppellire il background precedente, che è una ricchezza enorme. Trovo infatti che nella mia musica confluiscano tante esperienze diverse”.

Spesso, parlando di Grazian, si tirano in ballo nomi ingombranti, come quello di Fabrizio De Andrè. Quanto la tradizione del cantautorato, fortemente presente nell’opera di Grazian, ha influenzato il suo profilo artistico, e quali sono gli artisti che l’hanno ispirato di più?
Non sono mai stato settoriale negli ascolti e non riuscivo mai a riconoscermi in genere musicale preciso. Sono cresciuto con grande curiosità e mi è piaciuto andare a riscoprire cose un po’ vecchie. Non sono mai stato particolarmente esterofilo: apprezzo molto la scrittura italiana (De Andrè mi piace moltissimo) e quella francese, mentre non sono stato particolarmente influenzato da quella inglese. Il mio percorso, però, non è puramente musicale: le suggestioni letterarie probabilmente derivano da alcune letture, sia letterario-poetiche (Buzzati, Pavese) sia saggistiche (Sartre), mentre i riferimenti al mondo dell’arte sono riconducibili ad alcuni studi che mi hanno molto appassionato.”

“Caduto” è un disco molto personale, in cui Grazian “si strugge, ma con grande aplomb”:
Ho avvertito l’esigenza di assecondare una direzione che stava emergendo: sondare più possibile, guardarsi allo specchio senza concedersi cure verso se stessi, senza dire ‘domani andrà meglio’. C’è anche una componente umana: ci sono delle cose che ho vissuto e che mi hanno allontanato da una realtà per avvicinarmi a un’altra, e quando si è da soli è molto facile scavare dentro di sé”.
 
Musicalmente, il disco fonde la lezione dei grandi cantautori con sonorità quasi da canzone popolare:
 “Come ho già detto, i riferimenti non sono quelli del cantautorato, ma anche letterari (soprattutto per quanto riguarda i testi) e artistici. Certo, non potevo trovare questa ‘nuova’ via senza guardare alle radici nostre, anche se ho comunque cercato di rifuggire ogni intento filologico nella mia musica, ‘sporcandola’. Ho voluto filtrare tutto musicalmente riallacciandomi a qualche suggestione popolare, e per gli arrangiamenti ho scelto di escludere l’elettricità per andare a prediligere una dimensione “da camera”. Trovo che sia un disco ‘sospeso’, figlio di questo tempo ma senza riferimenti troppo precisi”. 

Qualche commento sul tour, che in alcune occasioni lo vede esibirsi insieme a Marco Parente.
 “Le canzoni di ‘Caduto’ hanno tre-quattro anni, ed è molto bello portarle dal vivo perché con l’atto performativo si rivitalizzano. Il tour mi sta portando in posti in cui non sono mai stato, davanti a delle persone che non mi conoscono: è un’esperienza molto bella, anche perché l’accoglienza è stata positiva. Io e Marco Parente, che stimo moltissimo, abbiamo in comune un musicista, Enrico Gabrielli, e per questo mi trovo ad aprire alcune sue date. Poiché per il mio disco ho scelto di non sovraincidere troppo, riusciamo a riprodurlo molto fedelmente dal vivo in trio: Giambattista Tornelli al violoncello, Gabrielli al clarinetto e al piano e io alla chitarra e voce”.           

 Una considerazione conclusiva riguardo alla sua città, Padova, e al Veneto musicale.
Sono in molti a scrivere musica, ma manca una vera e propria scena: ci sono piuttosto tantissimi progetti diversi. Trovo che sia un elemento positivo, in quanto ognuno può coltivare le proprie cose senza mai allinearsi a qualche tendenza o qualche gusto. Va detto però che, proprio perché ci sono progetti molto lontani tra di loro, l’occhio è sempre puntato altrove, pertanto quello che nasceva a Padova e in Veneto implodeva. Padova è sempre stata una città molto periferica, musicalmente parlando: la situazione da un lato si faceva frustrante, poiché chi emergeva riusciva a farlo perché lasciava la città, ma dall’altro ha fatto sì che sia andato avanti solo chi aveva qualcosa da dire veramente”.

E Alessandro Grazian è senza ombra di dubbio uno di questi.
 

 

Claudia Benetello
(25 Novembre 2005)
 TUTTO SU ALESSANDRO GRAZIAN

2005
Caduto
*
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